Tribunale “stile Norimberga” contro la Russia, Mancini: “I tempi saranno lunghi e certe parole vanno prese con le pinze. Occorre riflettere poi sulla diplomazia francese in Europa”

Tribunale “stile Norimberga” contro la Russia, Mancini: “I tempi saranno lunghi e certe parole vanno prese con le pinze. Occorre riflettere poi sulla diplomazia francese in Europa”

6 Dicembre 2022 0

Una bozza di risoluzione per la creazione di un tribunale, in stile Norimberga, sta circolando alle Nazioni Unite per attribuire alla leadership russa la responsabilità di crimini di guerra in Ucraina. La rivelazione del Guardian ha fatto in breve tempo il giro del mondo, trovando conferme da parte anche di numerosi leader occidentali. Si tratta di una risposta ad una richiesta più volte sollecitata dal presidente ucraino Zelensky, come peraltro confermato da Beth Van Schaack, ambasciatrice Usa per la giustizia penale, che però ha espresso forti dubbi che vi siano i voti per farla passare.

Certamente, che ci siano o meno i voti per approvare questo documento, resta il fatto che esso arriva proprio nelle ore nelle quali il presidente francese Emmanuel Macron pareva aprire ad un ritorno alla diplomazia. Al centro della sua proposta l’istituzione di garanzie alla Russia per la sua sicurezza, di fronte all’espansione della NATO ad est.

Ecco quindi che la proposta di istituire un Tribunale speciale, sulla falsariga di Norimberga, contro il Cremlino pone seri dubbi sulla reale volontà dell’Occidente di fungere da mediatore per la pace. Proprio per approfondire questo interessante cortocircuito abbiamo interpellato Valerio Mancini, analista, docente ed esperto di relazioni internazionali.

Infografica - La biografia dell'intervistato Valerio Mancini
Infografica – La biografia dell’intervistato Valerio Mancini

– Vorremmo la Sua opinione su una notizia che sta circolando in queste ore. L’istituzione di una sorta di tribunale speciale sul modello di Norimberga che coinvolga i responsabili del conflitto russo-ucraino.

Quello di Norimberga fu un caso unico nella storia: quel tribunale speciale servì non soltanto a punire i crimini di guerra commessi sotto il nazismo, ma soprattutto a stabilire le responsabilità di un altro caso unico nella storia che fu l’Olocausto. Dunque non utilizzerei il termine “Norimberga” per il tribunale speciale richiesto da una mozione presentata alle Nazioni Unite.

Avendo lavorato per il sistema delle Nazioni Unite, so per esperienza personale che i tempi sono lunghi e certe parole vanno prese con le pinze. La bozza di risoluzione riguarda un tribunale che verrebbe creato ad hoc, staccato dall’attività consueta della Corte Internazionale di Giustizia, ovvero il tribunale dell’Aia. Ciò che bisognerebbe appurare non è tanto la responsabilità o meno della Federazione Russa come Stato in questo conflitto, perché le prove in merito sono lapalissiane: ciò che tale tribunale “in stile Norimberga” dovrebbe cercare è quanto la responsabilità dei crimini di questa aggressione è da attribuire alla leadership russa, ovvero in parole povere Vladimir Putin e pochi altri soggetti.

È questa la notizia di oggi, che in fondo non è una notizia, ma è un elemento in più, perché dal 1945 l’ONU rappresenta la volontà della maggioranza dei Paesi del mondo. Si badi bene, qui non si parla di NATO, anche se molti tendono a fare confusione. La questione certamente è molto delicata. Personalmente sono d’accordo con la creazione di un tribunale speciale, come è stato per esempio per il conflitto in Rwanda, con l’istituzione di un tribunale penale internazionale ad hoc; dunque un tribunale del genere non è una novità, ma fa più scalpore perché riguarda ciò che avviene nel cuore dell’Europa.

– Il fatto che è a chiederne l’istituzione siano Paesi che a tutti gli effetti sono in guerra con la Russia, poiché forniscono armi all’Ucraina, non mina alla base la creazione stessa del tribunale? Certo, anche a Norimberga c’era da una parte la fila degli Stati vincitori, che giudicavano e scrivevano una certa versione dei fatti, e dall’altra il Paese sconfitto.

