DL Sostegni bis, Valentina Aprea: “Un decreto figlio dell’emergenza dove però si è provocata una guerra tra i poveri del mondo della scuola”

DL Sostegni bis, Valentina Aprea: “Un decreto figlio dell’emergenza dove però si è provocata una guerra tra i poveri del mondo della scuola”

15 Giugno 2021 0

Oggi è avvenuta una mobilitazione degli insegnanti precari, dopo i presidi organizzati il 9 giugno da Flc CGIL, CISL Scuola, Uil Scuola Rua, SNALS, ANIEF in Piazza Montecitorio e nelle principali piazze italiane, nella settimana decisiva del voto degli emendamenti in V Commissione della Camera dei Deputati al Decreto Sostegni Bis. I sindacati hanno rimarcato “che le necessità della scuola ad oggi non trovano risposta nell’ultimo decreto legge approvato dal Governo a dispetto proprio di quel Patto per la Scuola sottoscritto con le parti sociali”, una situazione che rischia di lasciare scoperte la maggior parte delle 112 mila cattedre libere in organico di diritto. Abbiamo interpellato al riguardo la deputata di Forza Italia Valentina Aprea, componente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati e già Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tra il 2001 e il 2006 e assessore al Lavoro e all’Istruzione tra il 2012 e il 2018.

Infografica – La biografia dell’intervistata Valentina Aprea

– Onorevole che giudizio si è fatta del “Patto per la Scuola” e delle manifestazioni sindacali alle quali abbiamo assistito a seguito della proposta del DL Sostegni bis?

Facciamo una premessa. Ovviamente con un governo come quello Draghi, che dovrà spendere o per lo meno impostare la spesa dei 240 miliardi per il PNRR, era inevitabile che si arrivasse anche a un Patto anche per la Scuola. Perciò non ho trovato sconveniente tale accordo, ma semplicemente il momento non era quello adatto perché quel Patto è stato sottoscritto e firmato prima ancora che il ministro Bianchi presentasse alle Camere e ai partiti i piani di intervento – soprattutto alla luce del contenuto del decreto Sostegni bis, perchè si tratta di una fuga sia dai sindacati che dal Parlamento. Mi spiego meglio: il testo contiene delle norme di dettaglio di natura molto più amministrativa che legislativa. Sono presenti troppi rimandi a decreti, e commi di altri decreti, vi sono troppe norme in deroga e troppe deroghe alle deroghe. Così, molte materie oggetto di lavoro ministeriale, cioè natura amministrativa, e di confronto sindacale sono diventate dei macigni che pesano all’interno di norme che, come si sa, dovrebbero invece essere generali e indicare dei principi al governo. Certo, il decreto Sostegni bis, in particolare nella parte dedicata alla scuola, è un decreto figlio dell’emergenza.

Sul governo premevano determinate responsabilità: da un lato, superare l’emergenza sanitaria, divenuta poi emergenza formativa ed educativa (con una perdita di apprendimento valutata in uno o due anni di scuola), e dall’altro proprio per questo la necessità di garantire l’inizio del nuovo anno scolastico anticipato al primo settembre c soprattutto con docenti stabili. Questo mix è diventato esplosivo, in una scuola italiana che ha centiniaa di migliaia di precari, con problemi di spazio derivanti dal COVID, con la DAD e l’impreparazione dei docenti, con caranze tecnogiche e di edilizia scolastica. L’idea di doversi occupare contemporaneamente di tutto ciò e magari di risolvere tuttosubito ha crato quel “mostro” rappresentato dal Sostegni bis. E si è provocata una guerra tra poveri, ad esempio con le battaglie di inclusione o esclusione di categorie di docenti; ma quello che noi come Forza Italia valutiamo in modo particolarmente negativo è il livello di dettaglio veramente spaventoso a cui dovrebbe far fronte il Parlamento con modifiche a favore dell’una o dell’altra categoria di docenti. Sono indicate per legge persino le classi di concorso – non era mai successo! – o le tipologie di posto, come nel caso del concorso STEM, per non parlare del numero dei quesiti e della durata temporale delle prove concorsuali. C’è stato un salto di qualità verso il basso, un’invasione di campo del lavoro amministrativo su quello parlamentare. Tornando al Patto per la Scuola, lo stesso giorno in cui i sindacati lo hanno firmato hanno cominciato a inviare a tutte le forze politiche le modifiche a questo decreto che dovevano invece essere oggetto di trattativa col governo: ecco perchè dico che la tempistica non è stata quella corretta. Infatti ritengo sbagliato caricare il Parlamento di tali responsabilità con queste norme, perchè esso non ha gli elementi numerici e di impatto delle diverse categorie di docenti che chiedono modifiche o revisioni di modalità concorsuali proprio perchè sono materie di specifica competenza ministeriale e oggetto di confronto con le parti sociali oltre che, si intende, con il MEF e con la Funzione pubblica. Gli emendmenti che a noi sono stati presentati riguardavano i temi più specifici e disparati, che sommati insieme rasentavano il delirio. Il governo si è giustificato dicendo che, non avendo il tempo dopo l’approvazione del decreto di emanare i regolamenti attuativi, si è ritrovato costretto a fare tutto ciò. Invece io sostengo un’altra cosa: noi di Forza Italia avevamo chiesto, nel rispetto della continuità didattica, di bloccare gli organici a quelli dello anno scolastico che sta per concludersi e di prenderci un anno di tempo, fino a giugno 2022, per fare tutto quello che c’era da fare: concorsi, immissioni a ruolo, stabilizzazioni etc. Insomma, tutte le procedure amministrative avrebbero richiesto almeno un anno di tempo, ma ovviamente comprimendole in un mese e mezzo è venuto fuori questo “pasticcio”. Noi siamo preoccupati per questa degenerazone a livello normativo, ma soprattutto perchè gli esiti non sono scontati. Certamente tifiamo per un regolare inizio dell’anno scolastico e per un recupero dei momenti perduti, ma non è ciò che ci auguravamo. Saranno previste procedure di stabilizzazione e concorsuali accelerate e abbreviate, e questo può star bene, ma per quanto riguarda i docenti delle STEM non viene richiesta nessuna specializzazione universitaria di insegnamento: e questo non va bene. Siccome questa procedura accelerata e abbreviata, mutuata dal decreto Brunetta, è previsto che si ripeta ogni anno (in deroga a tutta le legislazione scolstica degli ultimi vent’anni che invece prevede la formazione universitaria dei docenti), allora dal prossimo anno in avanti potremo bandire concorsi per tutti i laureati d’Italia. Basterà avere una qualsiasi laurea generica per poter concorrere all’insegnamento nella scuola italiana. Così non va bene, è chiaro. Questo è confermato dal fatto che vengono richieste solo prove disciplinari e non metodologiche o didattiche.

