Il Quirinale di Spade imperversa. Per ora ballottaggio Berlusconi-Gentiloni in attesa dei nomi di riserva e delle scelte di Renzi, ago della bilancia

Il Quirinale di Spade imperversa. Per ora ballottaggio Berlusconi-Gentiloni in attesa dei nomi di riserva e delle scelte di Renzi, ago della bilancia

24 Novembre 2021 0

Sulla grande scacchiera della politica italiana iniziano a muoversi i primi pezzi per porre le basi dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica che succederà a Sergio Mattarella. L’iter in realtà si avvierà ufficiale solo martedì 4 gennaio 2022, quando si provvederà alla convocazione formale del Parlamento in seduta comune – integrato dai 59 delegati regionali eletti dai rispettivi Consigli (tre per ogni regione, salvo la Valle d’Aosta che ne ha uno), così come recitato dall’articolo 85 della Costituzione Italiana – ma lo scenario politico nazionale è già da giorni in fermento tra cene più o meno informali, vertici di partito, veline, mezze frasi e soprattutto agli immancabili sottintesi affidati a, spesso spintanee, gole profonde appartenenti a questa o quella forza partitica. E’ tutto un tramestio in Transatlantico e negli uffici dei ministri, sintomo in gran parte di una classe politica totalmente scollegata dalla realtà vissuta dagli italiani. In un recente sondaggio Demos&Pi, pubblicato da La Repubblica, il 43% degli intervistati infatti si trincera in un ‘non sa/non risponde’, era anche peggio due mesi fa quando a infischiarsene era addirittura il 53% del campione interpellato a significare che all’opinione pubblica importa poco o nulla della successione di Mattarella. Un paradosso se si pensa che l’attuale presidente della Repubblica gode di un indice di gradimento molto alto, circa il 63% degli italiani. Eppure ad oggi l’elezione della carica più alta dello Stato non appassiona se non gli addetti i lavori e i ‘zoccoli duri’ dei singoli partiti.

Il totoquirinale impazza tra gli addetti ai lavori. Secondo il sondaggio sopracitato è Mario Draghi a raccogliere più consensi (16%) per una eventuale sua ‘promozione’ a presidente della Repubblica. Segue, con ampio distacco il presidente uscente: un 10% di italiani vedrebbe di buon occhio la sua riconferma, una ipotesi che però è stata esclusa però categoricamente dallo stesso interessato il quale ha utilizzato la commemorazione del presidente Giovanni Leone per affermare che ha sempre condiviso la riflessione proprio di Leone, condivisa anche da Antonio Segni, che avevano chiesto di introdurre la non rieleggibilità del presidente della Repubblica, con la conseguente eliminazione del semestre bianco. Inaspettatamente al terzo posto si posiziona l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, le cui quotazioni sono in rialzo negli ultimi mesi vista anche la risoluzione di alcune vicende giudiziarie spinose e per le sue posizioni filo europeiste espresse a più riprese. Il consenso verso il leader di Forza Italia ha raggiunto il 9% e proprio in queste ore ha ricevuto un endorsement tutt’altro che banale, quello di Manfred Weber, presidente del Ppe, il quale ha sostenuto apertamente le ambizioni di Berlusconi “Anche nei momenti difficili in Italia quando aveva molti movimenti populisti attorno e molti politici usavano l’Europa per incolparla dei problemi italiani, Silvio Berlusconi è stato sempre filo europeo. È un politico chiaramente europeista e ha sempre avuto un approccio filo-europeo contro i populismi, che apprezzo, e questa è una considerazione ragionevole per vederlo assurgere a presidente della Repubblica in Italia“. A seguire c’è l’ex premier Giuseppe Conte che vede le sue quotazioni crollare da quando ha preso in mano la guida del Movimento Cinque Stelle passato da un 6% di gradimento a maggio di quest’anno per arrivare al 2% registrato oggi dall’istituto demoscopico. Ancora più distaccati (raccolgono appena un 1% di gradimento) Emma Bonino e Paolo Gentiloni.

