L’Europa deve aprire il portafoglio: a Kiev servono centinaia di miliardi per il bilancio 2026

L’Europa deve aprire il portafoglio: a Kiev servono centinaia di miliardi per il bilancio 2026

12 Ottobre 2025 0

Il volume di aiuti finanziari che servono all’Ucraina per restare a galla ancora un anno o due è gigantesco. A Bruxelles se ne sono resi conto quando hanno capito che Trump mollerà Kiev al suo destino e che la Russia non soltanto non collasserà economicamente, ma continuerà la sua operazione speciale per tutto il tempo che occorre. Adesso i vertici europei stanno lavorando sulla pazza idea di sfruttare i patrimoni russi congelati, peggiorando ancora di più la situazione.

Gli aiuti americani e quelli europei

Gli Stati Uniti sono sempre meno propensi ad aiutare l’Ucraina anche perché hanno speso molto per Israele. Solamente le azioni su Gaza hanno assorbito aiuti militari per quasi 18 miliardi di dollari, secondo le stime della Brown University. Trump vorrebbe lasciar perdere Kiev appena possibile e pure i cittadini americani sono stanchi. Sembra però ancora ben disposto il Congresso, che sta includendo nel bilancio 2026 un’assistenza militare all’Ucraina da 500 milioni.

Per l’Unione Europa invece non è così semplice approvare nuovi pacchetti da decine di miliardi, perché i suoi stessi Paesi membri hanno parecchie difficoltà sul piano economico e politico – e non fa eccezione nemmeno la Gran Bretagna. Dal 2022 a oggi hanno concesso qualcosa come 178 miliardi di euro, ma per il prossimo biennio secondo i calcoli del Fondo Monetario Internazionali serviranno altri 51 miliardi di euro. Lo scopo è far funzionare l’apparato statale ucraino, cioè tenere in piedi il Paese. Per continuare a combattere occorrono invece 80 miliardi, con i quali acquistare armi e magari riuscire a pagare i soldati.

I bisogni di Kiev

Per non collassare, dunque, all’Ucraina è indispensabile l’assistenza occidentale. Kiev sta inoltre trattando un nuovo programma di prestiti con l’FMI, mentre è in fase di approvazione il bilancio per il prossimo anno, contenente cifre record per la difesa. E in quello attuale c’è ancora un buco da quasi 7 miliardi di euro. Come per tutte le volte precedenti, la strategia principale di Zelensky è confidare nella russofobia di certi governi e fare il giro delle cancellerie col cappello in mano. Oggi, per la prima volta la Commissione Europea ha autorizzato l’utilizzo degli aiuti macrofinanziari a beneficio della difesa ucraina: con quei 6 miliardi non verranno direttamente pagati gli stipendi ai militari, ma saranno sostenute le spese di acquisto e produzione di armi, droni e munizioni e saranno sovvenzionati enti come la Guardia Nazionale e i servizi di intelligence.

Pazza idea

La Commissione Europea sta lavorando al piano di utilizzo dei patrimoni russi congelati. Non è un’idea nuova, ma finora l’avevano rimandata perché praticabile con difficoltà e altamente rischiosa. Ora è tornata alla ribalta dato che le necessità di Kiev stanno crescendo oltre le effettive possibilità a disposizione gli Stati europei. I ministri dei Paesi membri si sono incontrati la settimana scorsa in Lussemburgo e ne discuteranno ancora al vertice del 23 ottobre. La Commissione spera che vi saranno progressi per poter almeno accedere alla prima tranche di fondi da elargire nel secondo trimestre 2026. La quantità che possono rilasciare arriva a 140 miliardi di euro, sebbene il totale dei patrimoni russi sia di 300 miliardi.

Non è prevista una confisca vera e propria, che è illegale dal punto di vista del diritto internazionale e che esporrebbe i Paesi europei a una ritorsione di Mosca dal contenuto simile. Il meccanismo è invece pensato per salvare almeno le apparenze: a guerra finita, con le riparazioni che la Russia pagherà all’Ucraina, Kiev potrà ripagare i prestiti ottenuti grazie ai suddetti patrimoni che le ha girato la UE, la quale a sua volta ripagherà l’istituto finanziario che li conserva, la società belga Euroclear. Quest’ultima infine onorerà i debiti con la Banca Centrale russa e così il cerchio si chiude. Ma chi si assume la responsabilità di garantire i prestiti nel momento in cui qualcosa andrà storto oppure verrà meno il presupposto di base che la Russia pagherà le riparazioni? La Commissione vorrebbe che fossero gli Stati membri, ma questi ultimi storcono il naso.

Paura delle conseguenze

Il primo a esprimere scetticismo, anzi timore, nei confronti del progetto è proprio il premier belga Bart De Wever. Il suo Paese ospita la sede centrale dell’Euroclear ed è dunque il più esposto quanto meno dal punto di vista legale. Secondo lui bisogna rendere minimi i rischi e condividerli fra tutti i partecipanti all’impresa. Il suo omologo olandese Dick Schoof invita a ragionare con molta attenzione sulla proposta, mentre il primo ministro lussemburghese Luc Frieden la considera “complicata” dal punto di vista giuridico. Massima prudenza anche da parte del governo Meloni, che secondo voci di corridoio di Bruxelles avrebbe chiesto garanzie sul fatto che l’ennesimo mega-prestito all’Ucraina non vada poi a riflettersi pesantemente sul debito pubblico italiano.

Le obiezioni di Ungheria e Slovacchia si conoscono già, ma ad esse si aggiunge oggi la Repubblica Ceca. La vittoria elettorale di Andrej Babiš infatti mette in dubbio l’appoggio che Praga stava dando con molta generosità a Kiev sia sul piano umanitario che militare. Potrebbe saltare il suo ruolo nell’iniziativa di coordinamento nell’acquisto di munizioni per l’esercito ucraino e c’è già il netto rifiuto all’accettazione dell’Ucraina come nuovo membro della UE.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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