Intervista a Guy Masieta, segretario della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo

Intervista a Guy Masieta, segretario della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo

1 Marzo 2025 0

Dopo trent’anni di conflitti, la Repubblica Democratica del Congo è ancora nel caos. I territori ad Est del Paese rimangono ostaggio di milizie paramilitari, in guerra con le autorità centrali per il controllo del territorio. Una vasta area ricchissima di minerali e metalli preziosi, come oro, stagno e cobalto, un componente base dei telefoni cellulari, che alimentano gli appetiti delle fazioni armate locali e dei Paesi stranieri.

L’M23

A farla da padrone, il Movimento del 23 Marzo (M23), un gruppo che ha coalizzato i ribelli di etnia Tutsi, trasformando la regione nella sua roccaforte. La situazione è diventata incandescente già da gennaio, con l’avanzata dei miliziani nelle province del Nord e del Sud Kivu, al confine con il Ruanda. Il Paese del presidente Paul Kagame, in carica senza soluzione di continuità dal 2000, è accusato dal governo congolese di fornire aiuti militari alle forze ribelli. Tanto che, il 21 febbraio scorso, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato una risoluzione presentata dalla Francia, in cui si chiede che «l’offensiva portata avanti dall’M23, supportato dal Ruanda deve essere fermata».

Sostegno militare contro cui aveva puntato il dito anche Human Rights Watch (Hrw), in un rapporto del giugno 2023. «L’esercito ruandese ha schierato truppe nel Congo orientale per fornire supporto militare diretto all’M23- scrive l’Ong in difesa dei diritti umani- aiutandolo ad espandere il controllo su Rutshuru e sui territori limitrofi di Masisi». A farne le spese, la popolazione civile. Spiega Clémentine de Montjoye, ricercatrice per l’Africa di Hrw:

Gli omicidi e gli stupri incessanti dell’M23 sono rafforzati dal supporto militare che i comandanti ruandesi forniscono al gruppo armato ribelle. Sia il Congo che il Ruanda hanno l’obbligo di ritenere responsabili i comandanti dell’M23 per i loro crimini, insieme a tutti i funzionari ruandesi che li sostengono.

Quasi tremila persone uccise

A distanza di due anni, le forze dell’M23 hanno conquistato fette di terreno, occupando le principali città di Goma e Bukavu.  Oltre 2.900 persone sono state uccise e molte altre sono state sfollate, anche nei paesi confinanti come il Burundi. «La risoluzione condanna fermamente tutti gli attacchi diretti contro i civili e le infrastrutture, compresi il personale Onu, umanitario e medico», si legge in un nota delle Nazioni Unite. Che denuncia livelli di brutalità senza precedenti nella Repubblica Democratica del Congo, «con esecuzioni sommarie, mutilazioni, violenze sessuali e di genere, tratta di esseri umani e reclutamento di bambini».

Dal Palazzo di Vetro, la richiesta rivolta a tutte le parti in campo di consentire e facilitare l’accesso umanitario, immediato e senza ostacoli a tutte le persone bisognose, oltre al ripristino dei servizi di base, dall’assistenza sanitaria, all’acqua, elettricità e alle comunicazioni.

L’opinion del segretario della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo

Abbiamo chiesto a padre Guy Masieta, segretario della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco), che si trova nella capitale Kinshasa, qual è la situazione generale del Paese.

Si vive ancora in un ambiente segnato dalla guerra, che l’M23 e i suoi alleati ruandesi stanno conducendo nella parte orientale della Repubblica.  Le città di Goma e Bukavu sono ormai sotto il controllo dei ribelli.  In questa regione, la popolazione sta affrontando diverse calamità, uccisioni, sfollamenti. In molti sono fuggiti per cercare rifugio nei Paesi vicini.  La situazione umanitaria è grave. Alla popolazione manca tutto. I vescovi di Goma e Bukavu hanno lanciato un Sos alle agenzie umanitarie.  Qui a Kinshasa, le autorità stanno tenendo una serie di incontri diplomatici per porre fine agli scontri, che per il momento sono cessati. La popolazione è traumatizzata.

Quali sono le ragioni che hanno portato all’escalation degli scontri?

Le ragioni di questa guerra sono complesse al di là delle dichiarazioni di superficie.  L’M23 accusa le autorità di Kinshasa di non rispettare gli accordi sottoscritti, di malgoverno, di sostegno alle Fdlr (le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda, il principale gruppo residuo di ribelli ruandesi aderenti alla dottrina razzista dell’Hutu Power, ndr). Il governo, da parte sua, accusa i ribelli di voler conquistare l’Est del Paese per sfruttarne le materie prime con l’appoggio del Ruanda.

Lo scorso Natale, i vescovi della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco) hanno lanciato un messaggio in favore del patto sociale per la pace e la coesistenza nella Repubblica Democratica del Congo e nella regione dei Grandi Laghi. La comunità internazionale ha risposto al vostro appello?

Per quanto riguarda il Patto sociale per la pace e la convivenza, avviato dalla Cenco e dall’Ecc (la Chiesa di Cristo in Congo, un’unione di diverse confessioni cristiane protestanti ed evangeliche, ndr), riteniamo che molte strutture sostengano l’idea di porre fine al conflitto ancora in corso attraverso un dialogo aperto. Riteniamo che la comunità internazionale accolga con favore l’iniziativa che è già in fase di consultazione della Cenco e dell’Ecc,

Qual è la situazione dei cristiani nel Paese in questo momento, soprattutto nelle zone colpite dai combattimenti e in quelle occupate dai ribelli?

La guerra nelle aree orientali sta avendo ripercussioni su tutta la popolazione, compresi i cristiani.  Essi vivono questa situazione nella preghiera e nella speranza.  Siamo in un anno giubilare, che è foriero di speranza.  I vescovi di questa regione moltiplicano le esortazioni ai fedeli e alle persone di buona volontà a mantenere viva la speranza, a non ricambiare il male con il male e a coltivare la carità verso chi è in difficoltà.

Marina Pupella
MarinaPupella

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