Mercati europei inondati e affossati dal grano ucraino. Sale di nuovo la protesta degli agricoltori polacchi

Mercati europei inondati e affossati dal grano ucraino. Sale di nuovo la protesta degli agricoltori polacchi

18 Marzo 2024 0

Continuano le proteste degli agricoltori contro l’afflusso di grano ucraino a condizioni deleterie per i mercati interni dei Paesi UE.

La questione è seria: se la politica europea non se ne occupa seriamente, le conseguenze negative sulla tenuta dei governi nazionali saranno presto visibili, specialmente in Polonia. Per agevolare l’euro-integrazione della disastrata economia ucraina, Bruxelles sta distruggendo le economie dei Paesi membri.

Le premesse di un disastro economico

Se da un lato la crisi economica nel 2024 non si è certo attenuata, dall’altro peggiorano i fattori che la aggravano. Primo fra tutti è l’appoggio incondizionato e generosissimo a Kiev, che si ritorce contro gli stessi cittadini europei. Milioni di euro vengono stanziati a favore dell’invio di armi ed equipaggiamenti per l’esercito ucraino, altri milioni sono destinati alla ricostruzione e agli aiuti umanitari: tutto molto bello sulla carta, ma poi in Italia e in altri membri UE i vari ministeri lamentano la mancanza dei fondi per la sanità, l’istruzione o le infrastrutture.

È chiaramente una situazione sempre meno sostenibile e lo si vede dal cambio di atteggiamento dell’opinione pubblica verso il tema dell’assistenza all’Ucraina e della risoluzione del conflitto. Gli europei sono stanchi, ormai indifferenti oppure si sentono presi in giro dai rispettivi governi e da quello di Kiev. Uno degli elementi che stanno facendo precipitare il consenso dei governi e soprattutto le condizioni economiche di ambiti chiave di Stati come Germania e Polonia è il dumping agricolo.

Basti pensare che più di metà della terra polacca è coltivata e ospita quasi 15 milioni di persone, con almeno un decimo dei polacchi che lavora direttamente o indirettamente nel settore agricolo. Per aiutare i produttori ucraini di grano e dare loro uno sbocco commerciale, oltre che per agevolare l’integrazione dell’economia ucraina nell’ambito UE, Bruxelles ha deciso lo scorso anno di ammettere il grano di Kiev nei circuiti nazionali.

Il risultato è stato l’afflusso pressocché incontrollato di tonnellate di merce a prezzo stracciato, che ha provocato circostanze paragonabili a un dumping da manuale. In altre parole, ecco servita l’ennesima manovra suicida degli euroburocrati, spinti naturalmente dalle migliori intenzioni.

Il pendolo del governo polacco

Da quando nel 2023 la questione del grano ucraino ha cominciato a farsi sentire concretamente sulle tasche dei lavoratori e di cittadini, a Varsavia si sono avvicendati tre esecutivi. Uno di essi non è mai entrato effettivamente in carica, non avendo ricevuto il voto di fiducia. Così si è passati dal nazionalista Morawiecki all’europeista Tusk. Entrambi formalmente alleati e sostenitori di Zelensky, ma Morawiecki sembrava voler tutelare anzitutto gli interessi nazionali polacchi, mentre Tusk da ex presidente del Consiglio Europeo vede tutto nell’ottica della prevalenza UE su qualsiasi particolarità locale. L’attuale premier però non può dare per scontato che i suoi cittadini accettino ogni decisione di respiro europeo, perché non ha un numero di parlamentari sufficientemente cospicuo per essere al sicuro da ribaltoni.

Quindi potrebbe risentire di contraccolpi derivante dalle sue misure impopolari, considerando poi che gli agricoltori si dimostrano più determinati che mai nel chiedere la protezione delle loro fatiche. Lo scorso anno, nonostante Bruxelles avesse stanziato 50 milioni a beneficio del settore agricolo di Polonia, Bulgaria e Romania, le proteste dei polacchi hanno portato alle dimissioni del Ministro dell’Agricoltura.

