Biden e i falchi euroatlantici sollecitano la controffensiva, ma a Kiev mettono le mani avanti nel timore di fallire

Biden e i falchi euroatlantici sollecitano la controffensiva, ma a Kiev mettono le mani avanti nel timore di fallire

8 Giugno 2023 0

La controffensiva ucraina di primavera sembra iniziare a dipanarsi, ormai a ridosso dell’estate. A Kiev avrebbero preferito aspettare ancora un po’, consci di non avere a disposizione forze sufficienti per effettuare una manovra all’altezza delle aspettative dei “partner” occidentali. Questi ultimi, invece, hanno le loro ragioni per spingere gli ucraini all’attacco.

I governi europei, per esempio, devono far vedere ai propri cittadini che i miliardi spesi per rifornire Zelensky non sono stati buttati dalla finestra. A Washington, con le elezioni del 2024 che si avvicinano, serve qualcosa per compattare il fronte pro-Ucraina spaccato dai problemi che pesano sulla Casa Bianca: un default evitato per legge, la stabilità sociale a rischio, un teatro del Pacifico pronto a diventare bollente in ogni momento.

Forse Joe Biden vuole giocarsi il tutto per tutto oppure gli basta arrivare al limite estremo dell’escalation con la Russia, per poi lasciare la patata bollente al suo successore.

Armiamoci e partite

Alle operazioni odierne delle forze ucraine si è arrivati dopo una lunga campagna di preparazione psicologica e materiale da parte degli alleati occidentali. Dove non sono bastati i rifornimenti militari, Washington e Bruxelles hanno provveduto con la pressione politica. Dopo la lunga insistenza di Zelensky per avere gli F-16, Biden ha accettato, generando entusiasmo nei filo-ucraini. Peccato che poi ci si è resi conto che i caccia saranno comunque troppo pochi e che arriveranno troppo tardi per essere decisivi nella controffensiva. Da parte sua, l’amministrazione Biden aveva già varcato parecchie “linee rosse”, nel rapporto con Mosca.

Foto - DEBAL'STEVE, UCRAINA - 1° LUGLIO 2015: edifici e case danneggiati nella città devastata dalla guerra di Debal'tseve. La guerra del Donbas in corso infuria dal 2014, opponendo le forze ucraine ai gruppi filo-russi
Foto – DEBAL’STEVE, UCRAINA – 1° LUGLIO 2015: edifici e case danneggiati nella città devastata dalla guerra di Debal’tseve. La guerra del Donbas in corso infuria dal 2014, opponendo le forze ucraine ai gruppi filo-russi

Prima i droni, poi i carri Abrams, i missili Patriot e adesso i caccia da combattimento: l’America ha spinto così tanto verso l’escalation che il governo di Kiev non può davvero più esitare nelle sue azioni. Se l’Ucraina ci mette gli uomini, USA e NATO daranno ancora le armi per mandarli al macello, oltre al sostegno mediatico per far apparire qualunque sconfitta come una ritirata strategica e qualunque piccolo avanzamento come una vittoria epocale.

Intanto, Regno Unito e Belgio si sono detti disponibili ad addestrare i piloti ucraini alla guida degli F-16. Ci vorranno mesi, perché passare dai caccia di concezione sovietica a quelli di produzione americana non è così semplice. Dunque le tempistiche non coincidono con la controffensiva “di primavera” annunciata in inverno, ma va bene lo stesso per Zelensky, secondo cui quei velivoli sono indispensabili per rendere perfetto il quadro della difesa aerea del Paese.

Secondo un portavoce del Ministero della Difesa ucraino, gli F-16 erano l’unica cosa mancava ancora nell’elenco dei desideri del ministro Reznikov. E allora niente più scuse per Kiev: se Washington ha detto di sì agli aerei, bisogna che le forze ucraine passino all’attacco.

I falchi americani e quelli europei

I falchi di entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico appaiono sempre meno timorosi di provocare un’escalation con la Russia. Per spingere sulla fornitura degli F-16 ci si è messo di recente un gruppo di tredici parlamentari americani, sia democratici che repubblicani. Nella loro lettera ufficiale a favore dei jet, si sono proprio espressi da falchi: gli Stati Uniti possono fornire all’Ucraina un’assistenza militare immediata sia per difendersi dall’avanzata russa sia per prepararsi all’attesa offensiva di Kiev di primavera, mentre possono contemporaneamente iniziare il processo di fornitura all’Ucraina dei mezzi per ottenere la supremazia aerea a lungo termine.

Insomma, non nascondono più di voler rendere questo Paese un avamposto militare anti-russo. E per farlo, dicono che bisogna assolutamente inviare i caccia, come sottolineato dalla deputata democratica dell’Ohio Marcy Kaptur, che fa parte del gruppo di pressione parlamentare e che presiede il caucus del Congresso sul tema dell’Ucraina. Come non citare poi il falco anti-russo per eccellenza, quel Lindsey Graham che a suo tempo aveva esortato i cittadini russi a insorgere e aveva suggerito di assassinare Putin.

