Libia, due forum delle tribù dopo la sospensione di Bashagha
Il tessuto sociale e tribale della Libia è in pieno fermento dopo la decisione da parte del Parlamento libico, la Camera dei Rappresentanti (HoR) di sospendere il Primo Ministro dell’autorità parallela dallo stesso istituita, Fathi Bashagha. Mentre si profilano nuove alleanze e nuovi attori sulla scena politica, sabato 20 maggio, si è svolto nella capitale Tripoli, presso la tenda presidenziale in Tariq Al-Siqqa, il “Forum Costanti nazionali per mettere fine alla crisi in Libia” sotto gli auspici del Consiglio Supremo degli Anziani e dei Notabili, che ha convenuto dignitari, NGOs, istituzioni ed organizzazioni della società civile.
“A causa dell’attuale divisione politica che sta attraversando il nostro Paese, la Libia, e degli organismi politici aggrappati al potere, considerato il fallimento delle elezioni presidenziali previste per il 24 dicembre 2021, siamo riuniti in questa sede per respingere il tredicesimo emendamento approvato dagli stessi organi che continuano ad essere aggrappati al potere perché porta a ripetere le elezioni presidenziali nello stesso modo in cui sono fallite in passato”.
Si legge nel documento conclusivo, che aggiunge: “Secondo questo emendamento, le elezioni legislative non si terranno e questi organi politici (HOR e HCS ndr), che hanno terminato la loro legittimità, rimarranno al potere. Così la divisione e la crisi continueranno”.
La spada di Damocle delle interferenze straniere
I partecipanti al forum hanno riaffermato che le costanti nazionali per porre fine alla crisi libica sono: “L’unità del Paese contro la frammentazione utilizzata da alcuni Paesi stranieri per perseguire i propri interessi, una Libia per tutti, unendo i ranghi e la parola per far uscire la Libia dalla sua attuale crisi. È necessario porre fine all’attuale stato di divisione politica conducendo elezioni legislative per creare un unico corpo legislativo politico che rappresenti tutti i libici, le loro tribù e le quote regionali”.
Prosegue il documento, e ancora: “Il nuovo parlamento completa il processo legale e adotta la costituzione permanente del Paese come preludio per tenere le elezioni generali e far uscire la Libia dalla tutela internazionale. Il nuovo parlamento completa inoltre le leggi necessarie per una completa riconciliazione nazionale”. Elezioni legislative dunque, prima di quelle presidenziali, per poi approvare una Costituzione permanente per il Paese nordafricano, precipitato nel caos dal rovesciamento del colonnello Gheddafi nel 2011, che ha lasciato spazio ad una proxy war con l’ingresso di nuovi attori spesso lontani, come Cina, Russia, Stati Uniti e Paesi del Golfo.
A tal proposito, i gli anziani e i notabili della Libia, hanno riaffermato tra le costanti da sostenere per raggiungere la stabilità, la necessità che la Libia esca dall’onere del Capitolo VII delle Nazioni Unite e che tutte le forze straniere vengano ritirate. Secondo questa iniziativa, sarà il presidente eletto a completare la riconciliazione nazionale globale in conformità con la legislazione approvata dal nuovo Parlamento.
L’appello alla Comunità internazionale
Infine i dignitari hanno espresso le proprie raccomandazioni alla Comunità internazionale: “Per evitare che la missione ONU venga citata come missione di supporto ad un partito, la invitiamo a non approvare soluzioni che non portino alla fine della crisi libica e ad adoperarsi per sostenere ciò che è logico, pratico e possibile, ossia tenere elezioni legislative e non fare pressioni per approvare le attuali elezioni presidenziali, che chiediamo siano rinviate di alcuni mesi fino all’adozione della costituzione permanente per la Libia”.
Rivolgendosi ai Paesi che interferiscono nei loro affari interni, gli anziani e i notabili hanno chiesto: “In queste circostanze critiche caratterizzate dallo stato di divisione politica, che richiede ai libici di unificare il corpo politico che li rappresenta, chiediamo a tutti i paesi di non interferire nelle elezioni legislative che si terranno, a Dio piacendo, e di lasciare che i libici eleggano qualcuno che li rappresenti per unire la Nazione”.
Ed infine, un appello ai loro concittadini: “Cari libici, non c’è modo di porre fine alla crisi nel nostro Paese se non rompendo il nostro silenzio, chiedendo la ripresa delle elezioni legislative, la nostra collaborazione e intensificando i nostri sforzi. Spetta a noi preservare il nostro prestigio e vegliare sulla nostra sicurezza e stabilità, perché ognuno è responsabile e interessato a osservare Dio nell’eleggere un rappresentante dei libici in questo organismo prospettico, sul quale faremo affidamento nella scelta di un Governo di competenze”.
I movimenti nella Libia orientale
Simultaneamente nella Libia orientale, a Ras Lanuf, la Commissione nazionale degli sceicchi e notabili della Libia, insieme ad organizzazioni e partiti politici, sindacali, giovanili e femminili, ha tenuto il proprio forum.
“Questo progetto nazionale – si legge nel documento conclusivo dell’evento – si basa su una lettura obiettiva e realistica dei fatti per raggiungere una serie di risultati richiesti dalle fasi di dialogo e della costruzione della fiducia e della stabilità duratura, i più importanti dei quali sono: condurre elezioni presidenziali e parlamentari simultanee ed eque e accettarne i risultati; garantire l’indipendenza e la sovranità dello Stato attraverso l’unificazione dell’establishment militare e di sicurezza; lavorare per trovare un’unica autorità esecutiva che imponga il suo controllo sull’intero territorio libico e crei l’ambiente appropriato per lo svolgimento delle elezioni”.
