Elezione della Siria alla vicepresidenza della “Conferenza mondiale sulla cura e l’istruzione della prima infanzia 2022”. Del Ponte: “Intervenga il Segretario generale dell’Onu”

Elezione della Siria alla vicepresidenza della “Conferenza mondiale sulla cura e l’istruzione della prima infanzia 2022”. Del Ponte: “Intervenga il Segretario generale dell’Onu”

11 Dicembre 2022 0

Un bambino di sei anni che riproduce un’impiccagione su un altro bimbo di due, dopo aver assistito all’esecuzione pubblica di un uomo nel campo di Yarmouk a Damasco. Una mamma in lacrime che racconta come la figlia di dieci anni avesse scritto il suo testamento, credendo di morire di fame durante l’assedio nel 2015 di Madaya, nelle campagne della capitale siriana.

Storie non rare che dipingono un quadro crudo di quella che è stata, e continua ad essere, la triste realtà di decine di ragazze e ragazzi nella Repubblica araba. Di fronte a queste raffigurazioni la decisione del gruppo 5b (Stati arabi) di eleggere la Siria di Bashar al Assad quale loro rappresentante alla “Conferenza mondiale sulla cura e l’istruzione della prima infanzia 2022” (WCECCE), evento indetto dall’Unesco in Uzbekistan dal 14 al 16 novembre scorsi, stride in totale contrasto.

E’ l’immagine di un mondo capovolto. Di un totale rovesciamento dei valori, dove gli Erodi diventano dei Sant’Antonio da Padova protettore dei bambini.

Il silenzio del mainstream 

La notizia non ha trovato spazio neanche per una “breve” sui media occidentali. Eppure, si trattava del secondo simposio dedicato al tema dal 2010, che aveva visto affluire nella capitale Tashkent oltre 1.500 delegati provenienti da 150 paesi. Ma tant’è.

Fra gli obiettivi, “riaffermare il diritto di ogni bambino ad una cura e un’istruzione precoce e di qualità dalla nascita agli 8 anni. Mobilitare ulteriormente gli Stati membri e la comunità per sviluppare politiche e programmi inclusivi e basati sui diritti”, si legge fra le righe della dichiarazione conclusiva dei ministri, capi e membri delle delegazioni, rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite e della cooperazione allo sviluppo.

Un documento che ricorda anche come “i servizi per l’infanzia siano estremamente vulnerabili alle crisi, compresi i conflitti e le calamità. Tutti gli sforzi dovrebbero essere fatti per proteggerli”.

Un dottore in Veterinaria in rappresentanza della Siria

In rappresentanza del governo siriano che, come vedremo, ha fatto ben poco “per proteggerli”, il dottore in veterinaria nonché ministro dell’Istruzione, Darem Tabbaa. A lui il compito di riferire nella plenaria le “direttive del presidente Assad” secondo cui, come riporta l’agenzia filogovernativa Sana, “l’assistenza alla prima infanzia rimane una priorità per l’operato del governo, nonostante le circostanze della guerra terroristica in Siria, l’ingiusto blocco economico, il Coronavirus e l’impatto di tutto ciò sulla vita delle famiglie”.

A quattro giorni esatti dalla Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che ricorre ogni anno il 20 novembre, suona come una beffa l’incarico alla vicepresidenza dato a Damasco dai membri arabi dell’Unesco. Incarico peraltro per un evento internazionale, organizzato dall’agenzia Onu che da anni si batte per la tutela dei diritti dei più piccoli. Fonti vicine all’Unesco riferiscono che la conferenza mondiale è una riunione intergovernativa di categoria 2. L’Unesco è vincolata dalle regole procedurali che disciplinano gli incontri di questa categoria, invitando tutti gli Stati membri a partecipare alla riunione, salvo diversa decisione degli organi direttivi Unesco.

Gruppo 5b, il cortocircuito organizzativo ed elettivo 

Il processo elettorale dell’Ufficio di presidenza della conferenza (composto da un rappresentante di ciascuno dei sei gruppi elettorali Unesco) è guidato dagli Stati membri di ciascun gruppo regionale. Quelli del gruppo 5b hanno eletto la Siria come loro regione rappresentante all’evento. Dunque, gli elettori del Paese del Levante sono fra i 22 Stati della Lega araba che nel 2011 lo avevano escluso a maggioranza (18 i voti favorevoli, contro l’astensione di Libano, Iraq e Yemen), per la feroce reazione del governo damasceno alle proteste di piazza.

“Ora tocca a te, dottore Assad”, la protesta dimenticata

Sembra passata un’era geologica da quel lontano marzo 2011, quando l’onda sanguinaria del Governo siriano travolse, cancellandolo come fosse inciso sulla sabbia, il pensiero di 23 ragazzi di quattordici anni tradotto sulla parete della loro scuola di Daara, nel Sud del Paese: “Ora tocca a te, dottore Assad”. Il grido di libertà che rovesciò le dittature di Tunisia ed Egitto era giunto fino a loro, ma quelle parole gli costarono l’arresto e le torture da parte degli uomini di Atef Najib, capo della sicurezza della città e cugino materno del presidente Bashar. Per settimane i loro genitori andarono nell’ufficio di Najib implorandone il rilascio. La risposta non lasciava spazio alle speranze: “Dimenticate i vostri figli, fatene altri. Se non ci riuscite, portateci le vostre mogli”.

