La deludente visita di Zelensky in America: quali prospettive per il presidente ucraino?

La deludente visita di Zelensky in America: quali prospettive per il presidente ucraino?

17 Dicembre 2023 0

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato a Washington la settimana scorsa, ma il suo viaggio non sembra aver avuto gli effetti sperati. Quasi “scaricato” dal grande fratello americano e minacciato in patria da critiche crescenti, oggi gli rimangono poche opzioni. Non esattamente quelle che sognava a inizio mandato.

er lui un cambio di rotta sembra indispensabile, ammesso che voglia rimanere al comando fino alla fine, e avendo cancellato le elezioni, pare intenzionato a non cedere il passo.

A Washington per battere cassa

In America sapevano che Zelensky sarebbe venuto appositamente per tentare di convincere il Congresso a concedergli altri aiuti. Ha attraversato l’oceano per una breve visita tutta intesa a battere cassa, in particolare verso il Partito Repubblicano. Oltre all’ala trumpista, sono tanti i repubblicani che non nutrono più alcuna fiducia nel governo ucraino e vogliono deviare i fondi verso un altro punto caldo dello scacchiere mondiale, il Pacifico.

Dopo quasi due anni di ingenti finanziamenti a pioggia a Kiev rivelatisi completamente infruttuosi, è arrivato il momento di cambiare: concentrarsi sul contenimento del pericolo rappresentato da Pechino e rinforzare le difese di Taiwan. E senza dimenticare che c’è ancora Israele impegnato nell’operazione di Gaza e bisognoso dell’aiuto degli USA. Ma Zelensky, un po’ con aria decisa e un po’ col piattino in mano, chiede insistentemente la quota di 60 miliardi di dollari inizialmente previsti nel mega-pacchetto da 110 miliardi.

Il Dipartimento della Difesa lo ha avvertito che l’assistenza militare americana terminerà entro la fine dell’anno, se il Congresso non approva il progetto che comprende gli di aiuti militari per gli alleati dell’America e i fondi per il rafforzamento della sicurezza al confine col Messico.

Accoglienza fredda

In questo suo terzo viaggio ufficiale a Washington, l’accoglienza è stata fredda, incerta, ben diversa da quella trionfale riservatagli la volta prima. Se un anno fa teneva un discorso a tutto il Congresso parlando di “vittoria assoluta” e ricevendo applausi e ovazioni, oggi ha ottenuto solo la possibilità di un incontro a porte chiuse con i senatori, guidati dai rispettivi leader dei gruppi di partito, il democratico Chuck Schumer e il repubblicano Mitch McConnell.

Poi, oltre naturalmente al presidente Biden, Zelensky è riuscito parlare con il nuovo portavoce della Camera Mike Johnson. Ma non aveva a disposizione molti argomenti per costringere o convincere i Congressmen a votare come vorrebbe lui. Anzi, i Senatori repubblicani pensano già alla pausa natalizia e non certo ad accontentare l’ormai ex beniamino della stampa internazionale.

Nemmeno il suo intervento alla National Defense University, il centro statunitense per la formazione militare, ha avuto un grande impatto, sebbene sia stato introdotto dal segretario alla Difesa Lloyd Austin.

I rapporti incrinati con esercito e oligarchi

Volente o nolente, Zelensky sa che il suo prossimo corso politico è legato all’imminente campagna elettorale per le presidenziali americane. Agli elettori USA interessano di più i problemi interni che non un conflitto in stallo in un altro continente. E gli ucraini hanno poche prospettive di poter andare avanti nel conflitto da soli. Zelensky potrebbe allora risolversi ad accettare gli inviti che i leader occidentali stanno lanciando in modo implicito per chiedere un negoziato con Mosca o lasciare che altri inizino per lui le trattative coi russi.

E dovrà comunque rispondere ai vertici militari nazionali, coi quali si è dissolto il consenso su come proseguire l’azione. Il comandante in capo Valery Zaluzhny ha chiaramente detto che per adesso è impossibile andare avanti: mancano le condizioni giuste e soprattutto mancano gli uomini e i mezzi. Il presidente non l’ha presa bene, ma finché non riavrà l’appoggio dell’esercito non potrà attuare i suoi disegni.

Sta provando a riaverlo licenziando alcuni esponenti, ma la manovra sta dando l’effetto contrario di inimicarsi ancor di più i comandi. E per restare in sella, Zelensky dovrà avere anche l’appoggio degli oligarchi ucraini, Akhmetov in primis, e non è un’impresa scontata.

Popolarità in calo e critiche dagli altri politici

Zelensky deve fare i conti pure col tremendo calo di popolarità presso i cittadini. Secondo un sondaggio del britannico Economist, oggi poco più di un terzo degli ucraini approva il suo operato. A ciò si aggiunga lo sfiancamento derivante dalle critiche che attivisti ed esponenti politici gli riservano con sempre minor timore di censura o di punizioni.

Non è bastato annullare per via legale l’opposizione partitica, con il bando delle formazioni filo-russe o di quelle apertamente contrarie alla sua visione: adesso anche i “suoi” cominciano ad esprimere insoddisfazione e a chiedere cambiamenti. Il sindaco di Kiev Vitali Klitschko ha dichiarato che Zelensky sta pagando per gli errori commessi, fra cui il negare l’impreparazione delle Forze armate contro i russi e l’incacapità di condurre la controffensiva. Addirittura suggerisce che con le sue tendenze autocratiche e repressive il presidente costituisce un pericolo per la società ucraina.

Dubbi sull’effettiva esistenza della democrazia in Ucraina sono stati avanzati persino dal suo predecessore Petro Poroshenko, al quale recentemente le autorità hanno impedito di uscire dal Paese per recarsi in visita negli Stati Uniti. L’ex presidente e i suoi sostenitori lanciano accuse di “giustizia selettiva” e invitano i partner occidentali a non trascurare la “salute politica” dell’Ucraina, nella quale la democrazia e la protezione dei diritti sono a rischio, soprattutto considerando il rinvio sine die delle prossime elezioni.

E intanto cresce il gradimento popolare verso altre figure di spicco, viste come possibili successori alla presidenza: il generale Zaluzhny, il capo dell’intelligence Kyrylo Budanov, l’ex consigliere Oleksii Arestovych. Zelensky è quindi stato a Washington la settimana scorsa, ma il suo viaggio non sembra aver avuto gli effetti sperati: quasi scaricato dal grande fratello americano e minacciato in patria da critiche crescenti, oggi gli rimangono poche opzioni, non esattamente quelle che sognava a inizio mandato. Per lui un cambio di rotta sembra indispensabile.

Martin King
Martin King

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