L’Ungheria chiede la pace e lancia una consultazione popolare sulle sanzioni anti-russe

L’Ungheria chiede la pace e lancia una consultazione popolare sulle sanzioni anti-russe

16 Ottobre 2022 0

L’opinione dei cittadini su un tema delicato come le sanzioni anti-russe e le loro ricadute sull’economia deve contare qualcosa: così ritiene il governo ungherese, che ha indetto in proposito una consultazione nazionale. A ogni famiglia verrà inviato un questionario al quale rispondere entro il 9 dicembre, dicendosi favorevoli o contrari all’opposizione di Budapest verso le sanzioni UE alla Russia. Tale consultazione non è legalmente vincolante per le decisioni del governo, ma si tratta di una pratica usata dal 2015 per valutare l’atmosfera che si respira fra gli ungheresi. Il premier Viktor Orbán ha dichiarato: Noi facciamo sempre alla gente le domande più importanti (…) Abbiamo sempre cercato di creare un consenso a livello nazionale su determinate questioni. Da un sondaggio effettuato a settembre dalla Századvég Foundation, l’83% dei magiari pensa che le sanzioni attualmente in vigore e quelle in programma potrebbero avere una pesante ricaduta negativa sull’economia continentale entro il 2023, mentre il 68% non approva la politica sanzionatoria dell’Unione Europea nei confronti di Mosca. I dubbi degli ungheresi sono condivisi anche dai tedeschi: un recente sondaggio delle compagnie televisive RTL e NTV ha mostrato un risultato spiacevole per la Cancelleria federale: il 57% dei cittadini tedeschi crede che le sanzioni stiano facendo più male alla Germania che non alla Russia, mentre il 18% vede un danno in egual misura per i due Paesi. 

A differenza della gente, il settore industriale tedesco sostiene incondizionatamente le sanzioni. È quanto emerso dal forum tenutosi la settimana scorsa a Berlino, al quale Orbán ha partecipato dopo aver effettuato un incontro ufficiale col cancelliere tedesco Olaf Scholz, il primo dall’insediamento del governo post-Merkel. Non vi è stata una conferenza stampa dopo i colloqui, come invece si è soliti fare: secondo la stampa tedesca, Scholz non voleva dare modo a Orbán di esporre ai media la sua visione filo-russa e anti-UE. Il premier ungherese ha comunque bisogno del sostegno tedesco per due ordini di motivi. Il primo è che la Germania è il maggiore investitore straniero e il primo partner commerciale di Budapest. Il secondo riguarda i 6 miliardi di euro del Dispositivo per la ripresa e la resilienza post-pandemia e una parte dei 34 miliardi del Fondo di coesione che la Commissione Europea minaccia di non concedere perché preoccupata per la situazione dello stato di diritto in Ungheria: l’ausilio tedesco sarà essenziale nella decisione in proposito che verrà presa entro il 19 novembre.

Al forum di discussione coi rappresentanti del mondo economico tedesco della scorsa settimana, Orbán ha fatto dichiarazioni forti su energia e sanzioni. Secondo il primo ministro magiaro, la politica sanzionatoria di Bruxelles trascura gli interessi europei e distrugge le economie di Berlino e di Budapest, facendo fare a Mosca i profitti di un anno nella metà del tempo: La politica UE delle sanzioni contro la Russia è primitiva nella sua implementazione e disastrosa nei suoi effetti. (…) Se applicassimo correttamente le sanzioni, i prezzi dell’energia non sarebbero alle stelle. La critica infatti non è rivolta allo strumento sanzionatorio in quanto tale, ma alla maniera con cui viene usato, che ha condotto a una situazione in cui un nano sanzione un gigante e alla fine il nano muore. Inoltre, l’obiettivo di lungo termine non dovrebbe essere quello di sostituire la dipendenza energetica verso la Russia da quella verso gli USA: Noi non vogliamo cambiare padrone, ma vogliamo l’indipendenza, spiega Orbán, precisando che l’interesse dell’Europa come acquirente è quello di avere diverse offerte sul tavolo in modo da poter scegliere la migliore sulla base di considerazioni economiche o politiche.

Ha poi elogiato il contributo che la Germania diede nel 2014 per evitare che scoppiasse una crisi internazionale peggiore: dopo la contestata riunificazione della Crimea alla Russia, i tedeschi sotto la guida di Angela Merkel proposero subito l’avvio di negoziati, salvando la situazione almeno per qualche anno. Orbán ha definito come un errore il fatto che in Occidente nessun altro abbia nel frattempo sentito il bisogno di trattare con la Russia, mentre lui si era recato a Mosca in missione di pace prima che scoppiassero le ostilità. Occorre un immediato cessate-il-fuoco non tanto fra Russia e Ucraina, ma fra Russia e Stati Uniti, perché sono questi ultimi il vero interlocutore con cui Mosca potrà negoziare, specifica Orbán. Secondo lui, il presidente americano Biden si è spinto troppo in là, a partire dal momento in cui ha chiamato Putin “killer” e “criminale di guerra”: per il premier ungherese, l’unica speranza di pace è in mano a Donald Trump. In un’intervista a radio Kossuth, la radio pubblica ungherese, Orbán ha aggiunto altre riflessioni in merito. Gli ungheresi ormai non sono più gli unici a chiedersi cosa sta succedendo e quali siano gli interessi che vengono serviti: chi ci sta veramente guadagnando? Dobbiamo fare le stesse domande ai nostri amici americani (…) perché noi europei ci stiamo certamente perdendo. Bisogna dunque rivolgersi agli americani facendo notare che se loro stanno vincendo e i russi difficilmente stanno perdendo, allora significa che tutta questa situazione è imbastita in un modo tale che gli europei possano soltanto rimetterci.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

Iscriviti alla newsletter di StrumentiPolitici