Polacchi scontenti e alleati indecisi. I problemi del nuovo governo di Varsavia e un’Ucraina sull’orlo del crollo
L’insediamento a Varsavia del nuovo esecutivo guidato dal “vecchio” Tusk, già premier dal 2007 al 2014, coincide con l’acuirsi dei problemi economici e militari di Kiev. Sulla carta il governo polacco darà un sostegno incondizionato, ma la rivolta degli agricoltori e dei trasportatori e il rifiuto delle agevolazioni tariffarie mostrano i limiti delle promesse degli europeisti.
I problemi di fondo dell’Ucraina
Onet.pl, uno dei principali portali mediatici della Polonia, ha pubblicato un’analisi della situazione a cura di Marcin Wywał, reporter di guerra con esperienze in Siria, Iraq e Libano. La sua previsione è piuttosto semplice ed è condivisa dagli altri commentatori occidentali: il 2024 sarà un anno estremamente difficile per Kiev, che potrà a mala pena sperare di restare a galla se verranno risolti i problemi di fondo della carenza di armamenti, della mancanza di aiuti finanziari e dell’erosione del consenso popolare.
I tre fenonemi sono concatenati fra di loro, perchè venendo meno il primo tassello, tendono a svanire anche gli altri due: senza consenso niente finanziamenti, senza soldi niente armi. Partendo da quest’ultimo elemento, Wywał afferma nella guerra del XXI secolo sono gli equipaggiamenti e la tecnologia a fare la differenza e a sopperire al minor numero di soldati.
Eppure il comandante in capo delle Forze armate ucraine non la pensa così: il generale Valery Zaluzhny sta chiedendo con insistenza al suo governo di fargli avere altri 500mila uomini per effettuare le prossime operazioni belliche. Senza una mobilitazione di tali dimensioni, infatti, dubita di poter contenere la montante marea russa e non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di ripetere la controffensiva.
Questione di armi
Il giornalista polacco si sforza di evidenziare l’eccezionalità degli armamenti di standard NATO, che essendo intrinsecamente superiori a quelli russi meritano a priori di vincere: M777 britannici, CAESARfrancesi e AHS Krab polacchi, per non dire dei meravigliosi carri britannici Challenger e dei tedeschi Leopard. Eppure i russi non si ritirano…
Evidentemente gli ucraini non ricevono abbastanza pezzi di artiglieria oppure le condizioni ambientali fanno impantanare i tank e la sfortuna li fa distruggere. Sembra quasi la storia dei russi costretti a combattere con le pale a Bakhmut (che poi hanno conquistato). Alla fine Wywał ammette almeno il vantaggio russo nella produzione di munizioni, peraltro contraddicendo Enrico Letta e gli altri esperti che nel 2022 davano a Mosca qualche settimana o mese prima di restare completamente sguarniti e alzare bandiera bianca. Ma non gli dice bene nemmeno quando riconosce il dominio russo dei cieli: infatti pochi giorni fa il Ministro della Difesa danese ha rimandato all’estate la fornitura dei tanto desiderati caccia americani F-16.
In definitiva, per i media europeisti la colpa del mancato trionfo ucraino è degli alleati occidentali che non danno abbastanza armi, arrivando a scrivere ciò che meno di un anno fa sarebbe stato censurato: la direzione del percorso in Ucraina sta verosimilmente andando a favore della Russia. Si badi, non è un insuccesso ucraino, ma un sostanziale tradimento di USA, UE e Regno Unito, per i quali è giunto il momento di decidere una volta per tutte se vogliono davvero una vittoria dell’Ucraina oppure no.
Mancano i soldi
Le armi mancano soprattutto perché mancano i soldi. E finora Kiev dagli alleati occidentali ne ha ricevuti tanti: più di 200 miliardi di dollari fra assistenza militare ed economica. Senza questi aiuti, l’Ucraina sic et simpliciter andrebbe subito in bancarotta. Wywał suggerisce che un altro centinaio di miliardi per adesso potrebbe bastare.
