Il Magistero narrante di Papa Francesco. Le storie della letteratura e del cinema, la poesia e le arti. Il racconto costruisce comunità e apre il cuore a Dio

Il Magistero narrante di Papa Francesco. Le storie della letteratura e del cinema, la poesia e le arti. Il racconto costruisce comunità e apre il cuore a Dio

26 Aprile 2025 0

Il racconto costruisce comunità e apre il cuore a Dio.

“La parola letteraria è come una spina nel cuore che muove alla contemplazione e ti mette in cammino. La poesia è aperta, ti butta da un’altra parte.

Come è assolutamente comprensibile e persino giusto, in questi giorni, scorre copioso il fiume d’inchiostro su Papa Francesco e il suo peculiare modo d’aver interpretato la successione a Pietro. Tra gli aspetti meno indagati, eppure assai rilevante, la sua attenzione al valore e al ruolo della letteratura, delle narrazioni in genere, che la citazione riportata appena sopra certifica.

Giova ricordare subito un dato biografico: il Pontefice che ha preso commiato dalla vita terrena il Lunedì dell’Angelo fu professore di Letteratura in una scuola gesuita di Santa Fe, tra il 1964 e il 1965. Un’esperienza che ha spesso richiamato in termini positivi per il significato che ha avuto per la sua crescita personale e sacerdotale.

Sono numerosi, nei dodici anni di pontificato, i riferimenti ad opere letterarie, a quelle di poeti e anche di cineasti. Proveremo qui a raccoglierne alcuni, facendo nostra la considerazione di padre Antonio Spadaro secondo cui “Jorge Mario Bergoglio [era] una persona che vive[va] la poesia e l’espressione artistica come parte integrante della sua spiritualità e della sua pastorale. Mi era capitato già varie volte, sentendolo parlare da papa, di aver riconosciuto una criptocitazione di passaggio, posta lì senza premesse né spiegazioni «colte». Il suo discorso ama[va] le metafore ed[era] naturalmente impastato di echi d’arte (…) Per Bergoglio la letteratura e l’arte sono vita.

Occorrono “poeti sociali”

In più occasioni, poi, il Papa gesuita e argentino ha impiegato l’espressione “poeti sociali” per indicare quanti imprimono un segno di cambiamento reale nella dimensione politica. Una poesia come arte del fare, dunque, in coerenza con l’etimologia della parola (dal greco poiein), ma anche come arte della speranza.

Tra i molti esempi, si può qui ricordare un passaggio del suo videodiscorso ai Movimenti Popolari nel loro IV Incontro mondiale:

voi siete poeti sociali, in quanto avete la capacità e il coraggio di creare speranza laddove appaiono solo scarto ed esclusione. Poesia vuol dire creatività, e voi create speranza. Con le vostre mani sapete forgiare la dignità di ciascuno, quella delle famiglie e quella dell’intera società con la terra, la casa e il lavoro, la cura e la comunità.

Per lui, specularmente possiamo ben dire, che la letteratura e l’arte mai furono da intendersi come un elitario laboratorio di sperimentazione, bensì frontiera avanzata della comunità.

L’essere umano di nutre di cibo e di storie

L’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie…, le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. (…) L’uomo non è solo l’unico essere che ha bisogno di abiti per coprire la propria vulnerabilità (cfr Gen 3,21), ma è anche l’unico che ha bisogno di raccontarsi, di “rivestirsi” di storie per custodire la propria vita.

Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti: infatti, la capacità umana di “tessere” conduce sia ai tessuti, sia ai testi. (…) L’uomo è un essere narrante perché è un essere in divenire, che si scopre e si arricchisce nelle trame dei suoi giorni. Tratte dal Messaggio per la 54a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, quella del 2020, queste affermazioni ben ci dicono come il compianto Santo Padre ponesse al centro la potenza delle narrazioni. Narr-azioni, potremmo quasi scrivere.

