Gli errori culturali della Lagarde e i danni conseguenti

Gli errori culturali della Lagarde e i danni conseguenti

16 Luglio 2023 0

Dopo avere seguito gli studi giuridici, Christine Lagarde ha avuto della mansioni nei governi francesi di Villepin e Fillon, specie sul mercato del lavoro, per poi svolgere un ruolo importante in uno studio legale di New York avendo acquisito significative esperienze legislative. Il passaggio decisivo della sua carriera avviene il 28 giugno 2011, quando il comitato esecutivo del FMI la sceglie come nuovo direttore dell’Ente in sostituzione del dimissionario Dominique Strauss-Kahn, nel pieno della campagna di attacco finanziario all’euro cominciata nel febbraio del 2010 con l’azione sulla Grecia, poi sul Portogallo, l’Irlanda e in agosto sulla Spagna.

Nel 2011, dopo l’aggressione militare alla Libia di Gheddafi, era partita la manovra di attacco finanziario destabilizzante all’Italia, dapprima in sordina e poi con il suo culmine nel settembre dello stesso anno, portando infine al cambio di governo.

La perfetta tempesta finanziaria

La nomina della Lagarde avviene in un momento cruciale del Fondo, per la posizione che esso avrebbe dovuto tenere nella tempesta monetaria abbattutasi sul’Europa. Nel pieno di tale tempesta Strauss-Kahn si dimette per un reato a lui attribuito, del quale a distanza di un mese sarebbe stato assolto perché inesistente. Nel mese precedente l’arresto alla Brooking Institution di Washington, Strauss Kahn aveva affermato che il FMI doveva correre ad aiutare i Paesi attaccati dalla finanza, vale a dire Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna: la dichiarazione di voler attuare questa strategia che potrebbe essergli costata cara.

In mezzo a questo turbinio finanziario, con una sorta di piano di destabilizzazione dell’Italia e dell’Europa, la Lagarde assume la presidenza del FMI e segue – accompagnandole – le manovre della finanza internazionale, la cui reputazione di scienza esatta e razionale non viene mai messa in discussione, ma considerata verità incontrovertibile. Il FMI si muove adeguando sempre di più le sue politiche sulla scorta di quelle della Fed, al cui governo vi era Ben Bernanke.

L’economia comportamentale

Del modello culturale di una finanza razionale non si doveva dubitare: qualcuno comunque inizia a parlare di “economia comportamentale” tipica delle scienze sociali, come dovrebbe essere l’economia. Ma viene messo in sordina. Il FMI in questi frangenti dimostra un’arrendevolezza eccessiva alle scelte della finanza speculativa, perdendo così parzialmente la sua indipendenza, che era vitale come organismo di intermediazione. Però il comando del gioco era in mano alla finanza razionale e speculativa e il FMI dunque venne meno ai suoi stessi scopi statutari. Recita infatti l’articolo 1:

“Gli scopi del Fondo monetario sono seguenti:

  1. i) promuovere la cooperazione monetaria internazionale attraverso un’istituzione permanente che mette a disposizione un meccanismo di consultazione e collaborazione per quel che riguarda i problemi monetari internazionali;
  2. ii) facilitare l’espansione e la crescita equilibrata del commercio internazionale e contribuire così ad instaurare e mantenere elevati livelli di occupazione e di reddito reale e a sviluppare le risorse produttive di tutti gli Stati membri, obiettivi principali della politica economica;

iii) promuovere la stabilità dei cambi, mantenere tra gli Stati membri dei regimi di cambio ordinati ed evitare svalutazioni competitive dei tassi di cambio;

  1. iv) aiutare a stabilire un sistema multilaterale di pagamenti relativi alle transazioni correnti tra gli Stati membri e ad eliminare le restrizioni valutarie che limitano la crescita del commercio internazionale;
  2. v) assicurare agli Stati membri, prendendo le opportune cautele, la disponibilità temporanea di risorse del Fondo, fornendo loro in tal modo la possibilità di correggere squilibri nelle loro bilance dei pagamenti, senza dover ricorrere a misure che rischierebbero di compromettere la prosperità nazionale o internazionale;
  3. vi) conformemente a quanto sopra, ridurre la durata e l’ampiezza degli squilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati membri”

