Lo Zimbabwe vieta l’export di litio grezzo: come reagiranno le multinazionali?
Dall’Africa arriva uno scossone al mercato mondiale delle materie prime, litio in particolare. Detto anche “petrolio bianco”, il litio è indispensabile per la fabbricazione delle batterie delle auto elettriche. Con la legge denominata Base Minerals Export Controls Act del 21 dicembre, lo Zimbabwe ha deciso di vietare le esportazioni di litio grezzo.
Divieto di esportazione: effetti a breve termine
Questo Paese dell’Africa meridionale è attualmente al sesto posto nella relativa classifica mondiale dei produttori, dietro ad Australia, Cile, Cina, Argentina e Brasile e davanti a Portogallo e USA. Si ritiene però che esso contegna le più grandi riserve ancora inesplorate del Continente Nero. L’obiettivo del governo di Harare è contrastare l’estrazione artigianale e la vendita illegale del prezioso materiale, elevandone al tempo stesso il valore e quindi pure le entrate per le casse statali.
Lo Zimbabwe è un Paese povero, ma la Mo Ibrahim Foundation lo ha inserito fra i primi cinque in Africa per livello di riforme politiche e socio-economiche, e l’obiettivo dell’esecutivo è portarlo a un reddito medio-alto entro il 2030. Nel breve termine la conseguenza sarà il fallimento delle aziende che hanno preso in prestito milioni di dollari per inserirsi nella corsa africana al litio.
Emirati Arabi e Sudafrica sono i due maggiori clienti dei minatori artigianali e dei rivenditori che agivano fuori dal controllo statale. Harare ha dichiarato di aver perso qualcosa come 1,8 miliardi di dollari a causa del traffico illegale verso questi due Paesi. Tuttavia, ora i diritti di estrazione della miniera di Sandawana sono passati interamente alla Zimbabwe Miners Federation (ZMF).
Divieto di esportazione: obiettivi a lungo termine
La nuova legge guarda comunque al lungo termine: lo scopo è costringere i grandi rivenditori stranieri, che sono soprattutto cinesi, a costruire gli impianti di lavorazione del litio direttamente sul territorio dello Zimbabwe, portando così nel Paese investimenti e nuovi posti di lavoro. L’ambizione è quella di far sì che le multinazionali occidentali vengano in Africa non soltanto per prendersi la materia prima, ma per mettervi le fabbriche che assemblano le batterie al litio. Si potrebbe così ribaltare la situazione di soggiogamento alle grandi compagnie multinazionali e di perdita continua dovuta alle sanzioni degli ultimi vent’anni imposte da Washington.
Due imprese cinesi si erano già organizzate in questo senso e stanno già costruendo i loro impianti di lavorazione. La Zhejiang Huayou Cobalt ha acquistato lo scorso anno dall’australiana Prospect Resources i diritti sulla miniera Arcadia, non lontano dalla capitale, e vi sta investendo capitali per 300 milioni di dollari. La Chengxin Lithium Group sempre nel 2022 ha investito 77 milioni di dollari nella miniera ancora in gran parte inesplorata di Sabi Star, nell’est del Paese. Dall’Africa arriva quindi uno scossone al mercato mondiale delle materie prime, in particolare sul “petrolio bianco” indispensabile per le batterie della auto elettriche.
Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana. Dal 2015 conduce conduce su youtube video-rassegne sulla cultura e la società russa.