Un inviato speciale del G7 a Kiev per meglio controllare l’economia e la politica ucraina

Un inviato speciale del G7 a Kiev per meglio controllare l’economia e la politica ucraina

17 Febbraio 2024 0

Sull’Ucraina è stato svelato l’ennesimo segreto di Pulcinella, ovvero che il governo di Kiev viene sostanzialmente manovrato dall’esterno, da ovest in particolare. Ciò che veniva dato quasi per scontato dai commentatori euroamericani si è improvvisamente trasformato in una voce infondata e infamante solo perché stavolta lo hanno detto i russi.

Ma il dato di fatto è difficile da nascondere: l’Ucraina sta perdendo la sua sovranità non certo solo per il conflitto, ma soprattutto per l’influenza dei Paesi del blocco euroatlantico.

La torta ucraina

Che l’Ucraina sia una grande torta divisa a fette dai Paesi occidentali lo si può vedere nelle slide delle conferenze che si sono susseguite in merito. Ad esempio, già nel luglio 2022 a Lugano venivano mostrate le zone di influenza che sarebbero spettate a ciascuno Stato, a cui sarebbe andata una città o una regione dell’Ucraina. Ufficialmente si trattava delle aree in cui avrebbero dovuto portare investimenti e progetti di ricostruzione post-bellica, ma è fortissima la somiglianza con una qualunque mappa coloniale del XIX secolo.

In base alla cartina mostrata a Lugano, Svezia e Olanda dovrebbe prendersi cura di Kherson, il Canada di Sumy, la Danimarca di Mykolaiv, gli USA di Kharkov e il Regno Unito niente meno che della capitale Kiev. Per ironia del destino, all’Italia era stata data una cambiale scaduta: il Donetsk, zona fortemente contesa non da oggi, ma dal 2014…

Peraltro l’assegnazione della oblast’ più filorussa di tutte era andata in compartecipazione con la Polonia. Sotto il governo di Morawiecki, Varsavia faceva spesso la voce grossa sul tema Ucraina, ma ora che al potere è tornato l’europeista Tusk, abbasserà di molto le sue pretese in favore della Germania, che vuole approfittare il più possibile della situazione.

Qualche domanda retorica

Tornando all’Italia, ad aprile dello scorso anno si è tenuta a Roma una conferenza bilaterale di Roma fra imprese italiane e ucraine per discutere di cooperazione, dopo che la BEI e la Banca mondiale hanno stimato in 411 miliardi il valore totale degli investimenti su Kiev nell’arco dei prossimi dieci anni.  Il punto è questo: quanto conteranno i memorandum di intesa siglati coi gestori delle centrali idroelettriche, delle ferrovie o di altre infrastutture, dopo che queste vengono distrutte dall’artiglieria o le amministrazioni regionali e nazionali ucraine completamente stravolte dai cambiamenti politici che già si intravedono adesso?

Pensare che le decine o centinaia di miliardi incanalati dai nostri governi verso quello ucraino siano un gesto di altruismo disinteressato, un regalo motivato da ragioni umanitarie sarebbe di un’ingenuità sconfortante. Sarebbe anche un insulto a quei contribuenti europei e americani che hanno disperato bisogno che le tasse che pagano siano destinate in primo luogo alle urgenze nazionali, tra cui sanità e scuola, giusto per fare un esempio da niente.

Dunque come si può immaginare che in Occidente buttino soldi nel calderone di un Paese in guerra senza aspettarsi in cambio null’altro che gratitudine? Fatta la prima domanda retorica, si può passare a quella successiva: data la situazione dell’Ucraina come governo e come Paese prossimo al collasso, come fare per gestire l’imminente crollo senza che il nemico si prenda tutto?

