Conversazione con Stefania Craxi: dal ricordo del padre Bettino alle sfide geopolitiche nel ‘Mediterraneo allargato’
Hammamet, 22 Gennaio 2023 – “Il lavorio della storia è lento, ma incessante. La storia dirà chi è stato Craxi. Parlano per lui le innumerevoli opere fatte per il bene del suo Paese, per la pace e il progresso del sistema internazionale. Tante menzogne e falsità sono state smentite dalla storia e dalla cronaca. Prima o poi, bisognerà anche affrontare quell’oscuro periodo che ha decretato la fine dei cinque partiti storici che hanno fatto l’Italia e che va sotto il nome di Tangentopoli. Piano piano, ripeto, la storia porterà a compimento il suo lavoro. Il ricordo che ho è quello di un uomo libero, una grande personalità, un po’ un ircocervo.
Craxi era un uomo che aveva i piedi piantati nel risorgimento, che si nutriva di ideali profondi e valori non negoziabili. Nel contempo, con un uno sguardo lungimirante, quasi profetico sul futuro. È stato un padre non facile. La politica era una signora che si sedeva a tavola con noi, però è stato un padre nel modo più grande con cui possono essere i padri: con l’esempio”. Ricorda così suo padre, Bettino Craxi, la senatrice Stefania Craxi, Presidente della 3ª Commissione permanente Affari esteri e Difesa, e Presidente della Fondazione Craxi, che abbiamo incontrato nella “casa dei suoi genitori” ad Hammamet, in Tunisia.
Nel modesto salone campeggia il quadro del papà, una collezione di anfore tunisine, a fianco di un mobiletto con tante foto, raccontano la storia di un uomo, il leader socialista scomparso nel 2000, che è stato indubbiamente grande protagonista della politica italiana. La presidente Craxi, cerca di non commuoversi, ma il ricordo del padre, a 23 anni dalla scomparsa, porta con sé quello degli anni bui della politica italiana, del lancio delle monetine davanti all’Hotel Raphael, la difficile stagione di Tangentopoli fino all’esilio in Tunisia.
La Fondazione Craxi ha organizzato quest’anno una tre giorni conclusasi con la proiezione, presso la sala dell’Hotel Bel Azur, del cortometraggio ‘Quel giorno a New York’, che ripercorre le fasi salienti di un grande impegno che, da Rappresentante personale del Segretario generale dell’ONU, Bettino Craxi profuse nella lotta contro la fame nel mondo e nella riduzione delle diseguaglianze fra Paesi ricchi e poveri. In questa conversazione con la presidente Stefania Craxi, facciamo il punto della politica estera italiana, concentrandoci su questa sponda di Mediterraneo, terra ospitale e crocevia di culture.
Infografica – La Biografia dell’intervistata Stefania Craxi
Presidente Craxi, grazie per averci ricevuto. Alcuni sostengono che la politica estera italiana si sia ‘piegata’ alle scelte degli Stati Uniti. È davvero così?
“No, è il Paese che si è un po’ ripiegato in sé stesso. La politica italiana si è rinchiusa in un provincialismo e per tanti anni non ha più guardato al mondo. Un Paese che è diventato fragile, con un sistema politico a pezzi, un’economia sempre in sofferenza. Quindi ha un po’ perso il suo ruolo sullo scenario internazionale, la via del Mediterraneo che garantiva un protagonismo internazionale.
Dopo di che, la politica italiana non ha mai smarrito le sue grandi direttive, il rapporto transatlantico che io sostengo debba essere un rapporto senza tentennamenti perché la scelta occidentale che ha sempre caratterizzato il nostro Paese va fatta senza tentennamenti, certo anche senza subalternità. Questo può avvenire se il sistema politico è forte, se la politica estera ritorna ad essere centrale nelle scelte politiche dei governi, se l’Italia ritroverà il suo naturale ruolo di protagonista nel Mediterraneo”.
Infatti, proprio l’altro ieri, il Vice Presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, durante la sua visita a Tunisi con il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha parlato di Mediterraneo allargato. Quali sono le priorità dell’Italia in questa regione?
“Il Mediterraneo allargato è un concetto che io estendo più di quanto comunemente si intende. Mediterraneo allargato vuol dire Maghreb, Medio Oriente, Paesi del Golfo, vuol dire anche Balcani e non si può tralasciare l’Africa. Non è possibile tirare una linea netta che separi i Paesi africani dal Nord-Africa, in quanto la maggior parte dell’instabilità, dei problemi che stiamo affrontando in questi anni, dall’immigrazione incontrollata al terrorismo, arrivano dall’Africa profonda.
