L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini. La recensione del lavoro di Rizzo e Campi

L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini. La recensione del lavoro di Rizzo e Campi

8 Novembre 2022 0

Ci si può stupire – si legge nella scheda di presentazione del libro – se a cento anni dall’ascesa di Mussolini l’Italia appare ancora divisa sul giudizio storico del fascismo?”. Questa domanda è il filo conduttore del saggio recentemente pubblicato da Sergio Rizzo ed Alessandro Campi, edito da Solferino, che al termine di una precisa ed accurata azione di censimento delle “eredità” del regime, presentano e sviluppano stimoli e riflessioni sul rapporto tra gli italiani ed il fascismo. Senza riuscire a chiudere una volta per tutte la partita con quel passato, ragionano gli autori, l’Italia non sarà mai una democrazia stabile, solida e funzionante.

Winston Churchill ebbe a dire: “Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti.”. Con buona pace di certa retorica resistenziale e senza voler mettere in alcun modo in discussione i valori della libertà e della democrazia, solo un ingenuo avrebbe potuto credere che, dopo il collasso del fascismo, il “sistema Italia” sarebbe mutato.

Un po’ per sciatteria, un po’ per il provincialismo italico, un po’ per incrostazioni locali, il 25 aprile 1945 non è stato spento un interruttore. Né poteva essere diversamente. La realtà è che la defascistizzazione è stata molto blanda: alla fine della guerra, la gran parte dei funzionari di stato, chiaramente e dichiaratamente fascisti, sono rimasti a loro posto per far funzionare la macchina burocratica. E quindi ecco che secondo degli avvocati di Deloitte sono tutt’ora in vigore 249 leggi, decreti, regolamenti in cui compare la parola «razza», le corporazioni sono diventate ordini professionali, paghiamo il conto dell’IRI o di Carbonia; le eredità del fascismo sono ancora intorno a noi anche perché, come scrisse Giovanni Gentile, il fascismo ha versato sull’Italia una colata di ideologia pietrificata, facendo riferimento all’imponente programma di lavori pubblici avviato dal regime. Le nostre città abbondano di monumenti, lapidi, strade, quartieri costruiti in quel periodo. Tema diverso sono le numerose vie ed i tanti monumenti dedicati a dirigenti più o meno noti del partito fascista. Si va, ad esempio, dal giardinetto intitolato a Rodolfo Graziani in un paesino in provincia di Frosinone all’intestazione l’intestazione di una via, a Vairano Patenora in provincia di Caserta alla memoria del ministro fascista Bottai, passando per la targa che nel 2009 a Cosenza si scopre in memoria di Michele Bianchi, uno dei quadrumviri della marcia su Roma.

Ma al netto di questi esempi, pur indicativi, il saggio approfondisce il rapporto che gli italiani hanno con Mussolini, che nell’immaginario collettivo continua ad avere un certo appeal, tanto che il calendario che lo ritrae vende più di quelli delle modelle e su Google, impostando “Mussolini” come campo di ricerca, compaiono 33 milioni di risultati (Berlinguer si ferma a due milioni e mezzo).

La disamina di Rizzo e Campi è impietosa: appare un Paese dove sopravvive un uso strumentale del fascismo: più o meno goliardicamente, la destra continua a richiamarsi alla sua eredità sentimentale spacciandola per patriottismo, la sinistra ne agita lo spettro per ragioni di calcolo elettorale. Una democrazia matura può avere un rapporto così contraddittorio col suo passato?

La ragione del perché il fascismo continua a proiettare la sua ombra lunga sul nostro presente, è probabilmente un’altra – scrivono Rizzo e Campi – dopo cento anni dalla sua ascesa al potere ancora abbiamo paura di confrontarci apertamente con quel passato e con quella storia, che peraltro conosciamo poco e male. Continuiamo a sfuggire la responsabilità di scelte, dal colonialismo alle leggi razziali, dalla soppressione di ogni libertà alla guerra, che sono state sì di Mussolini e del suo regime, ma che si sono potute realizzare solo con la collaborazione attiva, il sostegno o, magari, il silenzio complice e opportunistico di milioni di uomini e donne di tutte le condizioni sociali, dal Nord al Sud”.

Dario Roverato
DarioRoverato

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