Destino incerto e minaccia jihadista per i cristiani di Siria, dopo l’esilio di Assad
L’esilio al quale Assad si è condannato o che gli è stato imposto ha aperto una voragine nella quale i cosiddetti “cristiani arabi” rischiano di sprofondare. Dei cristiani di Siria il mainstream parla ancora troppo poco, eppure ci sarebbe molto da dire. Proviamo a far luce sulla vicenda, sebbene le domande siano ancora tutte senza risposta.
Importanza dei cristiani siriani
La Siria era un baluardo laico nella difesa delle minoranze confessionali. Nonostante di Assad si dicesse fosse un dittatore, i cristiani potevano professare la loro (la nostra) reglione. La nuova fase nella quale il Paese è entrato da qualche giorno corrisponde sostanzialmente alla fine della protezione formale di cui i cristiani godevano. La loro presenza numerica era già fortemente diminuita nel corso degli ultimi anni. Tuttavia le cause dello spopolamento sono comuni a tutti i civili martoriati dalla guerra civile e dalle altre calamità tipo il terremoto. Dunque tanti sono fuggiti altrove alla ricerca di un futuro migliore, ma non a causa delle persecuzioni religiose. Ma per quanto pochi siano oggi, rimangono un patrimonio umano e spirituale per l’Occidente cristiano, e persino geostrategico per l’Occidente laico. Ammesso naturalmente che i nostri governi vogliano davvero fare dei passi diplomatici e politici in loro favore. Ma finora è sembrato di no.
Le rassicurazioni dei “ribelli” al potere
I ribelli anti-Assad che hanno combattuto per liberare la Siria dal dittatore sanguinario: questa è l’immagine che si il mainstream dà spesso di loro. Oggi essi rassicurano la popolazione che rispetterano l’incolumità e la libertà delle persone, compresi gli “infedeli”. Che si preparino alle feste, il Santo Natale è imminente! Poi si vedrà cosa fare, ma intanto non spaventiamo i cittadini. Ecco l’atteggiamento dei ribelli vittoriosi, ai quali l’appoggio della popolazione anche in maniera passiva viene comodo. Allo stesso modo, se la comunità internazionale non si allarma, li lascerà fare, e potranno svolgere i loro piani. Vedremo quali sono. Per il momento organizzano incontri con le comunità locali di religione cristiana. Georges Sabe, esponente dei Fratelli Maristi, dice in proposito di aver avuto una sensazione rassicurante. È ottimista anche padre Bahjat, sacerdote della cattedrale di San Francesco d’Assisi ad Aleppo: Siamo pieni di speranza e crediamo che i nostri concittadini coesisteranno in pace.
Possiamo fidarci davvero?
Ma non dimentichiamoci che si tratta di jihadisti. In questo momento conviene loro mostrare alla comunità internazionale un volto umano, ma sappiamo di cosa sono capaci. Che cosa faranno una volta che la loro presa su Damasco si sarà stabilizzata, magari ricevendo la legittimazione della Turchia o di altri Paesi? E soprattutto quali politici stanno cercando di capirlo? Per adesso sembra prevalere l’attendismo o più banalmente la convenienza, se non addirittura la complicità come nel caso di Erdoğan. Forse l’Afghanistan potrebbe fornire un valido esempio in tal senso. Sarebbe bello avere conferme che non si tratti della stessa categoria di “ribelli per la democrazia” che qualche anno fa devastavano i luoghi antichi di culto, ad esempio radendo al suolo l’antica chiesa della Vergine Maria nel villaggio di Tel Nasri facendo saltare in aria la chiesa dell’Immacolata a Mosul, in Iraq.
Speranzosi, ma attendiamo i fatti
Quando avranno consolidato il potere, la frangia più radicale potrebbe chiedere l’imposizione della legge islamica a discapito dei cristiani e di tutte le minoranze. Monsignor Hanna Jallouf, vicario apostolico di Aleppo, conosce bene i gruppi di miliziani. Nel 2014 fu rapito da Al-Nusra, quelli che poi sono diventati Hayat Tahrir al-Sham (HTS). In seguito è riuscito a instaurare un dialogo costruttivo con loro, per ottenere qualche apertura. Ad esempio ha avuto il permesso di celebrare la liturgia, ma senza esporre simboli religiosi sulle chiese. A guardar bene, si tratta di ben poca cosa. Nulla di paragonabile alla vera libertà religiosa. Sebbene il monsignore oggi esprima una certa speranza, riguardo alle rassicurazioni fornite dai nuovi padroni islamisti della Siria chiede di attendere un po’ di tempo per verificare se alle parole seguiranno i fatti.
Intanto molti si danno alla fuga
Non tutti condividono la serenità e la speranza di questi uomini di chiesa. I curdi cercano di andarsene, mentre gli altri si accalcano alla frontiera con il Libano nel punto di passaggio di Masnaa, l’unico rimasto operativo. L’affollamento è in entrambe le direzioni, perché c’è anche chi vuol tornare in Siria dopo la caduta di Assad e dopo anni di esilio in Libano. Ma sono soprattutto i cristiani e i musulmani alauiti a voler fuggire a migliaia, per timore di future repressioni violente. L’Alto commissariato per i rifugiati (UNHCR) potrebbe presto stabilire presso il confine un campo di raccolta degli sfollati. L’esilio al quale Assad si è condannato o che gli è stato imposto ha aperto una voragine nella quale i cosiddetti “cristiani arabi” rischiano di sprofondare. Di loro il mainstream parla ancora troppo poco, eppure ci sarebbe molto da dire. Ma le domande sono ancora tutte senza risposta.
Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.