Immigrazione, conferenza regionale intende rafforzare la cooperazione tra Libia e Sahel

Immigrazione, conferenza regionale intende rafforzare la cooperazione tra Libia e Sahel

23 Novembre 2022 0

Si conclude oggi a Tunisi, presso l’Hotel Movenpick di Gammarth, la conferenza regionale di alto livello sulla cooperazione transfrontaliera tra Libia e il Sahel, una due giorni organizzata da EUBAM, il Regional Advisory and Coordination Cell (RACC) in collaborazione con il programma CT-JUST. “Desidero ringraziare Sua Eccellenza Othman Jerandi, Ministro degli Affari Esteri, della Migrazione e dei Tunisini all’estero, per averci ospitato a Tunisi, il Sig. Moussa Al-Koni, Vice Presidente del Consiglio di Presidenza dello Stato della Libia. Quindi, il signor Francisco Esteban Perez, vice comandante delle operazioni civili, capacità di pianificazione e condotta civile, e Natalina CEA, capo missione di EUBAM Libia, co-organizzatore della conferenza”. Ha dichiarato Emanuela Del Re, Rappresentante Speciale dell’EU per il Sahel.

La conferenza è un’occasione importante per affrontare le sfide della gestione delle frontiere che interessano sei paesi – Burkina Faso, Ciad, Libia, Mali, Mauritania e Niger – sia a livello nazionale che regionale, e per discutere strategie e azioni a sostegno della cooperazione transfrontaliera tra la Libia e il Sahel”. Ha dichiarato Del Re, aggiungendo che “l’Unione Europea ha un interesse strategico nel promuovere la cooperazione transfrontaliera come modo efficace per promuovere la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo sostenibile a livello regionale. L’UE è impegnata nell’area con numerose iniziative e progetti sia a livello nazionale che regionale e questa conferenza di alto livello di due giorni testimonia l’importanza di un approccio integrato e regionale, in particolare nell’affrontare le questioni legate ai confini”.

Il vice – presidente del Consiglio libico, Mousa Al-Koni, ha sottolineato l’importanza della messa in sicurezza dei confini sia per il contrasto all’immigrazione, ma anche per la “lotta al terrorismo, un fenomeno che non ha orientamenti politici, né etnia, né religione. Ma il cui unico scopo è quello di uccidere e distruggere”. Al-Koni, durante il suo discorso di apertura, ha benvenuto la conferenza regionale del Sahel, come un “opportunità per comprendere cosa vogliamo dall’UE e come possiamo lavorare insieme per la sicurezza e la stabilità dei nostri Paesi”. Il vice-presidente libico si è rammaricato per le condizioni in cui la Libia è precipitata negli ultimi dieci anni, in particolare per “la proliferazione di armi e l’incapacità di controllare i propri confini. Molti Paesi hanno pagato il prezzo di questa instabilità. Il traffico di armi al confine con il Mali, o con il Niger, ha portato al collasso talvolta di questi Paesi”. Ha proseguito Al-Koni, ricordando la morte del presidente del Ciad Idriss Déby ucciso da queste armi per mano dell’opposizione.

Il vice presidente libico ha auspicato, inoltre, che il suo Paese possa tornare quanto prima ad avere il suo naturale ruolo storicamente positivo per l’intera regione. “Dal 2011, molte famiglie si sono trasferite dalla Libia al Niger,” ha aggiunto, sottolineando che la stabilità della Libia e dei Paesi G5 è interconnessa. Riguardo all’immigrazione illegale e clandestina, Al-Koni ha affermato che quanti entrano in Libia per intraprendere il pericoloso viaggio verso l’Europa, spesso finiscono nelle mani dei trafficanti e di organizzazioni terroristiche, indicando che questi gruppi spesso collaborano con organizzazioni criminali europee. “L’Europa crede di essere la prima vittima, ma in realtà non è così. Non è il momento di incolparci l’un l’altro, ma di collaborare per trovare soluzioni condivise in quanto i Paesi del Sahel necessitano di un grande sostegno”. Ha concluso.

Natalina Cea, capo di Eubam Libia, prendendo la parola, ha spiegato che la conferenza intende rafforzare la cooperazione nel contrasto al terrorismo ed altre minacce transfrontaliere. Verrà data attenzione durante le discussioni agli aspetti di gestione dei confini come le strategie già esistenti e le modalità per rafforzare le performance degli attori coinvolti. La Conferenza intende facilitare e promuovere la cooperazione tecnica tra la Libia e i Governi dei cinque Paesi Sahel (Burkina Faso, Chad, Mali, Mauritania e Niger) nella sicurezza dei confini. La due giorni vedrà cinque panel di discussioni: gestione e sicurezza dei confini e il loro impatto sulla stabilità regionale; politiche nazionali e strategie di controllo dei confini tra Libia e Sahel; Cooperazione internazionale e scambio di informazioni; impegno delle comunità locali in supporto di un approccio inclusivo nella gestione dei confini; quindi nuove tecnologie di sorveglianza. All’evento partecipano le delegazioni straniere dei Paesi interessati, per l’Italia è presente l’inviato speciale in Libia, Nicola Orlando.