FOTO - Lindsey Graham
Foto – La deputata democratica Marcy Kaptur, tra i falchi della politica americana

Durante una recente visita a Kiev, si è compiaciuto dei miliardi spesi dagli USA in aiuti militari e del fatto che i soldati russi stiano morendo. Inoltre ha predetto che la controffensiva ucraina sarà una dimostrazione di potenza piuttosto impressionante. In Europa, a essersi sempre impegnato di più contro la Russia è certamente la Gran Bretagna. Quache settimana fa, Londra ha deciso di fornire i suoi missili da crociera a lungo raggio Storm Shadow, per dare la capacità agli ucraini di colpire obiettivi fino a 155 miglia di distanza, tre volte tanto il raggio degli HIMARS americani già in dotazione di Kiev.

Sollecitazioni esterne

Ad ammettere le pressioni esterne per iniziare il contrattacco è il ministro della Difesa ucraino Oleskii Reznikov. Ha dichiarato che i “partner” occidentali gli hanno detto di aver bisogno di successi sul campo da mostrare ai propri cittadini. Non hanno però specificato l’entità dei successi desiderati: andrebbe bene anche una decina di chilometri, purché si possa presentare qualche vittoria all’opinione pubblica. E in effetti ciò costituisce pure una tattica sui generis per arrivare nella miglior condizione possibile al tavolo delle trattative con Mosca.

FOTO - Oleskii Reznikov
FOTO – Il ministro della difesa ucraino Oleskii Reznikov

Per attuare questa idea, gli americani hanno chiesto a Zelensky di prendere quanto più territorio possibile, non importa come. Al tempo stesso, Washington ha paventato anche delle difficoltà nell’ulteriore concessione di aiuti a Kiev nel caso in cui gli ucraini non si muovano subito e non usino tutto quello che è stato dato finora. Il prezzo da pagare in termini di vite dei soldati ucraini è altissimo, ma per costoro il fine giustifica i mezzi. Lo stesso Zelensky, in un’intervista di maggio rilasciata al Washington Post, ha dichiarato che più vittorie riusciranno a ottenere sul campo, più aiuti potranno avere per continuare la guerra.

Kiev mette le mani avanti

Alle sollecitazioni euroamericane, i vertici ucraini rispondono smorzando l’entusiasmo creatosi intorno all’idea della “controffensiva di primavera”. Il ministro Reznikov dice: Le aspettative sulla nostra campagna di controffensiva sono eccessive nel mondo. Molti si aspettano qualcosa di grosso, ma questa prospettiva potrebbe condurre secondo lui a una “delusione emotiva”.

E Zelensky, che ha sempre proclamato la riconquista della Crimea, il riottenimento dei confini del 2014, la “vittoria totale”, oggi considera un successo qualsiasi territorio liberato. Tuttavia, non intendere specificare quali sono adesso i confini da raggiungere o quali città vanno riconquistate per poter parlare di successo significativo. Il motivo del suo silenzio è il timore di dare alla Russia il vantaggio strategico di conoscere il suo piano di azione.

Infine, il presidente ucraino pensa più alla difesa che all’attacco. Le sue richieste di aiuti adesso si concentreranno sulle munizioni, senza le quali – spiega – la difesa del Paese è impossibile. Non è soltanto un punto che riguarda la controffensiva. La questione è di fare una controffensiva e di non perdere i territori che abbiamo.

Una guerra per procura, ma niente accettazione nella NATO

Il valore degli armamenti concessi a Kiev dallo scorso dicembre a oggi è di oltre 30 miliardi di dollari, più di quanto qualunque Paese NATO acquisti nel corso di un anno (eccetto gli USA). La lista delle armi inviate si è fatta sempre più fitta e sofisticata, arrivando a includere i carri pesanti Leopard e i sistemi missilistici Patriot. Alle donazioni materiali bisogna aggiungere l’aiuto fondamentale dell’intelligence e dei consiglieri militari.

E reiterando sanzioni su sanzioni, l’Unione Europea si è impegnata anche economicamente nel danneggiare la Russia, pur non sfiorando nemmeno questo obiettivo. Ma il senso di tutte queste azioni è chiaro: quella condotta dall’Ucraina è una guerra per procura, un conflitto combattuto da mani ucraine che sparano con armi occidentali, su sollecitazione di politici occidentali e avendo spesso a fianco mercenari occidentali. Solo che l’Occidente non vuole dare a Kiev il regalo più ambito: l’accettazione nell’Alleanza Atlantica. Che un Paese in stato di guerra possa unirsi alla NATO è escluso a priori.

FOTO - Parigi, 9.05.2023 - Annalena Baerbock e Emmanuel Macron
FOTO – Parigi, 9.05.23 – Il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock in vista al presidente francese Emmanuel Macron

Per chiarire il concetto, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che l’adesione dell’Ucraina “oggi non è ottenibile”. Ci mette una pietra sopra anche il ministro tedesco degli Esteri Annalena Baerbock: non possiamo parlare di una nuova membership nel bel mezzo di una guerra. E viene rimandata a tempo indefinito pure la concessione all’Ucraina di un’elevazione del suo status per farla partecipare direttamente ai vertici NATO sulle questioni di sicurezza. Comunque, ora la controffensiva ucraina di primavera sembra iniziare a dipanarsi, ormai a ridosso dell’estate.

Ma a Kiev avrebbero preferito aspettare ancora un po’, consci di non avere a disposizione forze sufficienti per effettuare una manovra all’altezza delle aspettative dei “partner” occidentali.

Martin King
Martin King

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