Il collasso della civiltà occidentale-atlantica: la crisi Usa e la minaccia dei Brics

Il collasso della civiltà occidentale-atlantica: la crisi Usa e la minaccia dei Brics

2 Settembre 2024 0

Con il termine di civiltà occidentale si intende, a seconda dei periodi storici, la civiltà relativa ad un’area geografica e culturale comprendente grosso modo l’Europa e, in senso più esteso, tutti quei Paesi Europei ed extraeuropei che presentano tratti culturali, economici, commerciali o politici comuni, riconducibili al mondo e soprattutto ai principi filosofici del mondo graco-romano-cristiano-rinascimentale -illuministico.

Si può dire che la nascita del senso di “Occidente” è determinata dalla contrapposizione con l’Oriente, già con Erotodo che evidenzia, per la prima volta nella letteratura storica antica, a proposito delle guerre degli antichi greci contro l’impero persiano, l’immagine di un “Oriente schiavo” contrapposto ai valori di libertà occidentali dei quali la Grecia si ritiene portatrice e che hanno trovato nelle rivoluzioni europee ed americane i valori portanti della libertà e dell’uguaglianza.

Una contrapposizione in continua evoluzione

Storicamente la contrapposizione andò evolvendosi. Rispetto ad un oriente variamente definito e frammentato, il mondo occidentale e la sua civiltà andarono progressivamente trovando una loro coerenza nei valori fondanti che venivano progressivamente definiti.

Oggi si può definire l’Occidente come la sfera geopolitica in cui maggiormente marcata è l’influenza politica, militare e strategica degli Stati Uniti. Una influenza che ritiene l’appartenenza dell’Europa al campo occidentale giustificabile principalmente su questi presupposti e non su un saldo retroterra culturale. In questo senso sarebbe più corretto parlare di civiltà occidentale-atlantica per il ruolo dominante degli Usa. “Occidentali” sotto il profilo geopolitico ma non storico, culturale e ideologico sarebbero, in questo contesto, Paesi come Turchia, Ungheria e Germania.

Il modello culturale “atlantico”

In questo senso il modello culturale “atlantico” per la connessione tra Europa e gli Stati uniti si è andato uniformando ai valori ed allo sviluppo sempre più egemonico degli stessi Stati Uniti. I quali hanno visto come strategia di dominanza solo quella bellica funzionale ad un’economia in gran parte fondata sulla stessa industria che rappresenta il 50% delle spese globali in armi la cui lobby è dominante nella politica americana.

Lo stesso Dwight Eisenhower, nel discorso del suo commiato dopo 8 anni di presidenza, rivolgendosi al popolo il 17.1.61 , disse:

Nel governo dobbiamo stare in guardia contro le richieste non giustificate dalla realtà del complesso industriale militare. Esiste e persisterà il pericolo della sua disastrosa influenza progressiva. Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione metta in pericolo la nostra democrazia

Lo spartiacque

Con la caduta del muro di Berlino il modello vincente degli Usa ha trovato conferma nei fatti contribuendo a creare un mondo unipolare che ha trovato la sua massima affermazione alla fine del secolo scorso portando molti a pronunciarsi sul nuovo secolo come quello americano.

Oggi a distanza di poco più di due decenni vediamo come la curva di crescita del modello americano stia prendendo un andamento fortemente discendente. Come peraltro succede nella storia a tutte le civiltà che nel tempo sono cresciute, hanno raggiunto il punto di massimo, per poi procedere più rapidamente alla loro fine con un collasso sociale.

Nel caso nostro, un collasso determinato da una disuguaglianza che non ha precedenti nella storia dell’uomo e diventa antagonista e contraria a quei principi universali a cui l’Occidente aveva basato le sue fondamenta.

La Storia

La “Storia” si ripete sempre non in modo meccanicistico ma con le stesse dinamiche sociali ed economiche che si ripropongono. E sono un indicatore della progressive condizioni di collasso delle Civiltà che saltano sempre solo per due motivi: la guerra e la disuguaglianza .