La scomparsa della peculiarità e rispetto delle varie economie

Il FMI finisce per andare al seguito della finanza internazionale, dimenticando le diversità tra le varie economie e il loro rispetto. Purtroppo, poi, preferisce un’applicazione indiscussa della formulazione matematica per risolvere i problemi dell’emozionalità dell’uomo in economia, i quali vengono semplicemente ignorati (e ne pagheremo le conseguenze dopo il dramma del Covid). La dipendenza culturale della Lagarde dal sistema finanziario globale è stata la prima debolezza che ha incrinato il ruolo stesso del FMI: ma era ciò che si voleva dal fondo stesso.

Il passaggio successivo della Lagarde avviene il 2 luglio del 2019, quando viene designata dal Consiglio Europeo per succedere a Mario Draghi. la Lagarde è portatrice della cultura della finanza razionale e di un liberismo affermato dalla finanza stessa. Sulla scorta di questo liberismo di mercato, si rifiuta di ristrutturare il debito greco e allenta le norme sulla speculazione finanziaria, creando le condizioni di un tappeto rosso della finanza speculativa che diventa padrona del campo.

La resa dei premi Nobel alla finanza

La finanza viene assecondata da premi Nobel, che la premiano ignorando completamente il senso dell’economia come scienza sociale, curiosamente definita “comportamentale”. L’emozionalità dell’uomo – centrale nelle sue scelte di allocazione delle ricchezze – sbattuta fuori dalla porta rientra dalla finestra e comincia a creare delle perplessità sul pensiero unico dominante.

Arriviamo così ai giorni nostri. Quasi tutti colpiti dal Covid e dalla guerra in Ucraina, con le relative sanzioni che hanno contruito a destabilizzare i mercati. Lo hanno fatto alterando le catene di approvvigionamento con un effetto sui prezzi delle materie prime, creando specie da noi una forma di deflazione determinata dalla caduta della domanda in tanti settori merceologici, con caduta di posti di lavoro e con diseguaglianza sempre più manifesta.

Il gioco di specchi tra FED e BCE

La BCE ha operato seguendo come di consueto il modello della Fed, anche se le condizioni strutturali degli USA e dell’Europa sono profondamente diverse. Gli Stati Uniti, infatti, sono fondati sulla finanza e sul terziario; il Vecchio Continente invece si fonda sulla manifattura e sull’economia reale, in particolare in Italia. Così ha acquistato titoli di stato e ha girato liquidità alle banche, drenandola dal mercato finale e creando una liquidità che non faceva girare il mercato, e ha finito per paralizzare il mercato del lavoro.

L’inflazione è partita anche da noi, ma per motivi profondamente diversi da quella che ha colpito gli USA, ormai in una fase recessiva. Allora, per seguire la Fed la Lagarde ha cominciato la sua lotta sui tassi di interesse inasprendoli quando non era così evidente che fosse la giusta manovra, bensì la cultura della razionalità fatica ad essere dimenticata e la dipendenza culturale non si cancella facilmente.

Il tempo della rassegnazione

L’eccesso di tassi per ridurre un’inflazione, che se accompagnata da politiche del lavoro e di assistenza alle piccole e medie imprese si sarebbe assestata da sola, ha finito per mettere in difficoltà la spina dorsale del Paese, che stava macinando PIL (cosa che gli Usa non riescono a fare). Non capire i contesti diversi e rovinarli è un grave errore culturale non accettabile da un’istituzione come la BCE e va frenata prima che peggiori il danno che sta creando.

Citiamo una frase di Modigliani: Non è tollerabile che una banca centrale isolata, che non ha responsabilità nè obbligo di spiegare quello che fa, possa continuare a creare disoccupazione, mentre i governi stanno zitti. Aggiungiamo che anche i media, i risparmiatori, le istituzioni, le piccole e medie aziende sembrano rassegnati ad accettare questa serie di gravi errori che minano la stabilità del Paese, con un modello culturale che è fallito e che tuttavia viene applicato contro ogni evidenza della sua inodoneità.

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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