Zelensky prolunga la legge marziale. La minoranza ungherese minacciata dalla mobilitazione forzata

Zelensky prolunga la legge marziale. La minoranza ungherese minacciata dalla mobilitazione forzata

30 Novembre 2023 0

Per quanto concerne il supporto all’Ucraina e la fine della cooperazione con la Russia, l’Ungheria non si è mai allineata ai dettami euroatlantici.

Al di là della banali accuse di autocrazia che il mainstream occidentale rivolge al premier Viktor Orbán, le ragioni della peculiare posizione ungherese non si limitano agli interessi energetici o alle affinità politiche col governo russo. Si tratta anche e soprattutto della difesa della minoranza magiara in Ucraina, repressa da un punto di vista linguistico e minacciata dall’ennesima mobilitazione forzata.

Kiev prolunga legge marziale e mobilitazione

Le autorità di Kiev non rivelano il numero esatto delle perdite, ma si sa che ormai i soldati scarseggiano: lo ha ammesso lo stesso comandante in capo delle Forze armate ucraine Valery Zaluznhy in una recente intervista al giornale britannico The Economist. Per rimpolpare le fila dell’esercito, l’ex ministro delle Infrastrutture Volodymyr Omelyan parla poi della necessità di 300mila o addirittura mezzo milione di uomini.

Ma dove prenderne così tanti? La mossa di Zelensky è stata di firmare una legge con cui prolungare di altri 90 giorni il periodo di mobilitazione e di legge marziale, fino al prossimo 14 febbraio. Con tale misura in vigore e salvo qualche eccezione, tutti gli uomini da 18 ai 60 anni devono rimanere entro i confini nazionali, a disposizione in caso di chiamata al fronte. Ed è in fase di studio una riforma del programma di mobilitazione per renderlo più efficiente, sebbene adesso il presidente ucraino non abbia voluto svelare i dettagli.

L’esigenza di un cambiamento deriva dai troppi scandali che qualche mese fa hanno indotto Zelensky a licenziare tutti i responsabili dei centri di reclutamento regionali. Si trattava di casi di corruzione che hanno coinvolto anche i medici dell’esercito e gli incaricati di stabilire l’idoneità dei cittadini a svolgere il servizio militare. Oppure erano casi in cui gli ufficiali hanno calcato la mano nel forzare gli uomini ad andare al fronte.

Le minoranze etniche come riserva di soldati

L’Ucraina ha al suo interno diverse minoranze piuttosto popolose e compatte dal punto di vista etnico e linguistico. Il trattamento ai limiti della repressione sociale che Kiev ha riservato loro nel corso degli ultimi dieci anni è stato uno dei motivi che ne hanno impedito l’ingresso nell’Unione Europea. Tralasciando la vicenda clamorosa delle regioni russofone, vi sono zone abitate da decine di migliaia fra romeni, polacchi e ungheresi. Sono quindi sacche di popolazione che interessano fortemente i vertici militari bisognosi di nuovi soldati.

I recenti emendamenti alla legge sulle minoranze potrebbero essere il modo in cui Kiev riuscirà in modo legale a portare in guerra anche quegli ucraini di diversa nazionalità, che preferirebbero un esito diverso per il conflitto. La maggior parte di loro risiede sul lato occidentale dell’Ucraina, ai confini coi rispettivi Paesi di appartenenza etnica, e non si sentono né minacciati da Mosca né benvoluti da Kiev. Perciò nelle condizioni attuali probabilmente non risponderebbero a una chiamata dell’esercito.

Ma con qualche ritocco legislativo Zelensky si sentirebbe sicuro di poterli arruolare senza sollevare grandi proteste da parte della UE o dei Paesi limitrofi. Anzi, coi recenti emendamenti sostiene di aver adempiuto ai criteri richiesti per l’integrazione europea. L’attuale legge era stata criticata dalla Commissione di Venezia, la quale aveva espresso delle raccomandazioni in merito ad esempio all’uso delle lingue minoritarie nella vita pubblica.

Pare comunque che tali emendamenti non tocchino la sostanza della legge, che rimane discriminatoria e non conforme ai valori europei. Ad essere scontenti sono soprattutto gli ungheresi, sia quelli sotto la giurisdizione di Kiev sia quelli di Budapest. Finora, infatti, è stata proprio l’Ungheria a bloccare l’accettazione UE dell’Ucraina.

Gli ungheresi reclutati da Kiev importanti per le forze ucraine

Il ragionamento ha una sua logica, anche se è estremamente cinico: per Kiev è meglio che sul campo vadano a morire gli esponenti delle minoranze etniche piuttosto che gli ucrani “puri”. Non è ancora una pulizia etnica – espressione da usare con la massima prudenza – ma si tratta di voler indebolire il naturale dissenso verso il potere centrale che hanno le periferie abitate da minoranze. E proprio gli ungheresi sembrano la preda preferita delle ondate di mobilitazione.

