L’Italia secondo Sanremo: xenofoba, omofoba, sessista, patriarcale e violenta 

L’Italia secondo Sanremo: xenofoba, omofoba, sessista, patriarcale e violenta 

26 Febbraio 2023 0

Sarebbe proprio un Paese invivibile l’Italia, se fosse nella realtà come uscito dai monologhi proposti nell’ultima edizione del Festival di Sanremo. Xenofobia, omofobia, violenza, patriarcato avrebbero preso il sopravvento in questa povera nazione. Un’Italia dal declino valoriale costante e inesorabile che solo pochi illuminati possono salvare dall’inferno. Un’Italia con un popolo che sa solo odiare, odiare profondamente, odiare nel DNA. Altroché paese di poeti, santi e navigatori, come si diceva un tempo. L’Italia ormai è patria solo di spaghetti, mafia e mandolino. Una sorta di refugium peccatorum che merita esclusivamente disprezzo e contrizione. 

I monologhi sanremesi

È questa l’Italia come tratteggiata dalle “madrine” della 73esima kermesse della Canzone italiana: le signore e signorine Chiara Ferragni, Paola EgonuChiara Francini. Tre protagoniste femminili, quasi un’aggravante, che invitate dalla TV di Stato a calpestare il palco dell’Ariston per presentare le canzoni in gara – ormai vissute come un orpello mal digerito – hanno deciso, già che c’erano, anche di calpestare in mondovisione l’immagine della propria nazione. E tutto questo, quasi uno scherzo del destino, con sprezzo del pericolo e nonostante la dittatura grigia che secondo la loro descrizione avvinghierebbe questo Paese in macerie.  

Paola Egonu

Non sono qui a dare lezioni di vita”. Prima di iniziare il suo j’accuse, la pallavolista Egonu ci tiene a farci sapere di non essere a Sanremo per dare lezioni di vita. Peccato che poi, come sempre avviene per un’excusatio non petita, faccia proprio quello. È un’assurdità, pensando che la predica arriva da chi ha ricevuto tantissima dalla vita e in particolare dall’Italia, che l’ha scelta per difendere i colori della nazionale e per fare la portabandiera alle ultime Olimpiadi. Chiede al pubblico dell’Ariston: “Perché mi sento diversa, perché la vivo come fosse una colpa?”.

Foto - Paola Egonu durante il suo monologo
FotoPaola Egonu durante il suo monologo

La domanda è oltremodo corretta, ma se posta sul lettino dello psichiatra e non durante uno spettacolo televisivo nel quale indirettamente passa il messaggio che la colpa sia degli italiani e della classe politica al governo. Se la Egonu si sente diversa sicuramente non è colpa dell’Italia, ma forse sta nel profondo razzismo alla rovescia che l’attanaglia. 

Chiara Francini

Non è stato molto diverso il caso della conduttrice e scrittrice Francini. In un Paese – non l’unico – dove la denatalità è un problema dibattuto perchè ormai diventato preoccupante, lei decide di portare all’Ariston la scelta di non avere figli e di preferire a un certo punto della vita la carriera alla maternità. Il succo del discorso è che essere madri non deve bastare. Un becero inno al femminismo integralista, e non è un caso che nel suo monologo utilizzi il termine animalesco “figliare” per additare le amiche che negli anni rimanevano incinte. Nelle parole contro le amiche si legge tanto disprezzo: per lei sono loro quelle sbagliate.

Foto - Chiara Francini durante il suo monologo
FotoChiara Francini durante il suo monologo

Ed è questo il messaggio che passa in mondovisione al Festival. In un momento in cui tante donne che fanno di tutto per avere un bambino, pure sottoporsi a bombardamenti ormonali che le piegheranno in futuro e che vivono questo con dolore, lei sceglie di pronunciare un inno contro la maternità. D’altra parte, c’è la mortificazione della donna che legittimamente sceglie la carriera. Non vi è amore per nessuna scelta nelle parole della Francini, ma solo un pesantissimo rancore. Quando afferma “Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perchè non so cucinare, non sono sposata e non ho avuto figli” si nota una condanna che è solo nella sua testa: quella di chi si crogiola nella propria insoddisfazione e nel proprio sentirsi diversi. Ma diversi da chi?  

