L’Ucraina sta perdendo, ma per Zelensky ha vinto. Rispondendo ai giornalisti il presidente rigira la frittata

L’Ucraina sta perdendo, ma per Zelensky ha vinto. Rispondendo ai giornalisti il presidente rigira la frittata

28 Dicembre 2023 0

Il presidente ucraino Volodomyr Zelensky sta attraverso un periodo carico di critiche e di insoddisfazione fuori e dentro il Paese. Un recente sondaggio certifica la discesa del suo indice di popolarità, mentre i “partner” occidentali tardano a fornire gli indispensabili aiuti.  Ha annullato le elezioni e cancellato l’opposizione partitica, ma ora gli arrivano pesanti frecciate dai suoi, che in modo più o meno esplicito lo accusano di essere un autocrate.

Tutto ciò non ne ha scalfito la capacità di volgere le parole a proprio vantaggio, dimostrata in una recente conferenza stampa. Secondo lui, avendo difeso il territorio e impedito che venisse completamenteo occupato, e considerato che quest’anno i russi non sono praticamente avanzati, si può parlare comunque di “vittoria”! Comunque vada, per Zelensky l’Ucraina ha vinto, quindi lui ha vinto. Ecco la vera maestria attoriale di un professionista del rigirare le frittate.

Question time

Il presidente ucraino si è sottoposto a una seduta di due ore di fronte a giornalisti di di vari Paesi, oltre a quelli ucraini. Un lungo question time come raramente ne ha concessi in questi mesi e nel quale ha cercato di dibattere alle domande sui temi più attuali e scottanti, che interessano sia Kiev che i suoi sponsor europei e americani.

Dietro di lui campeggiava un grande schermo con immagini della cartina e della bandiera dell’Ucraina, oltre al simbolo dell’Unione Europea con cui condivide i colori giallo e blu. Il riferimento probabilmente era all’annuncio di Bruxelles dell’accelerazione dell’ingresso dell’Ucraina nella UE, un gesto dall’incontestabile valore propagandistico (e dall’incerta applicazione nella realtà).

Alla domanda se secondo lui l’Ucraina abbia iniziato a perdere la guerra con la Russia, ha dato una risposta brevissima, emessa con un tono piatto: No. Ma la domanda principale era stata certamente quella sulla data della fine del conflitto. Zelensky ha detto che nessuno la conosce, né i comandanti militari né i partner occidentali.

L’ingresso nella NATO di un “pezzo” di Ucraina

La domanda conseguente riguardava l’adesione di Kiev alla NATO, che ha apparentemente irritato Zelensky, che ha sottolineato come l’Ucraina non sia stata nemmeno ancora invitata a diventare un membro. Sono sciocchezze. Non abbiamo mai nemmeno ricevuto una tale proposta. In realtà sembrerebbe che una proposta simile sia arrivata, ma riferita non all’intera Ucraina, ma a quella parte del Paese ancora sotto la giurisdizione di Kiev.

Secondo il presidente sono “fantasie”, ma un articolo del celebre giornalista americano e premio Pulitzer Seymour Hersh parla di contatti importanti fra i vertici russi e quelli ucraini al fine di confermare il controllo di Mosca sulle regioni annesse e l’ammissione di Kiev all’Alleanza Atlantica a determinate condizioni. Hersh dice che queste trattative partono dal presupposto che le autorità ucraine vogliono mettere fine agli scontri il prima possibile per salvare i loro uomini dal tritacarne del fronte.

Una notizia del genere, qualora confermata, metterebbe Zelensky in gravissimo imbarazzo e nell’impossibilità di giustificare ai propri cittadini la sua insistenza nel continuare l’offensiva anche a costo di decine o centinaia di migliaia di soldati ucraini morti.

La formula della pace

Zelensky preferisce invece dire quanto sia favolosa e risolutiva la sua “formula della pace”, già presentata nei mesi scorsi, ma che finora non ha entusiasmato la comunità internazionale. Il piano contiene dieci punti, di cui cinque già pronti e gli altri ancora da sviluppare bene insieme agli alleati euroatlantici. L’obiettivo è coalugare intorno a questa “formula” il consenso di un largo numero di Paesi, per premere sulla Russia e farle accettare tutte le condizioni di Kiev; e infine suggellare la fine della guerra con una conferenza mondiale.

La mancanza di un appoggio sufficiente Zelensky ha potuto già constatarla lo scorso agosto al forum di Jeddah in Arabia Saudita, nel quale i rappresentanti degli Stati presenti hanno confermato le consuete formule di sostegno all’Ucraina, ma hanno pure convenuto di rimandare a un’altra volta la discussione del piano Zelensky. Soprattutto mancava la Russia e mancavano diversi Paesi il cui consenso sarebbe importante per dare vera consistenza a un’iniziativa di pace.