Il modello culturale che si è formato è di tipo fortemente materialista che afferma un individualismo senza scrupoli morali ben lontano dal bene comune ma volto alla massimizzazzione dell’interesse personale espresso dalla quantità finanziaria di cui può disporre. Per questo motivo la crisi attuale è sempre, erroneamente, definita come economica perchè il fine è sempre e solo quello economico ed ora siamo a raccogliere i cocci della nostra dabbenaggine.

Il momento Minsky

In economia/finanza il punto di rottura di un equilibrio economico-finanziario  viene indicato come momento Minsky. Dal nome del grande economista che aveva analizzato i cicli economici e finanziari, in cui la repentina instabilità si verifica perché, in lunghi periodi di prosperità costante, gli alti guadagni sugli investimenti inducono tipicamente una percezione ridotta del rischio complessivo di mercato, la quale promuove l’indebitamento con il rischio di leva finanziaria dell’investimento nel denaro preso in prestito anziché in liquidità.

Il finanziamento tramite leva finanziaria sul debito generato da investimenti speculativi espone gli investitori a una potenziale crisi del flusso di cassa. Crisi che potrebbe iniziare con un breve periodo di prezzi delle attività in lieve calo e recessione delle vendite. Le perdite su tali attività speculative inducono i finanziatori a ricorrere ai loro prestiti ed in molti casi al collasso preparato in modo ignavio per la supponenza e la mancanza di pensiero creativo.

La modalità crescita e decadenza

Allo stesso modo e seguendo le stesse modalità di crescita e decadenza si può riproporre il modello dal punto di vista storico-culturale. Dopo avere raggiunto l’apice ed avere interiorizzato sentimenti di dominio, di supremazia invincibile, di arroganza e di miopia storica e culturale, nell’idea che la storia si fosse fermata allo zenit e con la convinzione suicida che quello stato di dominio non dovesse mai finire, l’Occidente si avvia verso il collasso.

Un collasso reso più rapido dalla crescita di un mondo contrapposto che si è evoluto e che trova nei Brics la sua massima espressione. I Brics rappresentano quasi il 40% del pil globale, superiore a quello del G7, e stanno proponendo un nuovo sistema di pagamento non fondato sul dollaro e contrario al sistema Swift. L’adesione a questo sistema può contare su 159 paesi su 193 , ed è l’occidente a rischiare e non la Russia.

Il punto di rottura

Curiosamente i BRICS si formano propio nel 2001 lo stesso anno delle torri gemelle. Anche nella storia delle civiltà esiste un punto di rottura. Dopo un lungo tempo di dominanza ad esempio come nell’Impero romano gli equilibri saltano ed il collasso avviene molto rapidamente.

I fattori determinati le condizioni di collasso, nel caso attuale dell’Occidente, sono da attribuirsi ad una mancanza di visione politica degli Usa che sono nei fatti la guida del modello occidentale-atlantico. Una guida sempre orientata ad una strategia di guerra ed incapace di proporre modelli integrativi per i nuovi paesi sottomessi in grado di accettare culture diverse ma imponendo sempre la sua come modello e sistema di regole. Un sistema che peraltro non regge neppure in patria e si sta frantumando. Ben diverso era stato il modello di colonizzazione dei Romani che rispettando le tradizioni locali hanno costruito il più grande impero della storia.

La finanziarizzazione dell’economia reale

La seconda causa del disastro sociale è stata la finanziarizzazione dell’economia reale quando nel 1971 Richard Nixon cancellò la regola che aveva tenuto insieme il mondo occidentale cancellando il sistema del  gold exchange standard. Un sistema che prevedeva che la stampa di nuova carta moneta fosse legata ad una determinata quantità di oro.

Sono saltati tutti gli equilibri che avevano sostenuto il boom economico e cancellato l’american dream. La finanza in mano a pochi ha preso un potere che determina la politica di aggressione verso i singoli e verso gli stati occidentali che, seguendo i dettami delle finanza infinita, sono arrivati ad un indebitamento che sembra non risolvibile senza manovre straordinarie che incidano sulla sostenibilità sociale.