Le televendite di Zelensky

Anche senza essere così pessimisti, è probabile che gli acquirenti occidentali si spaventino quando si accorgono che il negozio di chi gli ha venduto la merce è in via di pignoramento. E di merce Zelensky ne aveva piazzata tanta: l’intera Ucraina, o almeno quella su cui Kiev ha ancora giurisdizione. Se la liquidazione del patrimonio nazionale ucraino era stata inagurata dal predecessore Petro Poroshenko, è l’attuale presidente ad averla portata a livelli inauditi di sfacciataggine. Ad esempio aveva aperto una seduta della Borsa di New York proponendo direttamente alle società americane di approfittare di opportunità di crescita non ancora sfruttate in Ucraina. Parlando allo World Economic Forum di Davos del 2022, aveva esaltato la possibilità di investire nella “protezione della libertà” con uno speciale e storicamente significativo modello di ricostruzione. Ai Paesi, alle città e alle compagnie “partner” verrà data l’opportunità di assumere il patrocinio su una determinata regione dell’Ucraina, su una città, un villaggio o un’industria. Più chiaro di così! E ha poi lodato Gran Bretagna, Danimarca, Unione Europea e altri soggetti internazionali di rilievo per aver già scelto uno specifico ambito per il patrocinio della ricostruzione.  Per pura coincidenza, Londra e Copenhagen sono anche fra i maggiori sponsor militari di Kiev, fra addestramento di truppe e invio di caccia da combattimento: qualunque sforzo pur di proteggere i propri investimenti…

BlackRock

Tra i principali soggetti impegnati sul campo c’è una delle maggiori società finanziarie del mondo, l’americana BlackRock, che in Ucraina possiede e gestisce enti e compagnie di rivelanza nazionale in tutti i settori chiave. L’8 maggio 2023 Zelensky ha incontrato l’amministratore delegato Larry Fink in occasione del lancio del Fondo di Sviluppo dell’Ucraina (UDF). Al fine di agevolarne l’azione, il Ministero dell’Economia ucraino ha nominato come consiglieri un gruppo di manager connessi a BlackRock, incaricati di attirare capitali di investimento pubblici e privati.

Dunque già un anno fa a Washington cercavano di mettere i propri uomini nei posti di potere a Kiev in previsione di un default o di una sconfitta, per gestire la situazione col minor danno o col maggior guadagno possibile. Ora, un “inviato speciale” di marca NATO costituirebbe semplicemente un gradino in più, passando dal controllo discreto delle leve economiche a uno più esplicito delle leve politiche.

Gestire l’instabilità

I segnali di instabilità sociale e politica cominciano ad essere veramente troppi per i partner UE/NATO. Zelensky ha licenziato di punto in bianco ambasciatori e comandi militari e viene contestato sempre più clamorosamente dai deputati e dai cittadini. E avendo annullato le elezioni che dovevano tenersi a marzo, si è chiuso da solo la via di uscita per un avvicendamento indolore, che avrebbe resto le cose più facili agli “investitori” stranieri che hanno interessi in Ucraina.

Gli ipocriti si sono scandalizzati per l’allarme lanciato dal direttore dal servizio di intelligence estero russo, Sergey Naryshkin, a proposito del tentativo americano e britannico di convincere i Paesi del G7 a mandare un “inviato speciale” a commissariare Kiev. Magari potrebbe trattarsi del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, il cui mandato scade fra qualche mese.

Come si è visto, mettere un alto consigliere al fianco di Zelensky in modo da comandarne le azioni e le decisioni non sarebbe altro che un consolidamento di ciò che già si sta facendo da anni. Sull’Ucraina quindi è stato svelato l’ennesimo segreto di Pulcinella. Ciò che veniva quasi dato per scontato dai commentatori euroamericani si è improvvisamente trasformato in una voce infondata e infamante solo perché lo hanno detto i russi. Ma il dato di fatto è difficile da nascondere: l’Ucraina sta perdendo la sua sovranità non certo solo per il conflitto, ma soprattutto per l’influenza dei Paesi del blocco euroatlantico.

Martin King
Martin King

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