Una politica monetaria autistica: stop al rialzo dei tassi

Una politica monetaria autistica: stop al rialzo dei tassi

11 Luglio 2023 0

Stiamo assistendo a una confusa e contraddittoria manovra di politica monetaria. Essa è incapace di uscire dalla trappola dell’aumento dei tassi per ridurre l’inflazione, seguendo un modello culturale che è la causa stessa del dissesto finanziario di un’economia e una finanza erroneamente considerate razionali.

Economia e finanza non sono scienze esatte

Eppure è del tutto evidente che non esiste nessuna formulazione matematica razionale che consenta di affermare che a una crescita dei tassi di interesse l’inflazione diminuisce in proporzione. Invece si va per tentativi e per aspettative, che appunto non sono certezze . È giunta l’ora di capire che né l’economia né la finanza sono scienze esatte. Purtroppo si continua a perseguire un modello di finanza ed economia situate fuori dal loro campo naturale. I mercati finanziari non sono razionali, lo vediamo ogni giorno. Non è vero – come sosteneva Lucas nel 1994 – che non sbagliano mai nell’allocazione delle ricchezze. E invece continuiamo a crederlo, giocando sulla nostra pelle.

Il perseguire la politica di alti tassi di interesse genera costi superiori alla possibile riduzione dell’inflazione. I maggiori interessi gravano sulle imprese che cercano di recuperarli con più alti prezzi. Da qui si ha l’effetto sul rialzo dell’inflazione, e nelle aree merceologiche con bassi margini si ha l’effetto sulla redditività d’impresa, portando a punti di rottura e alla creazione di disoccupazione e disuguaglianza.

Fed e Bce combattono l’occupazione e riducono la produzione

La Fed in primis e la BCE  poi combattono l’inflazione combattendo l’occupazione e riducendo la produzione. Ciò crea una minore domanda e una più bassa crescita del PIL, come si vede negli Stati Uniti. In misura inferiore avviene in Europa, la quale ha una struttura economica più legata all’economia reale rispetto agli USA, che avendo delocalizzato la produzione vivono sul terziario in crisi. Così si danneggia la crescita del PIL spingendo il sistema verso la recessione: deve essere proprio questo il prezzo da pagare per ridurre l’inflazione? Certamente no. Tuttavia, senza uno spirito di autocritica e di creatività si finisce nel baratro.

Proviamo a ricostruire il processo degenerativo dell’esplosione della massa monetaria. L’economia statunitense (e in misura minore quella europea per i motivi sopra indicati) è stata salvata diverse volte negli ultimi decenni dal portare avanti la domanda abbassando i tassi di interesse e gli standard di prestito, in modo da potere mantenere alti i consumi basati sul debito.

Inondare l’economia di liquidità a basso prezzo fa avanzare la domanda, ma alimenta le bolle speculative, come abbiamo visto con Lehman. Purtroppo sembra che la storia non insegni nulla. Le bolle speculative fanno avanzare la domanda fino a quando non scoppiano: e tutte le bolle scoppiano, ma la realtà è che sta precipitando la domanda.

I danni dei lockdown e delle sanzioni anti-russe

L’altro effetto che ha generato l’inflazione è stata determinato dal blocco del Covid e dalle sanzioni anti-russe e anti-iraniane, che hanno ridotto l’offerta generando un aumento dei prezzi e facendo saltare la catena degli approvvigionamenti. Certamente il rialzo dei tassi di interesse può essere un aiuto per le banche in difficoltà, ma mina il sistema economico che deve trovare un nuovo equilibrio tra costi e prezzi.

Infine, una finanza drogata effettua infinite speculazioni sui prezzi delle materie prime, allontanandone il valore reale dal prezzo manipolato. Sospendere le negoziazioni sulle materie prime o quanto meno regolarle sarebbe un grande aiuto per ridurre l’inflazione, mentre porre un limite alla finanza aiuterebbe a far risorgere l’economia di mercato.

L’aumento progressivo del costo del debito

Un altro effetto del rialzo dei tassi di interesse è l’aumento del costo del debito. Esso spinge le emissioni a sostituire le vecchie in scadenza con nuove a tassi più alti, che si scontrano con la minore crescita del PIL. E infatti nel primo trimestre la crescita americana ha deluso le attese con un misero 1,1%, con un’inflazione che cresce del 4,2% e contro le aspettative di una crescita del 2%.

La spesa così corre più del PIL. L’Amministrazione Biden sta investendo circa 500 mld/$ ogni singolo mese e questo difficilmente porterà a un bilancio in pareggio. Lo scenario più probabile sarà una spesa che continuerà a salire insieme al deficit di bilancio: ma fino a quanto può crescere prima di implodere?

Le manovre rivolte esclusivamente al rialzo dei tassi di interesse possono avere effetti sull’inflazione, ma con costi di gran lunga superiori a una politica di mercato che spinga l’economia reale a creare posti di lavoro, maggiori consumi e risparmio.

Mettere uno stop per poi ripartire

Mettere uno stop alla crescita dei tassi di interesse può non ridurre l’inflazione, ma è il prezzo da pagare per un ritorno a una vera economia di mercato, evitando fallimenti e debito.

Infine, possiamo proporre una soluzione innovativa basata sulla possibilità di rendere appetibili i nostri Buoni del Tesoro legando alcune emissioni particolari a una percentuale di oro definita. Potrebbe essere una quota del 20% di buoni legati parzialmente all’oro, cioè i “BTP gold standard”.

Noi siamo tra i Paesi a maggiore deposito di oro, ma metà è nelle riserve interne e metà è depositato all’estero negli USA presso la Fed. Si potrebbero emettere così Buoni del Tesoro vincolati al 20% all’oro depositato presso la Fed come maggiore garanzia di solvibilità rispetto a quella in discussione del nostro Paese. I buoni legati all’oro presso la Fed potrebbero godere di un rating simile alla tripla AAA ed essere collocati facilmente sul mercato finanziario. Certamente sono più collocabili anche sul mercato interno e avrebbero un sicuro effetto benefico sul rating complessivo del nostro debito.

Possiamo continuare a vivere come sudditi sottomessi alla finanza?

Sono solo proposte, certo, ma se non si scelgono vie creative e alternative rimaniamo sudditi sottomessi a una finanza di rapina. Veniamo indebitamente puniti da essa, come si capisce dal rating attribuitoci, che è prossimo alla tripla BBB pur avendo le famiglie italiane una struttura economica e finanziaria di gran lunga migliore rispetto agli USA, in cui il debito familiare è al 100 % del PIL come è al 7% del PIL il debito degli studenti. Ma come si spiega che gli USA alle prese con un debito-monstre abbiano la tripla AAA e noi invece siamo all’opposto?

Se proviamo a riflettere su tali questioni forse riusciremo a trovare una qualche via di uscita dal caos imperante.

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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