Così, Kiev e Washington hanno a loro volta ridimensionato l’importanza del summit presso l’opinione pubblica e lo hanno fatto passare per un ennessimo passaggio preparatorio verso la futura conferenza che siglerà la pace (e la vittoria).

Rapporti tesi coi comandi

Una domanda sui suoi rapporti col comandante in capo delle Forze armate ucraine, Valery Zaluzhny era inevitabile. Ma Zelensky non ha gradito: Perché dovrei venire in contro a qualcuno parlando di questo tema? Smentendo le voci di dissidi personali, ha aggiunto che col comandante ha un “rapporto di lavoro” che gli impone di chiedergli determinati risultati e dettagliate spiegazioni. Secondo il presidente è tutto qui: non c’è nulla su cui far ricamare i giornalisti.

Certo, non ha nemmeno espresso pieno appoggio al generale, dal quale dice di attendersi qualcosa di molto concreto sul campo di battaglia. Ma è tutto entro una normale ed equa relazione fra vertici di Stato: La strategia è chiara – abbiamo un’intesa sulle nostre azioni. Voglio vedere i dettagli. Credo sia corretto. Ma c’è ennesima crepa in questi rapporti così corretti: due settimane fa negli uffici di Zaluzhny sono state trovate delle “cimici” e i servizi segreti dello SBU hanno avviato un’inchiesta.

In casi del genere addossare la colpa ai russi sarebbe una via d’uscita comodissima, ma anche un’arma a doppio taglio, perché implicherebbe che il nemico è in grado di arrivare facilmente e materialmente alle alte stanze del potere. Quindi, se non sono stati i russi, chi sta spiando Zaluzhny? Quest’ultimo aveva ricevuto a novembre un rimbrotto da Zelensky per aver ammesso ciò che poi lo stesso presidente ha dovuto dire, e cioè che la controffensiva si è arenata e non ha sortito alcun effetto significativo, anzi si è trasformata in stallo.

Una mobilitazone impossibile

Zelensky è stato messo in crisi anche dalla richiesta dei comandi militari di mezzo milione di uomini per continuare la guerra. Avendo a più riprese promesso, annunciato e garantito la vittoria “totale”, ora il presidente non può tirarsi indietro. Da parte dell’esercito questa è una richiesta concreta e ragionevole, ammesso che a Kiev vogliano davvero allestire un qualche genere di operazione attiva il prossimo anno.

Certo, è pure qualcosa di totalmente folle se si considera la realtà di una popolazione ucraina stanca della guerra e desiderosa di tornare alla vita civile. Gli uomini cnon intendono andare in battaglia, ma cercano di scappare in Polonia o in altri Paesi UE per evitare la leva. Ma senza l’invio di forze fresche per tenere in piedi il fronte, a rischio rottura in diversi punti, non si farà nulla. Semplicemente oggi mancano i soldati e mancato pure i soldi.

Il pacchetto europeo di aiuti è stato bloccato dal premier ungherese e quello americano è ancora in bilico, congelato di fatto fino a dopo le feste. Dunque, per autorizzare una mobilitazione su larga scale come quella auspicata dai comandi militari, Zelensky dice di avere bisogno di più argomentazioni per approvare tale mossa.

D’altra parte, costituisce anche un’ottima scusa per non aver fatto molto per la vittoria perché “i militari chiedono troppo” e “i partner occidentali danno poco o nulla”. E così Ercolino-sempre-in-piedi trova il modo di restare al suo posto.

Vinciamo pure se perdiamo

Proseguendo sul tema dell’assistenza militare e finanziaria, Zelensky ha espresso fiducia nel fatto che alla fine il Congresso darà l’okay: Sono sicuro che gli USA non ci tradiranno. Il presidente ucraino non può mostrare incertezze di fronte al pubblico: un recente sondaggio certifica la discesa del suo indice di popolarità, mentre i “partner” occidentali tardano a fornire gli indispensabili aiuti.

Poi, nonostante abbia annullato le elezioni e cancellato l’opposizione partitica, gli arrivano pesanti frecciate dai suoi, che in modo più o meno esplicito lo accusano di essere un autocrate. Ma secondo lui, avendo difeso il territorio e impedito che venisse completamenteo occupato, e considerato che quest’anno i russi non sono praticamente avanzati, si può parlare comunque di “vittoria”! Comunque vada, per Zelensky l’Ucraina ha vinto, quindi lui ha vinto. Ecco la vera maestria attoriale di un professionista del rigirare le frittate.

Martin King
Martin King

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