La Germania: Punctum dolens di Benedetto XVI (e non solo). Pars I

La Germania: Punctum dolens di Benedetto XVI (e non solo). Pars I

20 Febbraio 2023 0

“Da parte mia, in vita, non voglio più pubblicare nulla. La furia dei circoli a me contrari in Germania è talmente forte che l’approvazione di ogni mia parola subito provoca da parte loro un vociare assassino. Voglio risparmiare questo a me stesso e alla cristianità”. Il 13 gennaio di due anni fa, Benedetto XVI scriveva ciò a Elio Guerriero, autore di una biografia in italiano dedicata allo stesso, e da questi conosciuto e stimato per la sua competenza teologica.

Il Papa emerito si diceva disposto a sistemare gli scritti su cui aveva meditato negli anni del ritiro, immerso tra i suoi libri nei Giardini vaticani. Però chiariva che nulla sarebbe dovuto andare in libreria prima della sua morte. Lo mise nero su bianco in modo inderogabile, firmando la prefazione a Che cos’è il cristianesimo (Mondadori, 2023), il 1° maggio del 2022.

Gli anni del ritiro presso il Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano sono stati costellati da diverse riflessioni rivolte al suo Paese d’origine, motivo di dolore non solo per lui, ma anche per il successore Francesco e la Chiesa intera; e questo ha una causa: il modernismo dilagante e il sinodo tedesco (2021-2024), il quale dapprima doveva avere durata biennale, però, di fatto, si sta trasformando in permanente o semi permanente, e in un organismo ribelle nei confronti del Vaticano.

Difatti, le autorità vaticane – Papa in primis – sono più volte intervenute allo scopo di affermare che quel che stabilisce il “cammino sinodale tedesco” non è valido e che di certo i suoi “consigli sinodali” non possono affidare ai laici i compiti spettanti alla conferenza episcopale tedesca.

Il sinodo tedesco

Papa Francesco, in un’intervista concessa ad Associated Press, lo scorso 25 gennaio, ha giudicato quel che sta accadendo in Germania come un fatto che “non è utile e non aiuta. Il dialogo va bene, ma non è un Sinodo, non è una vera e propria via sinodale. Lo è solo di nome, ma è guidato da un’élite e il Popolo di Dio non è coinvolto”.

Dalla Germania hanno replicato con ringraziamenti rituali ma confermando che si andrà avanti così come stabilito, nonostante il tentativo ormai dichiarato di Roma di far confluire – diluire, si potrebbe dire senza il rischio di sbagliare – le istanze locali nel grande Sinodo che si celebrerà tra la fine di quest’anno e il prossimo all’ombra di San Pietro. Ma la gerarchia della chiesa tedesca è compatta; sebbene abbia ringraziato per queste parole, non ha ceduto di un millimetro.

La resistenza bavarese

A dare un barlume di speranza, attraverso una sana resistenza, vi sono 5 vescovi quasi tutti titolari di diocesi bavaresi, capitanati dal cardinale Rainer Maria Woelki, arcivescovo di Colonia, vere pietre d’inciampo dei progressisti tedeschi, perché si stanno rifiutando di avallare una chiesa meno cattolica, cogestita a livello orizzontale, senza più piramidi con al vertice poche figure chiamate a dare la linea.

Progetti che di nuovo han ben poco, se consideriamo l’intera storia della Chiesa; si pensi – per non andare troppo in là nel tempo – che già nel 1994 il movimento Wir sind Kirche (Noi siamo Chiesa) aveva sollevato esattamente le stesse questioni dell’attuale sinodo, suscitando l’interesse dei cattolici progressisti in tutto il mondo. Furono raccolte due milioni e mezzo di firme sotto una petizione consegnata nel 1997 a Giovanni Paolo II, il quale ordinò di non dare alcun peso a questo documento, né ai suoi firmatari.

E nel 2010, il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga (lo è dal 2007), ribadì le stesse istanze intervenendo alla chiusura del Kirchentag ecumenico, un evento organizzato dall’Assemblea della chiesa evangelica tedesca, di fronte alle massime autorità civili ed ecclesiastiche della Germania. In quella piovosa mattina di domenica 16 maggio venne pronunciata più volte e in una perfetta sintonia ecumenica la parola Umbruch, termine difficile da rendere in italiano, ma che grossomodo significa “rottura” con la tradizione della Chiesa.

La Lettera del Santo Padre Francesco al popolo di Dio che è in cammino in Germania

Molto probabilmente il Romano Pontefice dev’essersi un po’ pentito della lettera inviata al popolo cattolico tedesco (“Lettera del Santo Padre Francesco al popolo di Dio che è in cammino in Germania“) il 29 giugno 2019, in cui certamente critica alcuni aspetti del processo che era allora agli inizi, ma la sua critica si trasforma in incoraggiamento in altri punti. E anche dei punti 32 e 33 del paragrafo del II capitolo di Evangelii gaudium (2013), in cui il Papa regnante ha demandato alle chiese locali l’autorità sia in campo dottrinale che in campo pastorale. Lettera ed esortazione che i progressisti tedeschi stanno sfruttando a proprio vantaggio. Non è un caso che Francesco abbia asserito, nel viaggio di ritorno dal Bahrein (6 novembre 2022), con una bordata a loro rivolta: «Non serve un’altra chiesa protestante». [segue]

 

Daniele Barale
Daniele Barale

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