Il discorso di Ratisbona. Quando Ratzinger ricordò che “non agire secondo Ragione, sýn lógô, è contrario alla natura di Dio”

Il discorso di Ratisbona. Quando Ratzinger ricordò che “non agire secondo Ragione, sýn lógô, è contrario alla natura di Dio”

16 Gennaio 2023 0

Joseph Ratzinger è stato un Pontefice colto ma senza la superbia della cultura, un discendente di Pietro capace di conciliare Fede e Ragione, allo scopo di mostrare l’importanza della Fede in Gesù Cristo agli uomini del XXI secolo, afflitti da minacce quali i frutti della deriva antropologica (l’aborto, l’indifferentismo religioso e non, il mercatismo, il gender, il transumanismo tecnoscientista etc), conseguenza a sua volta di avversari antichi e nuovi, come la gnosi e il naturalismo liberale/modernismo (che lascia poco spazio alla vita soprannaturale dei figli di Dio).

Ha fatto ciò non da conservatore, come vogliono i suoi detrattori; sapeva bene che la tradizione autentica (in qualsivoglia àmbito, da quello politico a quello giuridico, da quello artistico a quello letterario) non è “passatismo”, o rigido “culto delle ceneri”, bensì qualcosa di vivo, di subcreativo, al pari dell’atto di discernere e consegnare ciò che vale, ciò che dura, ciò che resta, non ciò che prevale, ciò che era, o ciò che passa. In quanto trattiene il permanente nel transeunte, il più elevato nel più comune, costituendo un pegno fondato di speranza (per la sua elevatezza “Verticale”). Il Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 non si discosta da ciò, perché la “Messa di sempre”, piuttosto che appartenere ai tempi antichi, ha un ruolo centrale nel presente e futuro della Chiesa, dacché legata all’eternità.

Il senso morale dell’ordine politico, economico e sociale

Ratzinger ci ha ricordato che l’ordine politico, economico e sociale esiste solo se esiste un senso morale di fondo che lo sostiene; e, soprattutto, che cattive teologia e filosofia producono cattive azioni, politiche e non. Questo “ministero chiarificatore” è ben testimoniato dai vari discorsi che tenne in vita. Tra quelle importanti allocuzioni splendono le lezioni radiofoniche (raccolte nel libro Futuro e Fede), che da professore di teologia svolse nel 1969, il discorso di Subiaco, tenuto da cardinale e poco tempo prima di diventare successore di Pietro, in cui egli diceva “che ci vorrebbero oggi uomini come Benedetto da Norcia” (sì, la scelta del nome non fu un caso) e il discorso di Regensburg, il quale potrebbe essere quasi considerato un’enciclica sul modo corretto di accogliere i doni della Fede e della Ragione; e, di conseguenza, del prendersi cura del bene comune, attraverso l’apostolato politico e culturale. Nel 2008 tenne quella che potrebbe essere considerata il suo compimento, l’orazione di Parigi, al Collège des Bernardins.

Esso fu tenuto nel 2006, nella città tedesca dove secoli prima si erano tenuti gli ultimi colloqui tra cattolici e luterani (1541-1546), iniziati prima del Concilio di Trento (1545-1563), e nel 1529 erano arrivati gli ottomani, dopo il loro primo assedio a Vienna. Sebbene Benedetto la pronunciò con mitezza e ragionevolezza, la sua dissertazione venne investita da molte polemiche, prive di fondatezza.

La questione di fondo

La questione di fondo posta dall’allora Pontefice è racchiusa in una frase che egli raccolse da “Dialoghi con un musulmano”, ad opera dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo (1350 ca.-1425): «[…] non agire secondo Ragione, sýn lógô, è contrario alla natura di Dio». L’occasione per questa decisiva affermazione del Paleologo è costituita dal dialogo da lui tenuto ad Ankara con un dotto musulmano.

Parlando delle tre “Leggi” o tre “ordini di vita”, di Mosè, di Gesù e di Maometto (570 ca.-632), davanti al tentativo del suo interlocutore di presentare l’islam come il “giusto mezzo” fra le durezze dell’Antico Testamento e le “esagerazioni” del cristianesimo — verginità, povertà, amore verso i nemici, e così via —, ribatte in un modo “sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, in modo così pesante” — parole che appartengono a Benedetto XVI —: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava. […] Dio non si compiace del sangue — egli dice —, non agire secondo Ragione, sýn lógô, è contrario alla natura di Dio».

Non a caso, la Bibbia stessa, se letta in profondità, rivela un intimo rapporto fra Fede e Ragione. Si pensi a come Giovanni apre il suo Vangelo riprendendo, e modificando, le prime parole della Genesi: «In principio era il Logos» (Gv. 1, 1).

Daniele Barale
Daniele Barale

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