Il pericolo dell’aumento delle povertà

In questo modo sono aumentate le povertà, specie quella della classe media. Una situazione paradossale visto che proprio la classe media è il sistema portante delle società da sempre, come peraltro aveva intuito già Aristotele il quale esaltava la giustizia e l’etica che si realizzano quando non ci sono grandi differenze nella società.

La presenza nella società di troppo poveri e di troppo ricchi è indice di un sistema non sano e squilibrato che finisce per creare violenze e rivoluzioni. Aristotele ci fa capire che quando la classe media è robusta è più facile che fiorisca la democrazia. Quando invece la classe media è debole tende a prevalere l’oligarchia. L’oligarchia è portatrice di conflitti tra gli oligarchi stessi e tra gli oligarchi e il popolo ma oggi la mancanza di cultura non consente di leggere e capire la storia e così ci troviamo di fronte agli eterni problemi che fanno collassare le società.

Una Europa non capace di dialogare

Il problema della civiltà occidentale-atlantica è stata la mancanza di un dialogo tra il modo di vivere e di pensare degli Usa e quello degli europei. In questo modo l’Europa, essendo priva di leader, ha assunto un atteggiamento di suicida sudditanza nei confronti del socio di maggioranza dell’aggregazione Usa-Europa.

La dimostrazione più evidente è data dal coinvolgimento dell’Europa nella guerra in Ucraina funzionale sì agli Usa ma disfunzionale all’Europa e che ne ha subito i danni ed i maggiori costi. Una guerra per procura accesa dopo anni di provocazioni in Ucraina verso il mondo russofono fino a fare accendere la miccia dell’invasione russa.

Il ruolo statunitense nel conflitto russo-ucraino

I neocon americani, Robert Kagan e la moglie Victoria Nuland, sono sempre stati tra gli ispiratori delle guerre americane ed in particolare la Nuland, nominata da Obama nel settembre del 2013 come responsabile dei rapporti con l’est ha promosso le rivolte di Maidan e la rimozionne del presidente Yanukovic, regolarmente eletto, per fare posto ad un presidente dipendente agli ordini Usa.

Una azione funzionale insomma a provocare la Russi per indurla alla guerra, come peraltro è poi è accaduto. Ora siamo ancora qui condannati a pensare che l’Ucraina possa vincere, bruciandosi totalmente per un modello di crescita degli Usa che sta fallendo.

Come si analizza un collasso di civiltà?

L’analisi del collasso di una civiltà può essere rappresentata in una sorta di modello di dimostrazione quantitativa, tramite grafici, delle varie fasi che si incontrano alla progressiva caduta del modello culturale in discussione.

Principalmente la superiorità militare e politica genera un sentimento di euforia, privo però della prudenza necessaria per affrontare un mondo che cambia. L’assunzione di rischi crescenti viene spesso sottovalutato, con la presunzione che nulla possa contrastare il potere dominante che invece solitamente già comincia ad incrinarsi per la mancanza di cultura e conoscenza della Storia.

Questa mancanza di lucidità nel capire le sfide del mondo nuovo spiega il crollo e la disintegrazione delle civiltà occidentale quando nelle élites che governano viene meno la creatività in grado di rispondere in modo nuovo alle nuove sfide portate dalla dinamica esterna. Il caso dell’Ucraina ne è la manifestazione più drammatica: l’assoluta mancanza di creatività nel risolvere il problema o peggio la supponenza di pensare di risolverlo allo stesso modo con cui è stato creato.

La perdita di contatto con la realtà

Le élites al governo perdono il contatto con la società. La disuguaglianza, la povertà, la disoccupazione o sottoccupazione, la crescita del debito pubblico e la crescita troppo debole del Pil peggiorano sempre più creando una crescente conflittualità espressa da morti per armi da fuoco. Insomma un crescente imprigionamento che portata ad un aumento della violenza anche da parte della polizia, ad una esplosione del disagio giovanile, l’uso sempre più largo di droghe per i giovani, l’obesità (il 60% dei giovani americani sono inidonei al servizio militare per usa di droga e per precedenti penali).