Noi di Forza Italia diciamo che il post-COVID deve costituire una vera occasione di cambiamento della scuola italiana: dobbiamo puntare ad avere una nuova generazione di docenti che siano più coach e più tutor e meno docenti da semplice lezione frontale. Quello che sta avvenendo ci sembra invece il tradimento della nostra visione e delle nostre speranze, perché si stanno reclutando docenti privi di una specializzazione all’insegnamento o di una laurea abilitante.

– E per quanto concerne l’assunzione dei precari senza concorso, al quale il Movimento 5 Stelle è contrario?

– Abbiamo contribuito a fare in modo che non fosse una stabilizzazione tout court, cioè un trasferimento nei ruoli di docenti precari, ma questi ultimi avranno un incarico a tempo determinato, quelli che hanno almeno 3 anni di insegnamento alle spalle nella scuola pubblica. Peraltro anche su questo siamo intervenuti perché non vogliamo che ci sia l’esclusione né dei docenti delle scuole paritarie né dei docenti che hanno insegnato nell’istruzione professionale. Così, i docenti assunti avranno un incarico a tempo determinato e faranno un anno di formazione con esame finale, con una commissione esterna che ne valuterà la preparazione. Il decreto dice che valuterà solamente la preparazione disciplinare, ma personalmente vorrei che fosse una prova di verifica dell’attitudine all’insegnamento e delle competenze metodologiche e didattiche. Sarà comunque una sorta di corso/concorso abilitante mentre insegnano, nel quale dovranno dimostrare competenze specifiche anche nell’informatica e nella lingua inglese.

– L’ANIEF ha rilasciato un comunicato stampa in cui parla della sentenza arrivata dal TAR del Lazio sulle ore previste dal PEI per l’insegnamento di sostegno, che potranno solo essere aumentate e mai diminuite. Che cosa ne pensa?

– Ora verranno certamente immessi in ruolo dai 22 ai 26mila docenti di sostegno, però i posti vacanti sono oltre 40mila. Noi come Commissione Cultura stiamo chiedendo che vengano assunti anche tutti gli specialisti, perché c’è il rischio che i docenti che saranno assunti abbiano il requisito dei 3 anni di insegnamento, ma non il titolo. Invece tutti nella Commissione Cultura ritengono che si debba dare precedenza ai docenti specializzati, i quali invece rischiano di rimanere fuori da questa partita: perciò chiediamo un aumento dei posti per l’immissione in ruolo e che si dia priorità a chi ha la specializzazione.

– Da esponente autorevole della politica nel mondo della scuola, pensa che il governo Draghi saprà fare una riforma della scuola?

– Dobbiamo partire dal risoluzione della questione dei docenti. Ripeto: l’obiettivo di Forza Italia è quello di una nuova generazione di docenti, non solo in termini di ricambio generazionale ma anche di una nuova formazione per tutti gli insegnanti, che li porti a riconsiderare il contributo delle tecnologie e delle grandi potenzialità della didattica digitale (che non è la didattica a distanza!). Precisiamo: la DAD ci ha permesso di usare strumenti tecnologici nell’impossibilità della didattica in presenza, ma la didattica digitale è molto più di questo e parla di robotica, di materie scientifiche, di realtà virtuale e aumentata, che permette di apprendere come se i ragazzi si trovassero davvero in determinate situazioni, che prima potevano solo immaginare. I docenti devono sapere che esistono anche queste nuove modalità di apprendimento che trasformano la scuola in un campus e non più in una caserma, in cui il lavoro di gruppo e il problem solving devono essere all’ordine del giorno; così come dovrà essere fatto un grosso investimento nella banda ultra larga, che deve arrivare in ogni complesso scolastico del Paese, e in una nuova edilizia scolastica, perché la gran parte degli attuali edifici adibiti a scuola risale alla metà del secolo scorso e andrebbe non solo ristrutturata ma proprio ricostruita.

– Sui punti che ha appena elencato ci potrebbe essere convergenza col Movimento 5 Stelle e col Partito Democratico?– Col PD certamente sì. C’è comunque il contrasto sulla formazione degli insegnanti, perché noi siamo quelli che vogliamo docenti formati, competenti e abilitati per il terzo millennio, gli altri invece vogliono soltanto una prova a crocette, la quale a nostro parere non può per sua natura fare una selezione, quindi non serve a niente.

Foto – La copertina del nuovo saggio “La Scuola dei Centennials
scritto dall’onorevole Valentina Aprea
Marco Fontana
marco.fontana

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