Su quest’ultimo nome però sono al lavoro Matteo Renzi e Enrico Letta. Un tentativo di non buttare alle ortiche l’alleanza tra Italia Viva e il Partito Democratico dopo le dichiarazioni di fuoco riservate proprio da Renzi verso il suo ex partito nella giornata conclusiva della Leopolda “Se oggi c’è qualcuno che vuole portare il Pd nelle braccia dei Cinquestelle lo deve spiegare, non siamo noi che abbiamo lasciato la bussola del riformismo, sono loro che strizzano l’occhio al reddito di cittadinanza, non siamo quelli che firmavano i decreti sicurezza, se il Pd si sposa con 5S sono loro che hanno abbandonato la casa da cui sono partiti, è legittimo abbandonare le proprie convinzioni ma non prendo lezioni da loro. A chi dal Pd ci dice che siamo in contraddizione con noi stessi vorrei ricordare che ieri loro dicevano o Conte o morte. L’Italia è salva con Draghi grazie a noi e non a una allegra combriccola che pensa solo a sé. Il Pd è diventato un partito del bla-bla-bla“. Un guanto di sfida che amplifica la critica già mossa su Rai Radio1 da Renzi all’attuale segretario del PD all’indomani della bocciatura del DDL Zan al Senato “Mi attaccano per la vicenda dei diritti? A me scappa da ridere, perché su questo tema quelli come il mio amico Enrico Letta sono il ‘bla bla bla’ fatto persona. Per anni hanno discusso, una volta erano i Dico, una volta i Pacs. Poi siamo arrivati noi e abbiamo fatto una legge, e oggi chi si ama può dire di sì davanti a un pubblico ufficiale indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. Sulla legge Zan hanno combinato un autogol, un pasticcio incredibile lo sapeva anche l’ultimo usciere del senato che non c’erano i numeri. Loro però hanno preferito andar sotto per fare le piazzate“. Di fronte a questa frattura all’apparenza insanabile a cui si accompagna la decisione di Italia Viva di sostenere la candidatura di Davide Faraone a sindaco di Palermo insieme a Forza Italia Letta ha risposto in modo drastico e perentorio “Se Renzi va con la destra per l’elezione del Capo dello Stato mai più alleato col centrosinistra“. Potrebbe essere però proprio Gentiloni – che ha avuto un colloquio pacificatore con l’ex premier fiorentino – a fungere da compromesso per evitare la definitiva spaccatura tra Renzi e il PD. L’area riformista dei Dem sarebbe già al lavoro con Lorenzo Guerini e Luca Lotti per scongiurare una “guerra” – nata per Letta dai tempi dell’Enrico stai sereno e che rischierebbe non solo di consegnare il Colle a Berlusconi ma soprattutto l’Italia alle destre. Insomma, nell’indifferenza dell’opinione pubblica – giustamente preoccupata per priorità quali crisi economica, rialzo dei contagi, diritti piegati dal Green pass, vaccinazione sui minori – nei palazzi del potere si sta consumando una vera e propria lotta che pare scritta a perfezione per una puntata del Trono di Spade.

Ad oggi non esiste una ufficiale candidatura di Berlusconi – smentita anche dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni – ma i numeri dalla quarta votazione in poi potrebbero esserci. Il centrodestra può contare su numerosi fattori a favore: sulla maggioranza dei delegati regionali grazie al fatto di governare dodici Regioni, su un gruppo misto composto da più di cento parlamentari, la maggioranza al primo mandato e quindi in attesa del raggiungimento del numero di giorni indispensabili per l’ottenimento del diritto al vitalizio, sul voto segreto e sulla possibilità per Renzi – nell’eventualità di un passaggio nel centrodestra – di vedersi aprire uno spazio elettorale con l’uscita di Berlusconi dalla scena politica per abbracciare il ruolo super partes istituzionale. Insomma i numeri attorno alla salita al Colle del Cavaliere ci sarebbero ma tutto passerà dal voto di Italia Viva dalla quarta votazione in poi. L’ex premier si nasconde dietro a “I nomi buoni sono quelli che escono fuori alla fine. Con Mattarella nessuno lo diceva. Io non ho mai avuto un nome secco. Penso che serva un percorso e serve anche oggi. Chi parla prima è chi non conta nulla“. E quindi per ora il centrodestra non può contare con certezza sui voti renziani che permetterebbero al proprio candidato di avere sotto solo di una ventina di voti da trovare nei Gruppi misti di Camera e Senato.

Probabilmente nelle prime votazioni il PD potrebbe provare a lanciare, più come bandiera, la candidatura di Rosy Bindi, una donna al Quirinale. La candidatura però non scalda i cuori della sinistra, neppure dei più nostalgici come Romano Prodi. I due nomi invece che serpeggiano da tempo nei salotti romani sono quelli di due outsider Giuliano Amato e soprattutto Pier Ferdinando Casini. Entrambi candidati che potrebbero raccogliere la simpatia del leader di Forza Italia. Se il primo è stato più volte utilizzato come. specchietto tornasole, il secondo pare quello più solido e vi sarebbero in corso anche movimenti da ambienti vicini al Vaticano. Voci di corridoio parlando addirittura di un preaccordo che vedrebbe pronto Casini alla nomina a senatore a vita per Berlusconi in cambio dei voti necessari. Una battaglia a parte la starebbe giocando Gianni Letta fedelissimo pontiere del presidente azzurro, da sempre rispettato in campo avverso. Il fedelissimo di Berlusconi pare coltivare la volontà di correre per il Colle, pare sostenuto dai tre ministri di Forza Italia Brunetta, Carfagna e Gelmini e dal leghista Giorgetti. Tutti ministri moderati – a scavalco tra le due coalizioni – e che si sussurra non fossero annoverati dai propri leader nelle liste consegnate a Draghi. La loro nomina di dice fu sponsorizzata da Mattarella che voleva assicurare al governo Draghi lunga vita e pochi ricatti. Letta pare si stia muovendo secondo le malelingue per il dopo Berlusconi, che sia vero o meno è un’altro concorrente pronto a staccare il biglietto per la salita al Colle. Il Quirinale di Spade brucerà altri nomi sicuramente in questi mesi prima delle fatidiche votazioni, è certo però che la corsa è aperta e che gli attori in campo faranno di tutto per potersi aggiudicare uno scranno sicuro in un momento della storia politica italiana dove i leader vengono rottamati alla velocità della luce.

Marco Fontana
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