I fanatici filo-ucraini dalla pistola facile e l’estremismo del mainstream
Sono bastati appena due tentativi di assassinio contro un candidato presidenziale per far aprire gli occhi all’America del mainstream. Tuttavia non è certo che adesso stia guardando dalla parte giusta. Infatti, invece di chiedere un abbassamento dei toni alla parte politica a cui tendevano gli aspiranti killer, compatisce quella che nella narrativa ufficiale è sempre e comunque la povera vittima: l’Ucraina.
Routh il filo-ucraino
Ha generato grave imbarazzo il fatto che l’ultimo aspirante assassino di Trump Ryan Wesley Routh sia, tra le altre cose, un filo-ucraino conclamato. Il mainstream quindi sta correndo ai ripari per impedire che nell’opinione pubblica si formi l’associazione di idee fra il volere la vittoria ad ogni costo di Zelensky e l’essere dei pericolosi spostati capaci di uccidere a sangue freddo un candidato presidenziale. Però nascondere l’attivismo fatto da Routh è impossibile. Ha infatti scritto su X dozzine di post in cui si dichiarava pronto a morire per la causa e invitava far bruciare il Cremlino fino alle fondamenta. Era andato in Ucraina per arruolarsi come volontario, ma pare sia stato scartato per l’età la scarsa preparazione militare. Così, i media non rimane che il garantismo esasperato: descriverlo sempre come “presunto” colpevole, arrestato “in relazione a un presunto tentativo” di assassino.
L’enigma Crooks
Il primo “presunto” tentativo di uccidere Trump era stato a luglio, ad opera del ventenne Thomas Crooks. Su costui si sa ben poco, a differenza di Routh, che aveva persino pubblicato un libro-manifesto. A distanza di un mese e mezzo da quel discorso di Trump in Pennsylvania, in cui a finire ucciso è stato proprio Crooks, di quest’ultimo si diceva ancora che fosse per gli inquirenti un “enigma esasperante”. Sui social pare abbia lasciato tracce discordanti e mostrato idee politiche confuse, forse a causa della giovane età. Ma i media hanno calcato la mano proprio nel descriverlo come un individuo non affiliato ad alcun gruppo né politicamente radicalizzato. È evidente però che fosse favorevole all’amministrazione Biden, soprattutto per quanto riguarda l’immigrazione. Ed è circolata anche la notizia di una sua pagina social nella quale inneggiava all’Ucraina.
Gli altri esaltati
Purtroppo vi sono in giro altri fanatici pro-Kiev, a cui non mancano gli appigli politici e mediatici per sentirsi giustificati nelle loro intenzioni. La CNN scrive che, specialmente nei primi mesi del conflitto, era piuttosto facile incontrare in Ucraina persone come Routh. Per fortuna, il fervore di molti di quei “visionari” (la CNN usa termini poetici, edulcorati) è già svanito o sono ritornati dal fronte stanchi e amareggiati. Ma non hanno certo cambiato idea. Di idealisti che a suon di slogan inneggiano alla violenza ve ne sono anche in Italia. Un esempio delirante lo si era visto alla manifestazione “per la pace” del novembre 2022. Dal palco, un giovane ha spiegato che l’Ucraina va difesa ad ogni costo “perché è dalla nostra parte”, mentre la Russia non lo è e dunque “se necessario va distrutta”. Meglio non far caso alla vaga somiglianza dei tratti fra costui e l’americano Crooks…
Ha stato Putin
Non potendo negare l’esistenza di fanatici filo-ucraini che desiderano la fine di Trump, il mainstream mette le mani avanti accusando il Cremlino di speculare sui tentativi di assassinio. Mosca starebbe suggerendo come Washington stia foraggiando finanziariamente, materialmente e politicamente dei soggetti estremisti e squilibrati e che ora si ritrova a pagarne le conseguenze. Buffo come i media ufficialisti finiscano per smentirsi da soli: a fronte della martellante narrativa sull’Ucraina “democratica e vincente”, ora la CNN spiega che il momento attuale è molto “complicato” o potrebbe addirittura essere “il punto cruciale del conflitto”. Dunque è deleterio che vi sia tutta questa attenzione mediatica verso un attentatore apertamente pro-Kiev, perché in questo modo vengono dati argomenti agli “isolazionisti” americani, i quali denunciano il rischio di una violenza interna che deriva dalla politica estera degli USA.