Tutti questi sono campanelli d’allarme evidenti e si potrebbe continuare nell’elenco dei drammi sociali che peggiorando, di giorno in giorno, avvicinano il collasso sociale. Il sistema rimane come congelato, incapace di agire per risolvere il problemi fino a quando possa comparire una scintilla che faccia da detonatore del fuoco che sotto sta divampando.

Proviamo a tradurre queste considerazioni osservando l’evoluzione degli Usa ed i grafici che rappresentato il rischio di collasso e di come arrivare la punto di non ritorno che, immodestamente, oso definire “momento Pezzani“.

La crisi Usa

Per capire il collasso della civiltà occidentale-atlantica è necessario capaire il suo andamento nella nazione guida che condiziona tutti gli altri paesi incapaci di avere una loro autonomia di pensiero e politico.

Gli Usa hanno raggiunto il loro massimo come civiltà alla fine del secolo scorso, a seguito della caduta del muro di Berlino che, come detto, li ha innalzati a paese dominante nel mondo. Un nuovo secolo che doveva essere il Secolo della Pace inizia invece con le guerre in Medio Oriente, a seguito del discusso attentato alle torri gemelle l’11 settembre 2001. Tutti conflitti nati grazie al sostegno della comunità internazionale sottomessa a informazioni manipolate. Anche di fronte alle prove di questa arroganza si è verificata una generale sottomissione al potere degli Usa.

La macchina della guerra

Le guerre sono state un disastro sia per gli occupati che per gli occupanti ma intanto la macchina da guerra economica macinava utili. Questa protervia intellettuale ha spianato la strada alla finanza razionale che, secondo la loro narrazione non sbaglia mai, ed ha investito i mercati con un vento di rapina inarrestabile. Una rapina perpetrata anche verso gli altri paesi che hanno cominciato ad indebitarsi senza nemmeno rendersi conto dei problemi che ne sarebbero derivati.

La crisi finanziaria del 2008 con Lemhan è stato il segnale della fine di una politica finanziaria suicida che ha contribuito ad erodere i valori che tenevano ancora un pò incollata la società. Hanno cominciato ad erodere il sistema sociale creando maggiore disuguaglianza, più povertà, una disoccupazione esplosiva. Per evitare iil disastro della rabbia e del rancore che covava sempre più si è accresciuto via via il ruolo della polizia.

La morsa del vincitore infinito era arrivato al termine ed iniziava, dopo averla innestata, la crisi sociale di una società che si trova ora a decidere tra anti-candidati tra cui è difficile scegliere ma che rappresentato, loro malgrado, il conflitto tra due sistemi di potere di cui sono prigionieri. Un sistema sociale incapace di pensare in un modo diverso, di adattarsi ad un mondo cha sta andando verso un multipolarismo inarrestabile. Un sistema che dovrebbe cercare di convivere con questo modello e non combatterlo.

Le evidenze della crisi

Il degrado degli Stati Uniti lo osserviamo in modo plastico nella crescita del debito pubblico verso dimensioni non più tollerabili e che mette a rischio la sottoscrizione di nuovo Treasury Bond.

Come si può vedere da queste tabelle la crescita del debito pubblico è stata inarrestabile e si può confrontare con la stessa situazione del 1946, alla fine della Seconda Guerra Mondiale in cui il paese si indebitò per sostenere una lunga guerra ma dopo ci fu il boom economico accompagnato da un alto capitale sociale che teneva uniti gli Usa nel bene comune.

La tassazione era elevata sui redditi più alti, arrivava al 70% senza nessuna protesta, ed i salari dei dirigenti erano quattro volte quella degli operai. Così si costruì uno stato forte e coeso, con una basso livello di disuguaglianza ed un’azione di ricostruzione solida come si vede dal grafico il cui il rapporto tra debito e Pil era sotto il 31%. Oggi il rapporto debito/Pil è di nuovo molto alto perchè il debito cresce e raggiunge i 36.000mld/$. Continua a crescere a causa di continue nuove emissioni di carta moneta e per gli interessi sul debito stesso. Il Pil quindi arranca, sempre più debole, e si colloca sui 21.000 mld/$ quasi la metà del debito. Entrambe le misure crescono con differenti velocità con il debito che cresce più velocemente del Pil.