Ma diverso da chi?

E infine c’è il messaggio al figlio mai nato. “Essere figlio di una madre come me ti causerà solo dei problemi. Se sarai maschio io so e, quasi spero, che sarai gay e t’amerò così tanto. Però forse preferirei non lo fossi, perché sarà più difficile e io vorrei che per te fosse facile” spiega la Francini. Vuoi non metterci un po’ di Italia omofoba? Gentile Francini, tu a un punto della vita decidi di non avere figli, ma poi pontifichi su come dovrebbe essere tuo figlio? Lascialo dire a quelle madri che “figliano”, invece di parlare per luoghi comuni. Peggio ancora, la Francini si fa megafono di lobby organizzate che non chiedono la parità di diritti, ma nella loro folle ricerca di una società eterofoba perseguono la sopravvivenza della famiglia.

Basta leggere ogni santo giorno le prime pagine de La Stampa, Repubblica, Domani, Il Foglio: un coro che ogni giorno intona un inno contro la famiglia tradizionale. Basta leggere gli editoriali di Michela Murgia, la quale che ha salutato con letizia la fine del matrimonio di Totti e Ilary, “Evviva la normalità“, per capire chi monopolizza la società italiana. L’odio non può generare amore: e non basta utilizzare quest’ultima sacra parola in un articolo o un monologo per potersene appropriare. 

Chiara Ferragni

Ma Chiara Ferragni è riuscita però a fare anche peggio. Non parliamo solo della possibile scoppiazzatura del testo del suo soliloquio. Roberto Saviano sul taglia&cuci dei testi altrui ci ha costruito una carriera, senza che nessun giudice lo ritenesse passibile di denuncia e senza che l’opinione pubblica lo biasimasse: e allora si giunge alla conclusione che in Italia chi plagia viene sempre perdonato. Il problema è ciò che la Ferragni ha raccontato sul quel maledetto palco.

FOTO - Chiara Ferragni durante il suo monologo
FOTO – Chiara Ferragni durante il suo monologo

Anche qui torna prepotente l’immagine della donna in Italia. Quest’ultima, per la miliardaria dei social, non potrebbe che essere vista come madre. Non c’è spazio per un’altra visione. “Ti sentirai quasi sbagliata ad avere altri sogni al di fuori della famiglia” tuona la Ferragni. “La nostra società ha dei ruoli definiti: sei solo una mamma”. E ancora: “Quante volte la società fa sentire in colpa le donne perché vanno al lavoro stando dietro ai figli? Sempre”. Peccato che l’Italia non sia affatto così. Magari ci sono uomini che sì la pensano in questo modo, ma non sicuramente la maggioranza. Qualcuno ricordi alla Ferragni che l’Italia è il Paese della Montalcini e della Cristoforetti, della Bertone e della Agnelli, della Tamaro e della Meloni e di tante altre donne che ce l’hanno fatta.

Purtroppo però è impossibile che lei lo capisca, perchè il suo inconscio è completamente offuscato da una marea di luoghi comuni e di eccezioni elevate a regola. D’altra parte, la Ferragni utilizza sua figlia per vestirla con una maglietta con la scritta “fuck patriarcato”…  E allora cosa si può pretendere di diverso da un racconto distorto della realtà?

FOTO - Vittoria Lucia Ferragni, Instagram @chiaraferragni
FOTOVittoria Lucia Ferragni, Instagram @chiaraferragni

 

Da donna dovrai affrontare tante battaglie, leggerai centinaia di commenti che ti ricorderanno il sessismo normalizzato”: ecco, in tale frase c’è tutto il momento storico italiano.

Il momento storico italiano, un mondo visto alla rovescia

Appena provi a criticare qualcuno, quello si nasconde dietro il perbenismo di maniera. L’accusa a una donna con la quale non sei d’accordo diventa sessismo. La condanna a uno straniero che sbaglia si tramuta in razzismo o in xenofobia. L’attacco alla dottrina politically correct/cancel culture (woke come viene chiamata ora) magicamente si tramuta in fascismo o squadrismo. La ricerca di un modo di fare la pace senza schierarsi o provando a capire le ragioni della guerra per aprire alla diplomazia diventa putinismo. Avere dubbi sulla scienza vissuta come Fede diventa complottismo, terrapiattismo e ignoranza.