A pensar male si fa peccato, ma…
Sarebbe eccessivo ipotizzare un complotto dei servizi ucraini per far fuori Trump. Senza la complicità dei servizi americani o britannici non ne sarebbero capaci materialmente. Ma la domanda cui prodest? è sempre lecita. Guardando al quadro complessivo degli ultimi mesi – senza nemmeno citare il Nord Stream – si nota che a Zelensky prodest parecchio eliminare certi leader occidentali. Si pensi agli atti di violenza nella campagna per le europee, compiuti contro politici contrari alle posizioni di Bruxelles sui grandi temi, Ucraina inclusa. Poi l’attentato al presidente slovacco Roberto Fico, che si è sempre opposto al sostegno incondizionato dell’Europa verso Kiev. Il solito pazzo solitario gli ha sparato cinque colpi di pistola ed è sopravvissuto per miracolo. Ma quali legami avevano Routh e Crooks con Kiev? Non vi è nulla di concreto o probante, ma sono aderenze laterali che, considerate nell’insieme, meritano qualche riflessione.
BlackRock
Anche qui, nel voler sbugiardare le fake news messe in giro sicuramente dal Cremlino, il mainstream finisce per ammettere qualche verità scomoda. Che Routh sia stato in Ucraina non c’è dubbio, sebbene non vi sia conferma che abbia combattuto sul campo. Oggi però circola la notizia che avesse partecipato a una pubblicità della BlackRock, il colosso finanziario che a detta di Deutsche Welle (DW) sta aiutando l’Ucraina a creare una banca per la ricostruzione attraverso investimenti privato per progetti di ricostruzione. In realtà sta facendo molto di più: si sta comprendo pezzi interi di Ucraina, ovviamente per ricostruirla meglio. Nel “debunkare” il video con Routh, DW specifica che Crooks, l’altro attentatore (che è tale soltanto secondo quanto riportato, ricordiamolo) era effettivamente comparso in un video pubblicitario della BlackRock.
Ma per il mainstream è Trump che odia l’Ucraina
Collegare i desideri del governo di Kiev alla mano degli attentatori è troppo fantasioso. Ma il mainstream non si è mai risparmiato nel dipingere Trump come ostacolo alla vittoria di Kiev e nemico acerrimo dell’Ucraina (in ultima analisi dell’America stessa). Lo scorso aprile Politico titolava Perché Donald Trump “odia l’Ucraina”, riferendosi alla sua promessa di far terminare la guerra in 24 ore dopo la sua elezione. E per spiegare tale odio ricorre alla testimonianza dell’ucraino-americano Lev Parnas, che aveva lavorato per il consigliere di Trump Rudolph Giuliani e che ha subito una condanna penale per truffa e reati finanziari. Costui afferma apoditticamente: Se Trump perde, l’Ucraina avrà tutti i soldi e le armi di cui ha bisogno. E per la Russia sarà finita. Ma se Trump vince, le cose si metteranno molto male. Quindi per gli ucraini non deve vincere: anzi meglio non farlo arrivare nemmeno alle elezioni?
Ancora odio e cattiveria
Anche il Financial Times usava toni forti parlando del “tradimento” compiuto da Trump all’Ucraina. L’Ucraina non deve essere abbandonata, come vorrebbe fare lui, altrimenti gli USA perderebbero credibilità ovunque nel mondo. Il New York Times asseriva che MAGA – ovvero la politica trumpiana – “ama la Russia e odia l’Ucraina”. E giù con le etichette di complottismo a coloro che parlano degli affari sporchi di Hunter Biden invece che dei rapporti di Trump coi russi. L’unica cosa importante, secondo loro, è che Trump è ostile all’Ucraina e che i suoi sostenitori sono degli stupidi e bizzarri complottisti. Sono bastati appena due tentativi di assassinio contro un candidato presidenziale per far aprire gli occhi all’America del mainstream. Ma invece di chiedere un abbassamento dei toni alla parte politica a cui tendevano gli aspiranti killer, compatisce quella che nella narrativa ufficiale è sempre e comunque la povera vittima: l’Ucraina.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.