Ma chi li darà? Israele e Taiwan hanno deviato l’attenzione del finanziatore numero uno, l’amministrazione Biden. Oggi Kiev può sperare di ricevere forse 60 miliardi, se Repubblicani e Democratici riescono a mettersi d’accordo. Ma la campagna per le prossime presidenziali incombe, e gli esponenti repubblicani dicono di voler dare la priorità ad altre questioni, primo fra tutti Donald Trump e e poi un candidato giovane a ambizioso come Vivek Ramaswamy.
Si attendono soldi anche dall’Unione Europea, ma il famoso pacchetto da 50 miliardi di euro è ancora bloccato dal veto ungherese. L’annuncio dell’apertura dei negoziati per ammettere l’Ucraina nella UE si è dimostrato solo un palliativo piuttosto ipocrita. Infatti l’effettiva adesione potrebbe arrivare solo nel 2030 e nel frattempo i governi europei limitano al massimo il loro appoggio economico.
Svanisce il sostegno popolare
L’atmosfera di solidarietà e di entusiasmo verso Zelensky che si respirava nel 2022 è sparita e ha lasciato il posto a scetticismo, fastidio e in alcuni casi all’ostilità. I sondaggi mostrano un calo costante di consenso sia negli Stati Uniti che in Europa, dove i cittadini sono sì favorevoli a dare agli ucraini aiuti umanitari, ma non più armi o finanziamenti a pioggia. E persino nell’Ucraina stessa l’opinione pubblica sta cambiando idea: il gradimento di Zelensky è al minimo. Gli ucraini non vogliono andare al fronte e continuano a scappare dal Paese.
La settimana scorsa le autorità polacche hanno comunicato l’arrivo di altri 23mila profughi, che si aggiungono agli altri 3 milioni di ucraini già presenti in Polonia, a cui quali Varsavia dà assistenza sociale e sanitaria generando il risentimento dei cittadini polacchi. Proprio la Polonia ha dato un esempio recente di solidarietà a intermittenza, opponendosi al rinnovo delle agevolazioni commerciali decise da Bruxelles a beneficio di Kiev.
Il ministro dell’Agricoltura polacco ha fatto presente che la totale liberalizzazione degli scambi fra UE e Ucraina ha avuto gravissimi effetti collaterali sulle economie di diversi Paesi europei. I prezzi estrememante convenienti ai quali importare i prodotti ucraini hanno danneggiato le varie produzioni agroalimentari nazionali. Dunque, per adesso proseguirà l’embargo unilterale polacco su determinati articoli provenienti dall’Ucrania.
I problemi del nuovo esecutivo polacco
Il nuovo governo insiediatosi a Varsavia dovrà tenere conto dell’insoddisfazione dei suoi cittadini. Dal premier Donald Tusk, già presidente del Consiglio europeo, non ci si può aspettare altro che parole di appoggio totale e incondizionato per l’Ucraina. Ma al di là delle sue prevedibili dichiarazioni, il ventaglio di opzioni politiche a sua disposizone è limitato dalla fragilità della sua coalizione e dall’insoddisfazione popolare.
L’alleanza che guida è composta da tre partiti e detiene 248 seggi su 460, ma con 194 deputati il partito del premier uscente è ancora il più cospicuo. E i settori produttivi della società polacca come l’agricoltura e i trasporti sono sospettosi. I trasportatori continuano a protestare, sebbene il nuovo ministro Siekierski sia riuscito a placare almeno gli agricoltori, firmando un accordo in modo che tolgano il blocco stradale al confine con l’Ucraina.
Ma la pressione sul governo resta alta: i produttori agroalimentari vogliono vedere effettivamente un calo delle importazioni dall’Ucraina e mettono in guardia contro una sua adesione immediata alla UE. Uno dei leader della protesta, Roman Kondrów, ha detto:
L’Ucraina è un Paese che vuole solo prendere, prendere e prendere, senza dare nulla in cambio.
L’insediamento a Varsavia del nuovo esecutivo guidato dal “vecchio” Tusk, già premier dal 2007 al 2014, coincide con l’acuirsi dei problemi economici e militari di Kiev. Sulla carta il governo polacco darà un sostegno incondizionato, ma la rivolta degli agricoltori e dei trasportatori e il rifiuto delle agevolazioni tariffarie mostrano i limiti delle promesse degli europeisti.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.