Le differenze con il passato

Come si può vedere nei grafici seguenti il pil cresceva e consentiva di tenere sotto controllo il debito pubblico, mentre ora arranca perchè la finanziarizzazione dell’economia reale ha fatto portare il lavoro manifatturiero in Cina. Si è andati verso ad un’economia di servizi: una scelta da cui è difficile tornare indietro. Questa condizione ha creato disoccupazione, disuguaglianza e povertà specie nelle aree dove erano presenti maggiori strutture produttive come Detroit.

Le disuguaglianze hanno cominciato a separare i troppo ricchi dai troppo poveri. Con il modello finanziario che ha generato la maggiore disuguaglianza della storia come si può vedere dal seguente grafico:

Si è creata così una disuguaglianza che sta frantumando la società. La disparità dei salari tra dirigenti ed operai è diventata abissale e crea ostilità e malcontento. Così si distrugge il bene comune. Ed ognuno pensa per sè. Si crea una crescente avversione verso il sistema che si vede corrotto. Una situazione dove non è secondario il ruolo svolto dai media che manipolano sistematicamente i fatti, spesso privilegiando in modo evidente chi è al potere.

Possiamo osservare alcuni grafici che mostrano, in modo evidente, le patologie sociali associate alla disuguaglianza:

Curiosamente al crescere del debito diminuiscono le nascite. E questa tendenza si manifesta puntualmente nella storia in presenza di una crisi economica:

Come si può vedere nel sottostante grafico, la crescita del Pil si dimostra debole e legata sopratutto ai servizi e non alla manifattura che si è progressivamente indebolita, specie nelle fattorie e nel mondo agricolo in confronto con altri paesi:

Non solo disoccupazione ma anche cattiva occupazione

L’andamento della disoccupazione ha andamenti alterni per via del lavoro irregolare dovuto ai migranti. Non solo però per quest’ultima ragione ma anche a causa del fatto del basso costo che questi ultimi hanno. Spesso l’indicatore della disoccupazione è frutto di sistematiche manipolazioni contabili e la recente comunicazione del Ministero del Lavoro ha sbagliato di 800.000 unità lavorative (calcolate in più mentre il realtà erano in meno) la reale situazione.

La conseguenza di questa congiuntura occupazione è che diminuisce la classe media che dovrebbe rappresentare l’architrave della società come suggeriva già Aristotele. La concentrazione della ricchezza ed il mantra del massimo profitto personale ha alimentato una sorta di inferno sociale con ostilità ed invidie ma sopratutto ha alimentato un moral hazard senza limiti.

Come vediamo nei grafici sottostanti possiamo notare l’involuzione della classe media, altro importante indicatore che testimonia lo stato di salute del sistema sociale.

L’incremento delle morti violente

Un altro indicatore dei disagio sociale e della disgregazione di una civiltà è la crescita di morti per arma da fuoco o per violenza fisica come si vede nel grafico sottostante:

In conclusione si può osservare come la dinamica sociale, politica ed economica negativa degli Usa si rifletta poi sui paesi europei. Si tratta di una debolezza strutturale con patologie sociali in progressiva esplosione che difficilmente potrà essere risolta. Farlo comporterebbe infatti un incremento della spesa pubblica e del correlato debito che non può essere usato per interventi migliorativi del disastrato sistema sociale.

Gli Usa hanno valicato ormai il momento critico (Pezzani moment) di avvio verso il discensore sociale. Quali possibili evoluzioni questa dinamica possa produrre passa per una profonda crisi di coscienza delle élites al potere che almeno per ora non sembrano colpite dal problema. Sarà quindi la Storia a darci una risposta speriamo non tragica se sia ancora possibile una soluzione.