Per capire il cuore umano e il popolo

Cari poeti, – così scriveva Francesco nella lettera-introduzione a “Versi a Dio. Antologia della poesia religiosa” edita da Crocetti, dalla quale pure sono riprese le righe d’apertura – so che avete fame di significato, e per questo riflettete anche su come la fede interroga la vita. Questo “significato” non è riducibile a un concetto, no. È un significato totale che prende poesia, simbolo, sentimenti.

Il vero significato non è quello del dizionario: quello è il significato della parola, e la parola è uno strumento di tutto quello che è dentro di noi. Ho amato molti poeti e scrittori nella mia vita, tra i quali ricordo soprattutto Dante, Dostoevskij e altri ancora (…) Le parole degli scrittori mi hanno aiutato a capire me stesso, il mondo, il mio popolo; ma anche ad approfondire il cuore umano, la mia personale vita di fede, e perfino il mio compito pastorale, anche ora in questo ministero”. La sfida, insomma, di procedere per immedesimazione e immersione. Non solo quando si abbia a che fare con una lirica, ma anche con un romanzo o un film, si scopre sempre che “a tema” è posta la vita.

La lettura era da lui considerata indispensabile, rammentiamolo, poiché “obbliga ad ascoltare la voce di qualcuno” (cfr. “Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione” – 4 agosto 2024)

Il Padrone del Mondo” di Robert Hugh Benson

Uno suoi dei primi “consigli di lettura”, forse il più spiazzante per quanti hanno cercato di fare di Papa Bergoglio un esponente del progressismo planetario, è stato quello di un romanzo apocalittico oscuro, molto trascurato dalla sua pubblicazione nel 1907: Il Padrone del Mondo” di Robert Hugh Benson (sacerdote-scrittore, convertito dall’anglicanesimo al cattolicesimo). Consigliato ai fedeli in quanto libro che individua una “globalizzazione dell’uniformità egemonica”. Per dire, pure il cardinale Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, si riferì all’universalismo descritto in questo testoin un discorso pronunciato a Milano nel 1992.

L’autore immagina un futuro dominato da un pensiero unico, da una dittatura che si spaccia per umanitaria: uno scenario che anticipò quelli descritti da George Orwell e Aldous Huxley nelle loro opere. Nel distopico contesto l’unica forza alternativa è la Chiesa, della quale si cerca il consenso cercando di ricondurla dentro gli scemi del “nuovo potere”  e della sua ideologia. Praticamente l’accusa che tanti presunti esperti, molto presunti, hanno rivolto a ogni piè sospinto al defunto Santo Padre.

Alcuni altri autori amati

Nella “biblioteca del Papa” aveva un posto speciale Alessandro Manzoni. Lo scrittore lombardo gli fu sempre molto caro e confessò agli albori del pontificato:

Ho letto I Promessi sposi tre volte e ce l’ho adesso sul tavolo per rileggerlo. Manzoni mi ha dato tanto. Mia nonna, quand’ero bambino, mi ha insegnato a memoria l’inizio di questo libro.

Non di meno prediletto fu Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij. Un fondamento letterario, quasi, all’amore preferenziale per i poveri. Lo spiegò lui stesso in un’intervista data a Austen Ivereigh e pubblicata su La Civiltà cattolica l’8 aprile 2020: Mi permetto di dare un consiglio: è ora di scendere nel sottosuolo e passare dalla società ipervirtualizzata, disincarnata, alla carne sofferente del povero, è una conversione doverosa. E se non cominciamo da lì, la conversione non avrà futuro. Tra i poeti che gli furono autentici compagni, possiamo citare Clemente Rebora (si veda il discorso al Consiglio d’Europa) e il John Donne (con il suo celebre verso nessun uomo è un’isola).