I notabili riunitisi a Ras Lanuf hanno fatto sapere di pensare alla formazione e alla convocazione di una conferenza costituente nazionale globale per la soluzione in Libia, mentre continuerà a seguire gli sviluppi nel Paese.
Tante teste, tante idee
Insomma tutti d’accordo su pace, unità e sovranità territoriale, ma punti di vista differenti sulle modalità con cui accompagnare il proprio Paese fuori dalla crisi, tra chi sostiene la roadmap presentata già da tempo dal Governo di Unità Nazionale che prevede elezioni parlamentari come primo step ed elezioni presidenziali secondo una Costituzione che dovrebbe essere approvata dalla nuova Camera, e chi invece crede che l’unica soluzione, affinché tutte le parti accettino i risultati, sia indire elezioni presidenziali e legislative simultaneamente.
Un processo già destinato a fallire quest’ultimo senza una chiara base legale che indichi chi possa correre alla carica di presidente e chi no. Intanto sembrano essere riprese le consultazioni del comitato paritetico formato da HoR e HCS (6+6) per risolvere questo gap e concordare una base legale per legittime elezioni.
Il pensiero di Mohammed Al-Mubashir
Sul terreno, a provare ad unificare le posizioni espresse durante i due forums, è Mohammed Al-Mubashir, capo del Consiglio tribale per la Riconciliazione che afferma: “Benvenuto al desiderio di salvare il Paese e lo sforzo di unire il mondo e serrare i ranghi per questo nobile obiettivo. Spero di vedere le costanti nazionali confermate a Tripoli ea Ras Lanuf, ferma convinzione nella coscienza di ogni libico. Vi invito tutti ad un incontro unitario che includa tutte le élite libiche presenti nelle due città in una città al centro del Paese che non è affiliata né all’est né all’ovest, né a questo orientamento politico, né a quello”.
L’agenda proposta da Mubashir consiste fondamentalmente sul “mettere pressione popolare ad HoR ed HCS per porre fine all’attuale stato di futilità politica; sostenere l’unificazione dell’establishment militare; l’uscita di tutte le figure controverse dalla corsa alle elezioni presidenziali fino all’adozione di una costituzione per il paese attraverso il Consiglio giudiziario supremo; lavorare in tutta serietà per l’uscita di tutte le forze straniere dalla Libia a qualsiasi costo”.
La sospensione di Fathi Bashaga
Tutto ciò arriva dopo che il Parlamento ha approvato martedì, a maggioranza, la sospensione del primo ministro designato Fathi Bashagha mettendolo sotto inchiesta e nominando al suo posto il ministro delle Finanze nello stesso esecutivo, Osama Hammad. Diversi i motivi che avrebbero portato alla rimozione di Bashagha, il mancato ingresso a Tripoli ha avuto di certo il suo peso, ma non sarebbe stato determinante.
Alcuni sostengono che Bashagha avrebbe rifiutato di pagare somme di denaro ai figli del Generale Khalifa Haftar; poi c’è la mancanza di chiarimenti sulle fonti dei suoi finanziamenti, che ammontano a miliardi di dinari da spendere per il suo governo; infine, e non ultimo, l’accordo di condivisione del potere tra Abdel Hamid Dbeiba nella Libia occidentale ed Haftar, a capo dell’esercito orientale.
Bashagha ha tentato ripetutamente di entrare a Tripoli facendo affidamento sul sostegno di alcuni gruppi armati rifugiatisi a Zawiya e Zintan, tra i ranchi del generale Osama Juwaily. Il premier fu costretto a restare a Bengasi e Sirte, così come avvenne per il suo predecessore, Abdullah Al-Thani, rimasto a capo di un governo parallelo che non ebbe alcun riconoscimento internazionale. Bashagha, che secondo fonti del suo entourage avrebbe appreso della decisione dei parlamentari solo due giorni prima, da mesi starebbe negoziando una nuova posizione che lo vedrebbe a capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale organo che risponde direttamente al Consiglio di presidenza, guidato da Mohammed Al-Mnefi e sotto il controllo dell’HoR.
Vanessa Tomassini è una giornalista pubblicista, corrispondente in Tunisia per Strumenti Politici. Nel 2016 ha fondato insieme ad accademici, attivisti e giornalisti “Speciale Libia, Centro di Ricerca sulle Questioni Libiche, la cui pubblicazione ha il pregio di attingere direttamente da fonti locali. Nel 2022, ha presentato al Senato il dossier “La nuova leadership della Libia, in mezzo al caos politico, c’è ancora speranza per le elezioni”, una raccolta di interviste a candidati presidenziali e leader sociali come sindaci e rappresentanti delle tribù.
Ha condotto il primo forum economico organizzato dall’Associazione Italo Libica per il Business e lo Sviluppo (ILBDA) che ha riunito istituzioni, comuni, banche, imprese e uomini d’affari da tre Paesi: Italia, Libia e Tunisia. Nel 2019, la sua prima esperienza in un teatro di conflitto, visitando Tripoli e Bengasi. Ha realizzato reportage sulla drammatica situazione dei campi profughi palestinesi e siriani in Libano, sui diritti dei minori e delle minoranze. Alla passione per il giornalismo investigativo, si aggiunge quella per l’arte, il cinema e la letteratura. È autrice di due libri e i suoi articoli sono apparsi su importanti quotidiani della stampa locale ed internazionale.