Una Europa al rimorchio

Quale possa essere il destino di un’Europa suddita in modo suicida degli Usa, con una Presidente come la Ursula Von Der Leyen che rappresenta il passato ma che ha mostrato di non avere nè la capacità nè la cultura per affrontare in modo creativo un mondo che si sta rinnovando non è dato saperlo. L’Europa dovrebbe invocare una sua autonomia rispetto agli Usa e dimostrare una indipendenza che al momento non ha nelle sue élites. Il problema sta proprio tutto qua: i leader europei sono privi di carisma e sono soffocati da una tragica incapacità di ricoprire quel ruolo innovatore che la storia sta richiedendo al loro.

La minaccia dei BRICS

Il Brics è un raggruppamento delle economie mondiali emergenti. L’acronimo comprende il Brasile, la Russia, l’India, la Cina ed il Sudafrica. Quest’ultimo aggregatosi agli altri nel 2010. Questi paesi rappresentano l’economia emergente ed antagonista di quella dei paesi occidentali. Nell’ultima riunione dei Brics in Sudafrica si sono aggiunti a partire dal 2024 ed entreranno a fare parte dell’unione l’Arabia Saudita, l’Argentina, l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, l’Etiopia e l’Iran.

All’Unione vi è già una fila di paesi richiedenti l’ammissione che può portare il gruppo ad un numero di abitanti vicino ai 5 miliardi, una cifra che rappresenterebbe quasi il 60% del totale degli 8 miliardi di abitanti del pianeta. Il tutto mentre il G7 rappresenta circa 1 miliardo e 200 milioni di persone, cioè solo il 12%  del totale rispetto agli 8 miliardi che abitano il pianeta.

I Brics allargati hanno un pil che si avvicina al 35% del pil globale mentre il G7 ha il 30% dello stesso pil; da notare che il sorpasso si è realizzato in un tempo relativamente breve a dimostrazione della velocità del processo di aggregazione dei Brics.

La creazione della Nuova Banca di Sviluppo

Nel novembre del 2010 il Fondo Monetario Internazionale ha incluso i paesi del Brics tra i dieci maggiori azionisti del fondo stesso. A seguito però della mancata ripartizione delle quote, giacente presso il Congresso degli Stati Uniti, questi ultimi hanno dato vita ad una propria strutturazione finanziaria autonoma, la Nuova Banca di Sviluppo, alternativa al FMI. Una scelta consumata durante il loro vertice del 2014 a Fortaleza con la finalità di diventare indipendenti dal punto di vista delle transazioni finanziarie.

La crescita del gruppo di queste economie come sempre all’inizio è stato lento e poco incisivo, per poi prendere rapidamente spazio fra i restanti paesi emergenti e portando il loro Pil a superare quello del G7 con l’unione delle nuove economie a partire dal 2024. Fino a rappresentare oggi una vera e propria sfida all’Occidente che sembra avvertire un processo di deterioramento dei suoi equilibri interni.

La resa dei conti

L’obiettivo dei Brics è quello di una riduzione del potere dell’occidente a livello globale. Siamo quindi giunti a questo confronto a causa di politiche sbagliate dell’Occidente nei confronti dei paesi emergenti. Queste politiche sono sempre state dettate dal principio dell’egemonia, sia bellica sia finanziaria, che hanno visto i paesi emergenti in una perenne condizione di vassallaggio, senza possibilità di replica. Una riproposizione di colonialismo di vecchia data come la Francia ha sempre imposto ai suoi satelliti in Africa.

Lo stesso uso della finanza e del dollaro come strumenti impropri di guerra hanno finito per indebolire i paesi sottomessi fino ad un punto di scontro per l’evidente impossibilità di continuare a vivere in una sudditanza senza futuro e dando luogo a migrazioni epocali. La politica della forza militare e la mancanza di una politica del dialogo di cui l’Occidente si è dimostrato incapace hanno finito per fare svegliare la voglia di ribellione e di reazione. Una situazione che si è progressivamente consolidata nei paesi cosiddetti emergenti ma che ormai, per alcuni di essi, non è più realistico definirli tali.

I danni da politiche bellicistiche e colonialiste

Queste politiche di guerra hanno finito per creare più danni che benefici. E l’esodo di milioni di persone che sfuggono a territori che sono diventati inabitabili è una diretta conseguenza che grava in particolare modo sull’Europa già piena di problemi per conto suo.