In tante occasioni, poi, indico come lettura segnate il poema Martín Fierro dell’argentino José Hernández, che sogna una società inclusiva per tutti, dal commerciante porteño all’immigrato al gaucho del litorale. “Piemontese d’argentina”, però, ebbe sempre nel cuore il Nino Costa di “Rassa nostran-a”, la poesia che Nonna Rosa gli insegnò en piemontèis (“la lingua che ho imparato per prima”, come ricordava nell’autobiografia “Spera”).

“Il pranzo di Babette” e il felliniano “La Strada”

Non sono mancati i richiami alla “settima arte”. Uno addirittura in un documento dottrinale, la discussa Esortazione Apostolica Amoris Laetitia”. Al punto 129, vi si legge: Le gioie più intense della vita nascono quando si può procurare la felicità degli altri, in un anticipo del Cielo. Va ricordata la felice scena del film Il pranzo di Babette, dove la generosa cuoca riceve un abbraccio riconoscente e un elogio: «Come delizierai gli angeli!». È dolce e consolante la gioia che deriva dal procurare diletto agli altri, di vederli godere. Tale gioia, effetto dell’amore fraterno, non è quella della vanità di chi guarda sé stesso, ma quella di chi ama e si compiace del bene dell’amato, che si riversa nell’altro e diventa fecondo in lui.

La pellicola del 1987 scritta e diretta da Gabriel Axel, tratta dall’omonimo racconto di Karen Blixen, viene richiamata perché nella generosità disinteressata di Babette, si vede un esempio che tutti dovrebbero seguire. Babette ha speso l’intera somma vinta alla lotteria per preparare quel pranzo, investendo settimane intere per organizzare il pasto e assicurarsi di avere tutti gli ingredienti necessari. Una gioia che non si concentra sulle esigenze dell’egoismo, bensì sulla felicità degli altri.

In più di un’omelia, tra cui una pasquale con una lunga citazione “a braccio”, Papa Francesco dichiarò la passione per un’altra opera decisamente “non moralista”, cioè “La Strada” di Federico Fellini. In un’intervista a don Dario Vigano, lo definì

 il film che forse ho amato di più. M’identifico molto in quel film, in cui troviamo un implicito riferimento a san Francesco. Fellini ha saputo donare una luce inedita allo sguardo sugli ultimi. In quel film il racconto sugli ultimi è esemplare ed è un invito a preservare il loro prezioso sguardo sulla realtà. Penso alle parole che il Matto rivolge a Gelsomina: “Tu sassolino, hai un senso in questa vita”.

Commozione ed emozione. Per concludere e… riaprire

Compito dei credenti, e dei sacerdoti in particolare, è proprio “toccare” il cuore dell’essere umano contemporaneo affinché si commuova e si apra dinanzi all’annuncio del Signore Gesù ed in questo loro impegno l’apporto che la letteratura e la poesia possono offrire è di ineguagliabile valore.

T.S. Eliot, il poeta a cui lo spirito cristiano deve opere letterarie che hanno segnato la contemporaneità, ha giustamente descritto la crisi religiosa moderna come quella di una diffusa “incapacità emotiva”.  Alla luce di questa lettura della realtà, oggi il problema della fede non è innanzitutto quello di credere di più o di credere di meno nelle proposizioni dottrinali. È piuttosto quello legato all’incapacità di tanti di emozionarsi davanti a Dio, davanti alla sua creazione, davanti agli altri esseri umani. C’è qui, dunque, il compito di guarire e di arricchire la nostra sensibilità. Per questo, al mio ritorno dal Viaggio Apostolico in Giappone, quando mi hanno chiesto che cosa ha da imparare l’Occidente dall’Oriente, ho risposto: «credo che all’Occidente manchi un po’ di poesia»”. La conclusione, aperta ça va sans dire, non poteva che essere lasciata alle parole di Francesco. Spigolate ancora dalla “Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione”, queste considerazioni, come le migliori narrazioni portano lo sguardo “più in là”.

Marco Margrita
Marco Margrita

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