E proprio per questo modo di pensare che ormai governa l’Italia costituirebbe un peccato mortale lo strusciamento di Fedez e Rosa Chemical, un amplesso mimato conclusosi con un bacio tutt’altro che platonico durante la serata finale del festival. Un bacio tanto vuoto d’amore quanto vuoto è il rapporto di coppia tra Ferragni e Fedez pensando che dietro alle quinte c’è una moglie che deve “godersi” la scena sapendo che i bambini guardano a casa. Sempre meglio di pensare che non fosse già tutto scritto dai due… Restando però nel campo della buona fede, guai se ti indigni ancora vedendo questa immagine: sei bollato come bigotto, sei contro la fluidità dei giovani, sei contro il progresso.

FOTO - L'esibizione di Rosa Chemical con Fedez
FOTO – L’esibizione di Rosa Chemical con Fedez

No, basta, così non si può andare avanti. In questa edizione, complice il suo direttore artistico Amedeo Umberto Rita Sebastiani, in arte Amadeus, Sanremo ha presentato il peggio di questa pagina nera della storia italiana, anzi l’ha scritta di suo pugno. 

Un copione scritto e non spontaneo

Ma d’altra parte non poteva che essere così. L’antipasto si era avuto sin da quando Amadeus aveva provato a ospitare l’intervento in diretta del presidente ucraino Zelensky. Un tentativo goffo, visto che già l’Eurofestival lo aveva ritenuto inopportuno. E soprattutto l’ennesima dimostrazione di voler a tutti i costi schierare il Festival. Meglio avrebbe fatto a ospitare un messaggio di Papa Francesco per la pace: questo sì che sarebbe stato innovativo, anzi dirompente, visto che proprio i messaggi del Papa sono stati più volte censurati, bianchettati qualora sgraditi alla narrativa dei bellicisti del Terzo Millennio.

Vignetta - Sanremo 2023: Cannoni tra i fiori ©StrumentiPolitici.it
Vignetta – Sanremo 2023: Cannoni tra i fiori ©StrumentiPolitici.it

La Costituzione più bella del mondo 

Infine c’è stato il monologo di Roberto Benigni. Lui, quello che diceva che la nostra Costituzione è la più bella del mondo e poi voleva cambiare quel tanto che bastava a una certa fazione politica. Come raccontare al pubblico internazionale che i barbari sono alle porte e pronti a cambiarla in peggio?

No, non è così. La Costituzione italiana non è la più bella del mondo, né dal punto di vista di diritto né da quello dei contenuti. Potrebbe essere migliorata se ognuno facesse un passo indietro, per poi farne due avanti. Se si decidesse che non esiste solo il bianco e il nero ma anche il grigio. Se ci si arrendesse all’evidenza che progredire non vuol dire accettare o rinunciare a tutto.

Foto - Roberto Benigni saluta il presidente Mattarella al Festival
FotoRoberto Benigni saluta il presidente Mattarella al Festival di Sanremo

Non esistono Costituzioni immutabili, caro Benigni e caro Amadeus. Ma anche caro presidente Mattarella che si crogiolava ascoltando l’assurdo per un uomo di diritto. Non esistono perchè le Costituzioni le scrivono i popoli, quello che non cambia sono solo i diritti. E l’Italia è un Paese che rispetta i diritti, forse anche troppo. Li rispetta talmente tanto da permettere che un evento nazionale, trasmesso in mondovisione, possa diventare la cartolina sulla quale sputare contro il proprio Paese dipingendolo come il peggiore possibile. In nessun altra democrazia avrebbero permesso tanto.

Una Italia xenofoba, omofoba, sessista e violenta che però, non si sa per quale “miracolo”, dà voce a tutti, sempre e comunque. 

Marco Fontana
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