L’Occidente si dimostra debole ed in declino. Incapace di trovare al suo interno un sistema di governance che la renda più autonoma l’Europa e meno passivamente dipendente da quelle politiche degli Usa di cui paghiamo le consegunze su tutti gli aspetti in modo deplorevole. Gli Usa sono alle prese con un debito monstre che li divora dall’interno e che li ha spinti ad una stampa infinita di carta moneta. È naturale la continua delocalizzazione delle attività manifatturiere di cui sono ora privi ma che sono le uniche attività che generano pil e lavoro sano e stabile.

Il declino del dollaro

Gli Stati Uniti hanno inoltre nei decenni usato senza scrupoli  un dollaro che ha vissuto di un potere, come moneta di riserva globale, che ora non regge già  a scapito di altre monete locali ed in particolare per il diretto attacco dei Brics al dollaro. I Brics puntano alla dedollarizzazione globale che se avverrà, come probabile, sarà un fatto letale per gli Usa e di conseguenza per l’Europa.

L’Europa non sta meglio schiacciata come detto da un debito enorme che blocca la crescita. E la sua governance fatta dalla BCE della Christine Lagarde è totalmente opposta a quella che dovrebbe essere per colpa della sudditanza assoluta proprio della stessa Lagarde alla FED. Peccato che la Banca americana abbia problemi diversi e quindi non è proponibile che si possano risolvere con lo stesso pensiero che li ha creati. Il declino della cultura occidentale è ormai evidente e la stessa decristianizzazione, conseguente ad un modello materialista, ha contribuito a sfibrare quel collante che sembrava tenere unita l’Europa.

Anche nei Brics non è tutto oro quel che luccica

Per contro i Brics non hanno meno problemi ma il fatto di averli in un periodo di crescita è diverso dall’averli in un periodo di decrescita come succede al mondo occidentale. iI principale punto di unione dei Brics è quello di non essere occidentali: una definizione in negativo che però offre un solco comune a nazioni molto diverse tra di loro come la Cina, l’Arabia Saudita e l’Argentina.

La politica di dominio e di sudditanza applicata senza limiti e spesso, manu militari, ha generato una crescente avversione per una politica che si è preoccupata solo di diffondere i suoi modelli di consumo e senza una briciola di spiritualità che troppo spesso hanno contribuito al collasso di società allo stato primitivo. Le stesse politiche coloniali della Francia nelle zone sub-sahariane, dove hanno imposto modelli di vita e moneta francese al posto di quelle locali, hanno portato alla rivolta i paesi del Sahel per scacciare ciò che resta di francese.

I Brics sono a macchia di leopardo con contraddizioni forti tra di loro sui temi della religione, dei sistemi sociali, della rappresentanza democratica spesso negata nei paesi sauditi. Il polo più coeso è quello del nord Africa e quello del Medio Oriente. La partecipazione dell’Etiopia è importante per la sua localizzazione nel corno d’Africa e perchè la sua economia è cresciuta ad un tasso del 9,7 % annuo, quasi due volte e mezza degli altri paesi africani.

Tutti uniti contro lo spettro dell’Occidente

Quello che li tiene uniti per ora è lo spettro dell’occidente che ha perso il tempo di capire che non poteva più esserci un mondo unipolare. Questo dimostra una deplorevole mancanza di cultura e di analisi geopolitica che ha caratterizzato gli interventi degli Usa nel panorama mondiale troppo, spesso destinati ad un insuccesso che non è mai servito a fare riflettere e correggere gli errori commessi.

L’unione dei Brics andrà avanti perchè il collante è più forte di quello che sembra legare i paesi dell’Occidente che assomigliano sempre più ai polli di Renzo. È finito un modello socioculturale che si sta trascinando ormai da troppo tempo, fermo in un declino che non vuole ammettere ma che è inesorabile come la storia che guida il destino dell’uomo nei millenni. È giunta l’ora di prenderne coscienza per evitare risvegli tragici.

 

 

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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