Libano, il dialogo interreligioso testimoniato da abuna (padre) Abdo Raad

Libano, il dialogo interreligioso testimoniato da abuna (padre) Abdo Raad

30 Novembre 2023 0

Un adagio arabo recita “una sola mano non applaude”, ricordando così che se si vuol far festa una sola mano non è utile. Questa frase reca con sé il significato profondo che per raggiungere un importante obiettivo, bisogna essere una comunità. E oggi, che il mondo sta vivendo la “terza guerra mondiale a pezzi”, come non si stanca di definirla papa Francesco, con 169 conflitti censiti dalla prestigiosa Università svedese di Uppsala, quell’obiettivo non può essere che la pace.

Ragioni strategiche, politiche, territoriali, etniche e religiose all’origine della quasi totalità dei teatri di crisi aperti che, secondo il Mid-Year Trends Report dell’UNHCR, tra il 2022 e i primi sei mesi del 2023 hanno costretto 114 milioni di persone a sfollare.

Chi da anni lavora in silenzio nella sua terra di origine, il Libano, per cercare di infrangere le inossidabili divisioni sociali e religiose del Paese – il cui sistema politico poggia sull’appartenenza religiosa che determina i diritti, i doveri e i ruoli dei cittadini nella società – è abuna (padre) Abdo Raad, dal 2021 parroco della chiesa di S. Maria della Croce a Cercemaggiore (Campobasso).

Abuna Abdo, persona molto stimata e apprezzata nel Paese dei cedri, è il fondatore del programma per l’accoglienza di rifugiati, dei disagiati, delle donne maltrattate a Zahlé, capoluogo del Governatorato della Beqā, nonché promotore di “Incontri spirituali”.

Infografica - La biografia dell'intervistato Abdo Raad
Infografica – La biografia dell’intervistato Abdo Raad

Padre può dirci cosa sono gli “Incontri spirituali”?

Alla base del movimento libero, Incontri spirituali, c’è la volontà di testimoniare che il vivere insieme, in comunità con tutte le fedi è possibile. Tutti dobbiamo lavorare affinché si possa arrivare a questo in pace e avere anche il coraggio di liberare le nostre religioni e di interpretare quei versetti dei nostri libri sacri, che sembrano non collimare con questo modello.

Quali sono i limiti?

Se prendiamo i libri delle tre religioni Cristianesimo, Islam e Giudaismo,  possiamo estrapolarne una teologia di pace o di guerra. E’ l’essere umano a leggere e interpretare e può farlo bene o male. L’Incontro spirituale è un’iniziativa che intende portare gli uomini a leggere nel modo giusto i nostri testi, con un’apertura rivolta verso l’altro, senza i limiti derivanti da un versetto o un’ideologia.

L’apertura deve essere piena, come il cuore di Dio, che è aperto a tutto il mondo, in quanto creatore di tutti. Nell’Incontro spirituale non ci sono figure e posizioni verticistiche, siamo un unum omnes, si agisce insieme, ma chiunque voglia unirsi a noi, deve sapere di dover aprirsi in modo incondizionato all’altro e lavorare per la pace, rifiutando ogni forma di violenza, per il bene dell’uomo e per la gloria di Dio.

Quando sono stato parroco in Siria, nella chiesa di San Cirillo a Damasco, mi è capitato il caso di due giovani molto innamorati che volevano sposarsi. Lei era cristiana e lui musulmano e questo era un grande ostacolo alla realizzazione del loro sogno. La famiglia della ragazza si era opposta minacciando di morte, lei, il ragazzo e persino me che, a parer loro, avrei dovuto celebrare le nozze. Alla fine, è prevalso l’amore e i due si sono sposati. E’ un esempio per dire che la nostra vita deve essere basata sul dialogo, per risolvere questioni anche di natura sociale, che si basano molto spesso su tradizioni che hanno poco rispetto della libertà degli individui, rendendoli schiavi del sistema.

Porto un altro esempio: nel Cristianesimo dei secoli scorsi, si imponeva la regola del non mangiare carne al venerdì, ma sapete quante persone sono state condannate all’inferno per non aver osservato questo diktat? Quindi, è necessario liberare la religione da ciò che non è Dio, da quel che non è amore. Ogni religione, in fin dei conti, è diventata un sistema, con diversificazioni a seconda delle aree geografiche. E “l’Incontro spirituale” cerca di far capire a noi stessi che la religione è al servizio dell’uomo, quindi quello che importa non è la religione in se stessa ma la fede in Dio.

Gli incontri si tengono periodicamente, avete delle date fissate?

No, ci si incontra senza dover necessariamente fissare un calendario. Ci vediamo nelle case, nelle chiese, vicino alle moschee, ma anche per strada e camminiamo tutti insieme in mezzo alla gente e i fedeli indossano la veste del proprio credo religioso.

Lo facciamo per render testimonianza che tutte le religioni devono essere al servizio dell’uomo. Tutti dobbiamo testimoniare l’amore del Vangelo e la misericordia del Corano.

Questi eventi sono molto partecipati dalla popolazione?

Sì, abbiamo organizzato anche qualche incontro nella piazza Dei Martiri a Beirut, in occasione della giornata in ricordo della guerra libanese del 1975, che si tiene ogni 13 aprile. Un giorno importante, perché serve a ricordare quanto siano inutili le guerre, portatrici di morte, odio, povertà e dolore.

A queste iniziative intervengono uomini e donne delle 18 confessioni presenti in Libano, ciò che importa è che ognuna di queste persone non abbia alcuna carica religiosa di rilievo. Non ci sono vescovi, grandi imam, patriarchi, perché è un momento di comunione e partecipazione che viene dal basso. Tutti possono partecipare al dialogo ed è questo lo scopo, perché è la base a dover comprende il significato di questa realtà.

E’ fondamentale che il popolo, anche quando i capi non si mettono d’accordo, capisca che non deve rimanere vittima del disaccordo dei grandi che li amministrano o governano.

Una rivoluzione, così finirebbero le guerre. Un po’ utopistico..

Magari! Le guerre non finiscono, ma almeno avremo meno male.

Marina Pupella
MarinaPupella

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