Petrolio, Ciò: “Il crollo dei prezzi un anno fa a livelli prossimi allo zero o negativi ha suscitato una tale paura per cui nessuno oggi tenta di trarne vantaggio individuale”

Petrolio, Ciò: “Il crollo dei prezzi un anno fa a livelli prossimi allo zero o negativi ha suscitato una tale paura per cui nessuno oggi tenta di trarne vantaggio individuale”

7 Aprile 2021 0

E’ stato un anno difficile per tutti i produttori di petrolio. La pandemia ha creato un vortice attorno al prezzo del greggio che ha messo in difficoltà interi Paesi. Ma negli ultimi giorni pare leggersi alcuni elementi di schiarita. Opec+ ha deciso di aumentare la produzione di greggio e i futures sul petrolio segnano rialzi, sostenuti in particolare dalle attese di accelerazione della ripresa globale legate al buon andamento delle campagne vaccinali contro il Covid-19. Lo scenario pare mostrare una chiara corsa alle quote petrolifere mondiali tra Russia e parte di Medio Oriente. Abbiamo deciso di interpellare il già ministro Alberto Clò, professore universitario e direttore responsabile della rivista Energia per comprendere quali previsioni si possono fare sull’andamento dei prezzi del petrolio, anche visti i movimenti sullo scacchiere geopolitico delle superpotenze mondiali.

Infografica – La biografia dell’intervistato Alberto Ciò

– Qual è la situazione reale del mercato del greggio dopo l’aumento di produzione deciso dall’Opec+?

Il mercato da mesi osserva un buon equilibrio domanda-offerta con prezzi che da valori prossimi ai 50 dollari al barile a inizio anno sono gradualmente risaliti a 60 dollari a inizio febbraio per poi assestarsi sui 65 dollari. Alla base di questo equilibrio stanno più ragioni: (a) la straordinaria tenuta del cartello Opec+; (b) la mancata crescita della produzione americana; (c) l’aspettativa che la domanda di petrolio possa crescere nel corso dell’anno, col crescere delle vaccinazioni, a livello a fine anno, secondo l’Agenzia di Parigi, di 99,0 milioni di barili al giorno, appena 1 in meno del livello pre-pandemia, con una media annua di 98 milioni di barili al giorno. Chi si era illuso che il 2020 segnasse l’avvio della fine del petrolio dovrà amaramente ricredersi, anche per il lento procedere della transizione energetica. Come attestato da un recente rapporto dell’International Renewable Energy Agency (IRENA) che ha affermato che il “gap tra dove siamo e dove dovremmo essere non si sta riducendo ma aumentando. Stiamo andando nella direzione sbagliata”. Se Atene piange Sparta di certo non ride. 

– Come si stanno muovendo i principali produttori di greggio nel mondo? C’è chi si sta realmente avvantaggiando?

L’anno orribile del petrolio ha portato ad una convergenza di interessi mai osservata nella secolare storia di questa industria. Convergenza tra paesi produttori, sia all’interno che all’esterno di Opec+, tra compagnie, tra compagnie e paesi produttori. Il crollo dei prezzi un anno fa a livelli prossimi allo zero (e in America a valori negativi) ha suscitato una tale paura per cui nessuno oggi si attenta a trarre vantaggio individuale rischiando che possa saltare la tenuta del sistema mondiale. 

– Il mercato del trasporto aereo continua a registrare importanti problematiche. Quali sono gli altri segmenti che più impattano nel mondo del petrolio?

Le diverse modalità di trasporto rappresentano la larga maggioranza dei consumi di petrolio, quelli aerei intorno al 6%-7% del totale. Oltre i trasporti una quota sempre più rilevante è rappresentata dalla petrolchimica prevista in forte crescita nei prossimi anni e non sostituibile con risorse rinnovabili

– La nuova politica estera del neo presidente Joe Biden contro Russia e Cina, quanto può incidere sull’andamento del prezzo del petrolio a livello mondiale?

Può influirvi in relazione all’andamento dell’economia a sua volta correlato al procedere delle vaccinazioni. L’economia americana è prevista da ultimo crescere nel 2021 del 6,2% (rispetto alla precedente previsione del 4.5%). Ne deriverà senza dubbio un aumento dei consumi di energia e di conseguenza del petrolio che rappresenta ancora circa il 35% dei consumi totali di energia. Una maggior domanda di petrolio impatterà sui prezzi del petrolio anche in ragione del fatto che la produzione interna americana che un tempo faceva da calmieratrice questa volta non risponderà con immediatezza verso l’alto preferendo i malmessi produttori dell’oil shale rimborsare i debiti e non contribuire a una riduzione dei prezzi.  

– La normalizzazione dei rapporti in Libia può portare ad un eccesso di produzione di petrolio e quindi a sensibili variazioni dei prezzi?

La produzione libica è già risalita da tempo sino a 1,2 milioni di barili al giorno e questa crescita non ha influito sulla stabilità dei prezzi. 

– Il cartello petrolifero Opec e i Paesi alleati (il gruppo Opec+) immetterà gradualmente sul mercato fino a un milione di barili al giorno in più, aumentando la produzione di 250.000 barili  al giorno a maggio, 350.000 barili al giorno a giugno e 400.000 barili al giorno a luglio. Punta su un graduale rientro nella normalità dei consumi per via dei vaccini? 

Nella sua recente riunione Opec+ ha scelto di allentare le restrizioni della produzione entro luglio di 2,1 milioni di barili al giorno. L’effettivo andamento della produzione sarà tuttavia regolato sulla base delle condizioni di mercato aumentandolo o riducendola a seconda delle dinamiche della domanda e delle scorte. L’obiettivo preminente resta quello di garantire la stabilità sinora guadagnata. 

– Sull’aumento del prezzo del petrolio, nonostante l’incremento della produzione, quanto influisce il blocco del canale di Suez? 

Il prezzo del greggio Brent ha registrato il 24 marzo, quando la nave si incagliò, un balzo del 6% a 64 dollari al barile per scivolare il giorno dopo di circa il 4% e risalire in seguito sino ad oggi sui 64 dollari a barile, a nave disincagliata. Un evento che non ha avuto sostanzialmente alcun effetto sui mercati, contraddicendo i profeti di sventura che avevano già preconizzata rimbalzi sui nostri prezzi interni. 

– Sulle ripetute vicende giudiziarie che si abbattono su Eni, si pensi ad esempio al caso ‘Nigeria’, e dove si riscontra come la compagnia fosse sempre estranea ai fatti addebitati, quanto influiscono le ‘polpette avvelenate’ di altri competitor?

Capisco che il petrolio accenda sempre la fantasia sui retroscena di ogni evento, ma non penso proprio che sulle vicende giudiziarie, da cui l’Eni ne è sempre uscita benissimo, abbiano influito ‘polpette avvelenate’ di suoi competitor. Le compagnie petrolifere sono insieme competitor in determinate aree estrattive ma contemporaneamente partners in altre aree. Anche qui cane non mangia cane. 

– In Africa chi sta vincendo tra Cina e Stati Uniti la partita geopolitica per impossessarsi delle materie prime? Si parla sempre dell’oro nero ma quanto sta prendendo corpo la corsa all’oro bianco (litio)?

Allo stato delle cose la partita tra Cina e Stati Uniti non è nemmeno iniziata, per assenza di Washington. La Cina domina industria e mercato del fotovoltaico col 70% della produzione mondiale e più della metà di quello dell’eolico. Relativamente alle materie prime queste solo le percentuali: Litio e batterie; circa 75%; capacità raffinazione cobalto: 70%; capacità raffinazione nikel: circa 40%; capacità raffinazione litio: 90%. Ogni commento mi sembra superfluo: le politiche climatiche basate su queste tecnologie portano ad una subalternità geopolitica rispetto alla Cina. A iniziare dall’Europa che sembra ritenere che la geopolitica sia ormai estranea al gioco mondiale dell’energia, mentre ne resta assolutamente centrale. 

Marco Fontana
marco.fontana

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