Le priorità per l’Italia nel Mediterraneo restano la Tunisia e la Libia, dove purtroppo altri attori hanno un po’ sostituito il ruolo dell’Italia. Più in generale, direi che la nostra priorità resta la stabilità e il progresso dell’intera regione”.
Quando si parla di questi Paesi, automaticamente pensiamo al problema dei flussi migratori incontrollati verso le nostre coste. Il continuo sostegno alle autorità tunisine e libiche da parte dei precedenti governi italiani non si è rivelato una soluzione se guardiamo ai dati di Frontex sugli arrivi relativi al 2022. Oggi, che cosa è cambiato?
“Va chiarito che l’immigrazione è un fenomeno epocale, non transitorio, complesso, che non può avere risposte semplici. E non bisogna nemmeno dimenticare che questi Paesi sono essi stessi meta di immigrazione dai loro confini meridionali. Io credo che si debba continuare a sostenere lo sviluppo di questi Paesi, dobbiamo continuare a sostenere, in Libia ma anche in Tunisia, dei sistemi democratici, attraverso processi quanto più inclusivi possibile.
Dobbiamo sostenere con forza la stabilità di questi Paesi e contestualmente lo sviluppo, perché altrimenti i flussi migratori sono destinati ad aumentare. E anche su questo si fa molta confusione: ci sono i rifugiati politici, di cui l’Europa nel suo complesso deve farsi carico, e ci sono gli immigrati economici irregolari, di cui le nostre società non possono farsi carico se non nella misura in cui possiamo integrarli nei sistemi produttivi, consentendogli una vita dignitosa nei nostri Paesi. Contestualmente, bisogna continuare a lavorare sulla formazione e sullo sviluppo all’interno di questi Paesi.
Il ruolo della Cooperazione internazionale deve essere valorizzato e divenire sempre più importante. Abbiamo bisogno di uno sviluppo condiviso, non ci si può limitare all’aiuto umanitario che certamente resta essenziale negli scenari di crisi”.
In Tunisia, in questi mesi, più volte sono venuti a mancare diversi prodotti, anche beni di prima necessità come pasta, riso, zucchero, acqua in bottiglia. L’Italia ha previsto degli aiuti considerata la storica amicizia che ci lega a questo Paese?
“Tutte le nostre economie stanno subendo gli effetti secondari del conflitto in Ucraina. Usciamo per di più tutti quanti dalla crisi finanziaria che ha investito prima il mondo occidentale, quindi, di conseguenza la Tunisia; e poi c’è stata la crisi pandemica. La Tunisia sta anch’essa soffrendo le conseguenze del conflitto in corso in Ucraina, per questo resta per l’Italia uno dei Paesi prioritari per la cooperazione.
Continueremo dunque a sostenere la Tunisia. Il ministro Tajani è venuto a Tunisi per parlare non solo di immigrazione, ma anche e soprattutto di cooperazione. Oltre agli aiuti umanitari, dobbiamo sostenere lo sviluppo e favorire l’integrazione dei sistemi produttivi. Cosa, tra l’altro, molto facile, perché il complesso di piccole-medie imprese presente in Italia può facilmente dialogare con il sistema economico tunisino. Ricordo, a tal proposito, che ci sono oltre 800 piccole e medie imprese che lavorano in Tunisia e non hanno mai interrotto le proprie attività anche nei momenti più bui”.
Libia, Siria, Libano e Yemen, sono tanti i teatri di crisi in Medio Oriente. Forse quella che dovrebbe preoccupare maggiormente l’Occidente è la crisi in Iran?
“L’Iran è un regime che anziché aprirsi al mondo, ha scelto di andare contro il suo popolo. Su questo, la condanna del Governo italiano è definitiva. La richiesta che si rispettino non solo i diritti umani, che cessino queste impiccagioni indiscriminate, ma che si inizi anche a dare una risposta all’anelito di libertà di quel popolo, è una posizione indefettibile che tiene uniti il Governo italiano, il Parlamento e tutte le organizzazioni della società civile.
Io credo che qualcosa si sia rotto all’interno della società iraniana che nelle proprie case ha sempre mantenuto uno stile di vita occidentale. Non penso che la protesta dei tanti ragazzi e ragazze d’Iran possa essere soffocata nel sangue come è successo molte altre volte. Per questo, ritengo che ad essi vada tutto il sostegno della Comunità internazionale, del mondo occidentale e non solo”.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.