Nella sanguinosa battaglia di Soledar (vinta poi dai russi) è morta almeno la metà della 128ª Brigata d’assalto da montagna, formata da magiari ucraini. L’alto numero di perdite ha ovviamente scoraggiato gli abitanti della Transcarpazia, la regione popolata dalla minoranza ungherese. Proprio là si sono visti i casi più drastici di costrizione all’arruolamento.

Secondo l’inchiesta di un giornale ungherese, si sono verificate situazioni di violenza fisica molto simili a rapimenti, pur di portare via gli uomini e mandarli al fronte. E proprio la 128esima continua a subire perdite persino quando non è impegnata in battaglia. Qualche settimana fa è stata colpita dall’artiglieria russa mentre i suoi uomini erano del tutto scoperti, pare a causa di una decisione inspiegabilmente assurda dei comandi. La vicenda ha suscitato scalpore nella regione della minoranza magiara: il governatore ha ordinato tre giorni di lutto e nella città di Berehove (Beregszász in ungherese) è stato eretto un monumento ai caduti.

La minoranza magiara della Transcarpazia

Sarebbe eccessivo parlare di sentimenti separatisti in Transcarpazia, ma la regione oggi è attraversata da forti tensioni che non riguardano solo la mobilitazione. Si tratta da un lato dell’odio che i suoi abitanti percepiscono da parte degli ucraini e dall’altro delle lusinghe che arrivano da Budapest. In ogni caso l’effetto è quello di far temere a Zelensky di perdere il controllo politico su questa zona del Paese.

Da parte ungherese vi è stata nel corso degli anni una politica improntata al “riportare a casa” idealmente gli ungheresi rimasti separati dopo il Trattato del Trianon del 1920, che smembrò il Regno di Ungheria uscito sconfitto dalla Prima Guerra mondiale. Così, ad esempio, i magiari che vivono nei Paesi vicini possono ottenere la cittadinanza e votare alle elezioni pur non avendo residenza in Ungheria. Il messaggio è che solo Budapest protegge davvero i magiari all’estero. Un caso recente che ha preoccupato Kiev è stato quello degli undici prigionieri di guerra restituiti dalla Russia.

Un gesto positivo, ma a Zelensky non è piaciuto perché si trattava di cittadini ucraini della Transcarpazia che Mosca ha consegnato direttamente a Budapest (peraltro con la mediazione diplomatica della Chiesa ortodossa). A Kiev dovrebbero cercare piuttosto di non reprimere più le comunità magiare. Oltre alle intimidazioni e alle violenze contro gli esponenti politici locali, un caso altamente significativo si è verificato l’anno scorso: la rimozione nella città di Mukachevo (Munkács) di una statua del turul, il falco della mitologia magiara, sostituita con il tryzub, il tridente emblema nazionale ucraino. Difficile immaginare un tentativo più evidente di sradicare i sentimenti nazionali di una comunità.

Budapest protesta in Europa contro le azioni di Kiev

Orbán ha sempre rifiutato l’assistenza militare a Zelensky. Né vuole dare quella diplomatica, per esempio facilitando l’ingresso di Kiev nella UE. La questione della protezione legislativa della minoranza ungherese – e di conseguenza di tutte le altre minoranze etniche dell’Ucraina – rimane prioritaria per Budapest. Soprattutto in Ungheria non vogliono in nessun modo che il conflitto si espanda, come ha rischiato di fare per colpa dell’atteggiamento di altri Paesi europei della NATO, ad esempio il Regno Unito o le Repubbliche baltiche.

Due settimane fa, in occasione della giornata dedicata alla Transcarpazia, l’europarlamentare Andrea Bocskor del partito Fidesz, ha ancora una volta esortato a mettere fine delle ostilità e ad iniziare delle trattative. Ha inoltre parlato delle difficoltà della vita quotidiana nella regione, con i suoi abitanti preoccupati dalla possibilità di un’altra mobilitazione e dalla minaccia politica alla sopravvivenza della loro identità linguistica ed etnica.

Nei suoi interventi a Strasburgo, la Bocskor cerca sempre di attirare l’attenzione della Commissione Europea sul problema del trattamento delle minoranze in Ucraina, nettamente peggiorato dal 2017 in poi. Per quanto concerne il supporto all’Ucraina e la fine della cooperazione con la Russia, l’Ungheria non si è mai allineata ai dettami euroatlantici. Al di là della banali accuse di autocrazia che il mainstream occidentale rivolge ad Orbán, le ragioni della peculiare posizione ungherese non si limitano agli interessi energetici o alle affinità politiche col governo russo: conta soprattutto la difesa della minoranza magiara in Ucraina.

Martin King
Martin King

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