Per le Nazioni Unite il Governo di Israele deve porre fine alla sua occupazione coloniale e riparare ai suoi atti illeciti

Per le Nazioni Unite il Governo di Israele deve porre fine alla sua occupazione coloniale e riparare ai suoi atti illeciti

23 Ottobre 2022 0

 «Il Governo di Israele rispetti gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e cessi di ostacolare la realizzazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, ponendo fine alla sua occupazione coloniale immediatamente e incondizionatamente e riparando i suoi atti illeciti». Lapidarie, senza mezzi termini le raccomandazioni rivolte a Tel Aviv dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, l’italiana Francesca Albanese, in un rapporto pubblicato lo scorso 18 ottobre.  Nel documento di 23 pagine, incentrate sulla situazione dei diritti umani nella regione a patire dal 1967, Albanese esprime preoccupazione in particolare sulla violazione del diritto dei palestinesi all’autodeterminazione, nel contesto delle caratteristiche coloniali di insediamento della prolungata occupazione israeliana.

La relazione mette in evidenza la natura dell’occupazione: «quella di un regime intenzionalmente avido, segregazionista e repressivo progettato per impedire la realizzazione del popolo palestinese al diritto all’autodeterminazione. Dal 1967– si legge- Israele ha intenzionalmente violato il diritto nei territori palestinesi occupati, impedendo l’esercizio della sovranità territoriale sulle risorse naturali, sopprimendo la loro identità culturale». In breve, gli sforzi israeliani nei territori palestinesi occupati non si distinguono dal colonialismo di insediamento; «confiscando, annettendo, frammentando e trasferendo la popolazione civile nel territorio occupato, Israele viola la sovranità territoriale. Estraendo e sfruttando le risorse dei palestinesi al fine di generare profitti a beneficio di terzi, compresi i “coloni”», prosegue il rapporto. Albanese critica gli sforzi degli stati per la normalizzazione dei legami diplomatici con Israele e definisce i tentativi del processo di pace “inefficaci”, perché i loro approcci non si sarebbero focalizzati sui diritti umani, in particolare sul diritto all’autodeterminazione, affrontato da «alcuni come uno slogan ideologico piuttosto che come una realtà legale da cui emanano chiare responsabilità».

Foto – Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi

Per 55 anni, tre generazioni di palestinesi sono cresciuti sotto Israele. Circa il 40% di loro sono rifugiati espulsi dal 1948 (compresi i loro discendenti). La maggior parte dei residenti di Gaza sono rifugiati originari della Galilea, da Haifa, Giaffa, Ramleh e Lidda. «La guerra del ‘67 spostò di nuovo la maggior parte di loro, distruggendo e spopolando i villaggi palestinesi e negando il ritorno dei rifugiati, come nel 1947-1949. I palestinesi che nel 1967 riuscirono a rimanere – scrive la relatrice – non potevano sapere che 55 anni dopo, si sarebbero svegliati ancora sotto il giogo della dominazione straniera, con i loro diritti sospesi e, per i rifugiati, senza concrete prospettive di ritorno alle terre dei loro antenati».

La studiosa italiana, che per un decennio ha lavorato come esperta di diritti umani per le Nazioni Unite, documenta anche l’uso della forza “letale” contro giornalisti e operatori umanitari, critici nei confronti di Israele e della detenzione di leader politici palestinesi. La mancanza di responsabilità sarebbe diffusa. L’uccisione della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, impegnata a documentare un raid israeliano nel campo profughi di Jenin l’11 maggio scorso, resta ancora senza colpevoli, «nonostante numerose indagini abbiano concluso che la giornalista era stata colpita dal fuoco dei soldati israeliani». E ancora, un avvocato franco-palestinese di Gerusalemme, Salah Hammouri, è detenuto senza accusa né processo dal 7 marzo con l’accusa di terrorismo.  «Israele continua a imprigionare ministri, sindaci e insegnanti, difensori dei diritti umani e rappresentanti della società civile», aggiunge, andando oltre: «La pratica di arresti arbitrari di massa, che include la detenzione amministrativa senza accusa o processo, è stata messa sempre più in atto da quando i palestinesi hanno iniziato a protestare contro la costruzione illegale del Muro in Cisgiordania e Gerusalemme Est».

Negli ultimi anni, un certo numero di stimabili studiosi e organizzazioni, compresa Amnesty International, hanno concluso che le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi equivalgono all’apartheid, secondo il diritto internazionale. Secondo il rapporto, quasi 4.500 palestinesi sono attualmente detenuti, 730 senza alcuna accusa, mentre ragazzini di appena 12 anni sono vittime di arresti e detenzioni arbitrarie. Gli Stati terzi non riconoscono come legittima la situazione illegale creata da atti internazionalmente illeciti da parte di Israele, è il commento perentorio della studiosa. «Proteggere Israele dal rispetto del diritto internazionale e dalla responsabilità mina la deterrenza e genera una cultura dell’impunità». L’eccezionalità dimostrata per anni nei confronti di Israele, indebolirebbe  l’efficacia del diritto internazionale e «rischierebbe anche di offuscare l’immagine, l’affidabilità e il ruolo della comunità internazionale e della Nazioni Unite, compresi i suoi organi giudiziari», conclude tranchant Albanese.

Il rapporto è stato trasmesso al Palazzo di vetro dallo stesso segretario generale delle Nazioni Unite. L’ennesima strigliata dell’Onu a Israele, che in tutti questi anni ha collezionato un numero ragguardevole di risoluzioni. Era stato lo stesso ex ambasciatore d’Israele in Italia, Dror Eydar, a criticare durante la nostra intervista il 7 novembre dello scorso anno, la posizione delle Nazioni Unite contro lo Stato ebraico. Non solo. Eydar aveva biasimato l’atteggiamento degli Stati membri che si erano astenuti (Italia compresa) o votato contro, affermando che «l’astensione significa trattare Israele e Hamas allo stesso modo e questo per noi è incomprensibile».

Marina Pupella
MarinaPupella

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