Quello stesso anno, Najib e numerosi altri funzionari siriani verranno sanzionati dall’amministrazione Obama per le loro azioni. Quell’episodio, unitamente alla brutalità con cui venne ucciso un ragazzo di 13 anni, Hamza al-Khateeb, che con la famiglia protestava pacificamente per le vie della stessa città, furono il detonatore delle rivolte che si diffusero in tutto il Paese.

Ad Hamza erano stati tagliati i genitali, fracassate mascella e rotule, e i suoi aguzzini infierirono sul quel corpicino martoriato frustandolo 40 volte con un cavo elettrico. La sua morte venne bollata dall’allora segretario di Stato americano Hillary Clinton, come  “il totale collasso di qualsiasi sforzo da parte del governo siriano di lavorare e ascoltare la propria gente”.

Lo stupro per estorcere confessioni

Ma sono i numerosi rapporti della Commissione d’inchiesta internazionale indipendente dell’Onu, a far tremare i polsi. Tante le violazioni dei diritti umani in Siria a cui dedica diversi paragrafi. Nei centri di detenzione governativi ad esempio «stupro e altre forme di violenza sessuale sono state usate contro donne, ragazze, uomini e ragazzi, tra cui alcuni di appena 11 anni, per estorcere informazioni, punire e umiliare loro e le famiglie», annota la commissione nel rapporto pubblicato l’11 marzo 2021 dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu.

Lo stupro era diventato un’arma al servizio della macchina repressiva del regime. Uno strumento di ricatto per costringere i genitori, accusati o solo sospettati di sostenere l’opposizione, a consegnarsi. «Bambini uccisi e feriti durante le proteste e le incursioni nelle abitazioni effettuate dalle forze governative, come parte di operazioni militari di terra volte a riconquistare aree – sta scritto in un altro rapporto del gennaio 2020-. Quando le forze governative si spostavano nelle città e nei villaggi, di solito dopo i bombardamenti, i cecchini erano spesso posizionati sui tetti di case residenziali, scuole, ospedali».

Numerose testimonianze raccolte nel corso degli anni dalla Commissione rivelano l’uccisione e il ferimento da parte di cecchini di bambini di appena 10 anni. «Ad esempio – scrivono gli inquirenti dell’Onu – ad Aleppo un medico ha riferito che nell’ottobre 2013, almeno un bambino è stato ferito ogni giorno dal fuoco dei tiratori scelti». La lista è lunga e ben documentata dal 2011, anno d’istituzione della Commissione.

L’indignazione di Carla del Ponte

Nel team di inquirenti Onu, anche il magistrato svizzero Carla Del Ponte, che dal 2013 al 2017 ha raccolto i resoconti di chi quegli orrori li ha subiti sulla propria pelle. «E’ davvero inspiegabile e sull’Onu non mi faccio più illusioni, è diventato ormai un organo depotenziato – riferisce ai nostri taccuini Del Ponte che dal ‘99 al 2007 è stato capo pubblico ministero nel Tribunale per i crimini di guerra insediato dalle Nazioni Unite –. Trovo che sia scandaloso, perché la situazione in Siria è ben nota a tutti, con una guerra che dura da undici anni e dove le prime vittime sono proprio i bambini, per i quali il governo siriano non fa assolutamente niente. I piccoli venivano arrestati e  uccisi. Sono rimasta basita nel constatare che la notizia sia passata in sordina nei media occidentali, ho dovuto apprenderla da voi. Scrivete – ha aggiunto il magistrato – è giusto che si sappia, bisogna parlare e far sapere, perché è incredibile quanto sta succedendo. A mio avviso- conclude- la Commissione Onu, di cui non faccio più parte, dovrebbe intervenire presso il segretario generale affinché queste situazioni scandalose non si verifichino».

Ci sono poi le sanzioni finanziarie di Unione europea e Stati Uniti  sulla Siria per crimini di guerra contro la popolazione. Fra le ultime, il Caesar Syria Civilian Protection Act del 2019, l’atto legislativo che blocca ogni forma di transazione del governo e del presidente Bashar al-Assad. Una legge nata dopo la pubblicazione delle foto di “Caesar”, pseudonimo di un ex ufficiale della polizia militare siriana, che tra il 2011 e il 2013 fotografa le morti e le torture inflitte ai detenuti nelle carceri.

L’uso degli inceneritori da parte dei servizi segreti siriani

 Quattro anni dopo, il Dipartimento di Stato americano rilascerà delle immagini satellitari, che testimonierebbero la presenza di un forno crematorio all’interno del carcere di Sednaya, gestito dai mukhabarat, i servizi segreti siriani. Lo scopo, nascondere e smaltire i resti di migliaia di prigionieri assassinati. Damasco aveva negato con forza qualsiasi abuso. A riguardo, la stessa Commissione Onu chiarisce ancora nel marzo 2021 che «il presunto uso di inceneritori nei centri di detenzione, resta sotto indagine». Alla luce delle prove e delle testimonianze raccolte dall’organo d’inchiesta delle Nazioni Unite, ci si chiede se non fosse il caso di valutare con attenzione anche la partecipazione della Siria alla conferenza di Tashkent, malgrado essa sia membro Unesco dal 1946.

Marina Pupella
MarinaPupella

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