Per il secondo giorno della Conferenza i Paesi partecipanti (Libia e i cinque Paesi Sahel) hanno chiesto una riunione a porte chiuse per confrontarsi tra loro e formulare raccomandazioni e richieste da presentare all’Unione Europea. L’iniziativa ha toccato diversi argomenti che rischiavano di toccare la sensibilità di alcuni attori statali, fortunatamente il discorso di apertura del vice-presidente libico è riuscito a prevenire alcuni dissapori, scusandosi per gli effetti che l’instabilità e la proliferazione di armi in Libia ha avuto sui Paesi vicini.  In questo contesto ha assunto fondamentale importanza il ruolo delle comunità locali nel supportare i controlli alle frontiere, rafforzando la cooperazione tra i cittadini e le autorità nazionali, comprese agenzie di frontiera, forze di sicurezza e autorità giudiziarie, per garantire la sicurezza di ciascuna Nazione. Gli intervenuti hanno scambiato con partecipazione attiva le migliori pratiche internazionali, compresa la costruzione della fiducia tra le popolazioni e le agenzie di frontiera, nonché i principi dei diritti umani durante i controlli ai valichi di frontiera. L’ultimo panel, dedicato alle nuove tecnologie disponibili per condurre un’efficace sorveglianza e controllo delle frontiere, presenta i sistemi e gli strumenti avanzati disponibili per eseguire un’efficace sorveglianza delle zone di frontiera, con la partecipazione di Marcello Minenna, Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ed una presentazione da parte dell’azienda italiana Leonardo.

A margine dell’incontro, la capo missione EUBAM Libia, Natalina Cea, ha spiegato che la Missione lavora su tre settori: board management, law enforcement, e criminal justice. “Data l’imminente scadenza del mandato, è in fase di revisione strategica per adattare il sostegno alle richieste libiche che chiedono sempre di più all’Unione Europea un impegno complessivo che riguardi l’intero territorio del Paese”.  Il Governo libico ha spesso sottolineato come la Libia sia un Paese di transito e non di origine dei flussi migratori verso le coste europee. A tal proposito, Cea ha detto: “Le richieste delle autorità libiche di concentrare gli sforzi europei su tutti i confini, inclusi quelli a sud del Paese, sono condivisibili, anche in considerazione della vastità dei confini a sud e della limitata presenza delle forze di controllo. Un’azione sinergica e strategica tra sud e nord del Paese aiuterebbe anche a intercettare e controllare i traffici, inclusi quelli di essere umani, che proliferano in territorio libico e diventano fonte di speculazione e di violazioni di diritti umani”. È necessario dunque – prosegue Natalina Cea – porre maggiore attenzione al controllo dei confini meridionali, attraverso un approccio a medio e lungo termine, rafforzando la collaborazione tra la Libia e i Paesi vicini e questo è l’obiettivo principale della conferenza. L’ idea è partire da un’analisi delle problematiche legate ai controlli di frontiera, attraverso cinque gruppi tecnici che partendo da una analisi della situazione attuale individui metodologie e strategie di cooperazione transfrontaliera, comprese quelle offerte dalla tecnologia”. È ormai chiaro che combattere l’immigrazione illegale solamente lungo le coste non è risolutivo. Stiamo parlando di problemi di vecchia data, alcuni dei quali preesistenti al 2011, come il problema socio economico di Chad e Niger, che richiedono un approccio strutturale diverso ed un’azione coordinata tra i vari attori statali. Passano 400km di deserto dall’ultimo punto in cui vi è accesso ad acqua ed elettricità in Libia e il primo check point in Chad. Parliamo di vastissime aree desertiche spesso abbandonate inabitate, dove i migranti che decidono di entrare in Libia per compiere il pericoloso viaggio verso l’Europa, finiscono nelle mani dei trafficanti e bande armate, come ha ricordato il vice-presidente Al-Koni ricordando i camion che era solito vedere nella città di Sabha già dalla sua infanzia. Insieme, i paesi del G5 Sahel – Ciad, Mali, Niger, Burkina Faso e Mauritania – coprono un vasto territorio  e la  loro popolazione, cinque volte inferiore a quella dell’UE, è raddoppiata negli ultimi 20 anni, raggiungendo oggi 84 milioni di persone. La maggior parte della popolazione dei paesi del G5 Sahel ha meno di 15 anni (47%) e fa fatica ad accedere ai servizi pubblici di base come sicurezza, giustizia, assistenza sanitaria, istruzione e acqua. Secondo la Banca mondiale, il PIL pro capite medio nella regione è stato di 777 dollari nel 2019, 45 volte inferiore a quello dell’UE. Dal punto di vista della sicurezza, i paesi del Sahel affrontano minacce come terrorismo, criminalità transnazionale, recrudescenza della ribellione armata e conflitti intercomunitari. Tali minacce vanno ben oltre la capacità delle loro strutture di sicurezza e difesa di affronta

Vanessa Tomassini
Vanessa Tomassini

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