E ancora oggi mantengono alta la pressione su Varsavia: i produttori agroalimentari vogliono vedere un’effettiva diminuzione delle importazioni dall’Ucraina e mettono in guardia Bruxelles da un’adesione troppo rapida di Kiev alla UE. Qualche giorno fa, il premier Tusk ha promesso che ridurrà il surplus di grano nel mercato interno, ma i sindacati degli agricoltori restano sospettosi e insistono nel chiedere lo stop alle importazioni a basso prezzo e alle norme ambientali che limitano le possibilità di produzione. Dopo l’incontro con il premier, i rappresentanti delle associazioni di agricoltori hanno dichiarato di non aver ricevuto risposte soddisfacenti.

Le proteste continuano

È dunque in Polonia che gli agricoltori si stanno facendo sentire con più forza che altrove. Oggi si sentono traditi e sfruttati da coloro che hanno aiutato e da quelli che promettevano grandi ricompense politiche per lo sforzo dimostrato verso i profughi e verso le esigenze della NATO. Tra febbraio e marzo vi sono state altre dimostrazioni di piazza, con decine di migliaia tra produttori agroalimentari, trasportatori e simpatizzanti popolari che hanno sfilato nella capitale, intasandone le vie per tutta la giornata. A dare man forte c’erano anche i rappresentanti dei sindacati e dell’ex partito di governo PiS.

Il governo Tusk è avvertito: i manifestanti vogliono che il confine con l’Ucraina venga sigillato e che siano abolite le misure attuative del Green Deal, che se da un lato ridurranno a zero le emissioni entro il 2050 (ed è un obiettivo opinabile), di sicuro taglieranno produzione agricola e posti di lavoro entro pochi anni. Parlando di ecologia, la richiesta dei polacchi di impedire l’accesso della merce ucraina riguarda anche la qualità di quest’ultima.

Fanno notare, infatti, come a Kiev la produzione non rispetta le norme che invece devono seguire i produttori polacchi ed europei. Meno controlli e meno regole significa merce meno costosa, ma con più alta pericolosità a livello di igiene e di salute.  La marcia di protesta ha visto anche alcuni scontri con le forze dell’ordine e cittadini fermati e arrestati. Un’altra caratteristica ormai consueta delle proteste degli agricoltori è il blocco del traffico: questo mese hanno fermato l’autostrada A2 tra Poznan e Lodz e la strada rapida S7 tra Gdansk ed Elblag.

Tusk se la prende con gli agricoltori

Pressato sul fronte interno, il premier Donald Tusk cerca di uscire dall’angolo accusando i manifestanti più esagitati e quelli che hanno inneggiato alla Russia. Insomma, una scusa servita sul piatto d’argento all’euroburocrate per divincolarsi almeno per un po’. Lui sostiene di lavorare per tutelare gli interessi dei suoi cittadini, ma deve anche fare i conti con le pressioni che arrivano pure dall’esterno, con le autorità ucraine che si sono ingerite negli affari interni polacchi chiedendo che venissero puniti coloro che hanno distrutto un carico di grano ucraino a scopo dimostrativo.

Nel frattempo, Tusk ha condannato chi ha innalzato uno striscione filorusso durante una marcia di protesta contro le politiche agricole filoucraine della UE e il Green Deal che distrugge il lavoro e il tessuto sociale. Ma le proteste non vengono certo fermate dai rimbrotti del primo ministro. Febbraio è stato un mese caldissimo da questo punto di vista e marzo è se possibile ancora più incandescente. Al momento gli agricoltori polacchi stanno bloccando le strade di collegamento presso la Germania, oltre ad alcune stazioni ferroviarie.

La miccia è stata accesa e l’incendio del malcontento potrebbe nuovamente propagarsi a tutta l’Europa, stavolta finendo per bruciare le dita a Bruxelles. Continuano così le proteste contro l’afflusso di grano ucraino a condizioni deleterie per i mercati interni dei Paesi UE. La questione è seria: se la politica europea non se ne occupa seriamente, le conseguenze negative sulla tenuta dei governi nazionali saranno presto visibili, specialmente in Polonia. Per agevolare l’euro-integrazione della disastrata economia ucraina, Bruxelles sta distruggendo le economie dei Paesi membri.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici