Per Trump l’Ucraina può diventare il disastro che è stato per Biden l’Afghanistan. E i suoi elettori già si sentono traditi
Per Trump l’Ucraina rischia di diventare un disastro paragonabile a livello politico a quanto fu per Biden l’Afghanistan. Un conflitto che è al tempo stesso impossibile vincere, complicato da risolvere e pericoloso da ignorare. E se la Casa Bianca riprende ad armare Kiev, allora l’Ucraina si trasformerà ufficialmente nella “guerra di Trump”. Proprio il contrario di ciò per cui hanno votato gli elettori.
Le somiglianze con l’Afghanistan
Il conflitto afghano e quello ucraino sono certamente diversi nelle premesse e nelle caratteristiche. La differenza principale, oltre alla durata, è che gli USA avevano mandato decine di migliaia di soldati a Kabul, 2500 dei quali sono morti sul campo. È il risultato finale che sembra avviarsi a una somiglianza dolorosa e negativa per la reputazione dell’America. Biden si ritirò in modo precipitoso e catastrofico, peraltro sulla base delle decisioni prese da Trump nel corso del primo mandato. E oggi proprio lui rischia di uscirne con le ossa rotta a livello politico sia interno che esterno, sebbene non debba richiamare un esercito, ma possa solo limitarsi a non mandare armamenti. Più tempo passa senza riuscire a concludere la faccenda, più aumenta per lui la probabilità che la sua presidenza venga additata come fallimentare.
Trump voleva e vorrebbe uscirne
L’intenzione dichiarata da Trump durante la campagna elettorale è l’uscita dal conflitto, perché ritiene sia stato provocato dal suo predecessore e perché esso non riguarda gli USA. Durante un recente vertice col segretario generale della NATO ha affermato: Non è la mia guerra, ma è stata la guerra di Biden. Sto cercando di tirarvi fuori. La vice addetta stampa della Casa Bianca Anna Kelly ha evidenziato come a differenza di Joe Biden, la cui debolezza e incompetenza hanno portato a questo crudele conflitto, il presidente Trump è concentrato sul fermare le uccisioni e sul terminare la guerra.
L’ex stratega di Trump Steve Bannon lancia un monito: se gli USA saranno di nuovo coinvolti pesantemente con invio di armamenti in grado di colpire in profondità il territorio russo, allora per il presidente sarà una disfatta politica. Quindi sì, quella in Ucraina così come la strage di Gaza cominciata da Israele durante il mandato di Biden diventeranno “le guerre di Trump” per tutta l’opinione pubblica e soprattutto per i neocon e per gli stessi russi.
I MAGA reagiscono male
Gli effetti negativi si vedono fra i sostenitori più agguerriti di Trump. È la base elettorale dei “MAGA” (acronimo di Make America Great Again) che ha giocato un ruolo essenziale nella vittoria del novembre 2024. Già ora si sentono traditi dalle dichiarazioni contraddittorie del presidente a proposito del Cremlino e di Kiev. Trump aveva ottenuto il loro consenso grazie alla promessa di smetterla con le “guerre infinite” in cui sono impelagati gli USA e grazie alla promessa di chiudere il conflitto ucraino in 24 ore. Li aveva ulteriormente appagati scaricando tutta la colpa sull’amministrazione Dem, su Biden e sul suo protetto Zelensky. Ora invece ha iniziato a prendersela con Putin, dando l’impressione di cambiare idea un po’ troppo spesso per un inquilino della Casa Bianca.
Ma non basta, perché c’è un altro focolaio di malcontento e di sdegno popolare che sta esplodendo in America: il caso Epstein. Dopo aver promesso di pubblicare le liste dei clienti VIP dello sfruttatore di minorenni Jeffrey Epstein (suicidatosi in carcere nel 2019 in circostanze dubbie), Trump sembra voler insabbiare la vicenda, facendolo peraltro in modo maldestro. Potrebbe essere questa l’ultima pietra che farà venire giù una valanga.
Tutti pronti a metterlo in croce
Non ci sono soltanto i MAGA a criticarlo e ad accusarlo di tradimento. Vi è tutta una schiera di alleati di comodo nel Partito Repubblicano, di avversari politici e di nemici storici che aspettano solo un altro passo falso per poterlo mettere in croce. Trump sembra avviato a un bivio senza possibilità di uscita: se va da una parte ricominciando a foraggiare militarmente Kiev, si alienerà definitivamente la base di consenso e riaccenderà un pernicioso confronto con Mosca; se va dall’altra evitando di armare Zelensky e cercando il compromesso con Putin, allora sarà additato come un debole e come colui che ha permesso alla Russia di espandersi in Europa.
Secondo l’ex ambasciatore americano in Ucraina John Herbst, il presidente comprende bene che lo aspetterà la gogna politica e mediatica se Putin vince mentre c’è lui alla Casa Bianca. A suo tempo l’editorialista dello Washington Post Marc Thiessen aveva già ammonito i Repubblicani sul pericolo di non tagliare l’assistenza militare agli ucraini: rischiano di essere accusati per la perdita di Kiev esattamente come Biden e i democratici lo sono stati per la caduta di Kabul. Una profezia simile l’ha emanata il presidente del Council on Foreign Relations Michael Froman: peggio dei talebani alla guida dei mezzi americani abbandonati sarà vedere i russi che fanno circolare i carri Abrams per un’importante città ucraina come Kharkov.
Sono così già pronti a sostenere il riarmo di Zelensky e la deterrenza militare contro Mosca diversi esponenti repubblicani. Dal senatore-falco della Carolina del Sud Lindsey Graham che dal 2022 fa dichiarazioni di fuoco contro il Cremlino a quello del Nebraska Don Bacon che evidenzia l’inutilità dei negoziati coi russi, oltre al senatore dell’Iowa Chuck Grassley che chiede sanzioni più dure che mandino un messaggio di game over al presidente russo.
Crollo di popolarità
Intanto l’istituto demoscopico Gallup ha già registrato un netto calo di popolarità per Trump. Secondo un sondaggio condotto a luglio appena un terzo degli americani approva la sua gestione della questione ucraina, l’8% in meno rispetto a qualche mese fa. Il suo operato generale incontra il gradimento del 37% dei cittadini, poco sopra il livello che aveva al termine della prima presidenza e il punto più basso di questo secondo mandato. Non potrà concorrere per un terzo, dunque forse gli importa poco ciò che credono i cittadini. Tuttavia non può permettersi di ignorare il pensiero popolare perché il prossimo anno vi saranno le elezioni di midterm. Se le cose non cambiano, il Partito Repubblicano rischia una sgradevole débâcle, che si rifletterebbe sul prosieguo della presidenza Trump.

52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.