Oggi però non siamo di fronte a un conflitto a tutti gli effetti “mondiale”, dunque il fatto non venga proposto da Paesi terzi che hanno sempre mantenuto una posizione tutto sommato equidistante, non avendo fornito armi o appoggio logistico a nessuna della parti in causa, può inficiarne l’esito? Allo stesso modo, non danneggia il fondamento giuridico del tribunale il fatto che sia indirizzato contro uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e che non vada ad appurare i crimini commessi da entrambe le parti, ma da una sola? Potrebbe allora trattarsi di una sorta di “marketing politico” e non di una reale volontà di ricerca della giustizia?

– Sono d’accordo. Sono in molti a chiedersi, anche fra gli studenti di diritto, se conti di più il Tribunale Penale Internazionale oppure la Corte Internazionale di Giustizia. Qui si parla di crimini di guerra, che sono stati certamente commessi da entrambe le parti, dunque a dover indagare è in questo caso il Tribunale Penale Internazionale, e lo sta facendo. Del tribunale speciale che è stato menzionato dalle Nazioni Unite esiste già una bozza, che è qualcosa di concreto, a differenza delle parole e delle illazioni dei giornalisti, che, al Palazzo di Vetro, non contano nulla: tale tribunale senza dubbio è indirizzato contro la leadership del Cremlino, ma ciò che vuole dimostrare (specialmente sulla spinta della presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen) è che esiste un crimine di aggressione molto più ampio, che va al di là del conflitto stesso e che si è abbattuta direttamente sui cittadini ucraini.

Fatta la premessa che ad aver commesso crimini di guerra possano essere entrambi le parti in causa, il concetto è che la leadership dell’Ucraina si sta, giustamente, difendendo e sta ricevendo il sostegno anzitutto delle istituzioni europee. Sicuramente vi è una “azione di marketing” di quella parte dell’Europa che è sempre stata anti-Putin e anti-Cremlino, perché il vero ago della bilancia per lo stesso Putin è proprio l’UE, che per il momento sta tenendo botta al paventato disastro energetico e può quindi permettersi di avvertire le Nazioni Unite suggerendo, l’istituzione di un tribunale speciale.

Sul resto della domanda, idem come sopra: è la prima volta che si assiste ad un tribunale speciale con due fazioni ancora in conflitto, ma attenzione, il conflitto si sta spostando dall’essere una contrapposizione fra Mosca e Kiev ad una fra leadership russa e un largo schieramento occidentale.

L’idea del tribunale speciale ha ottenuto appoggio di soggetti molto rilevanti come Francia, Olanda e ovviamente il Regno Unito e adesso funge da deterrente verso quello che potrebbe essere un accordo di pace promosso dal Cremlino. Avvertiamo però che potrebbe anche rappresentare un autogol dell’Occidente, che, inasprendo ulteriormente i rapporti, invece di frenare Mosca potrebbe in questo modo spingerla ad armarsi ancora di più. Ai posteri l’ardua sentenza…

– Non Le pare stridente che Parigi appoggi l’idea del tribunale speciale mentre è lo stesso Macron ad aver invocato delle garanzie di sicurezza per la Russia? A ottobre-novembre erano state formalizzate dalla Russia proposte di pace molto dettagliate, un piano in cui chiedeva lo stop alla “politica delle porte aperte” della NATO: Macron, facendo anche un po’ di passerella elettorale, fa avanti e indietro con Washington per portarsi a casa una soluzione diplomatica, ma gli Stati Uniti da quell’orecchio non ci sentono. Era stata la stessa leadership russa ad aver chiesto pace in cambio di garanzie come il divieto di piazzare missili ai suoi confini: lo stesso Romano Prodi, certamente non un amico di Putin, aveva dichiarato che si potevano fare delle concessioni alla Russia, minori rispetto alle sue richieste ma sui punti che si potrebbero ritenere oggettivamente giusti. Ora invece la proposta del tribunale attacca direttamente il Cremlino, l’unico che aveva parlato di pace: non le pare un atteggiamento schizofrenico quello della diplomazia francese e occidentale?

– Assolutamente sì. Occorre riflettere sulla diplomazia francese, i cui scivoloni, come del resto anche per l’Italia, sono talvolta gravi. Da sempre la Francia cerca di ristrutturare la sua leadership all’interno del contesto internazionale, che per ragioni geo-economiche non è più quella di un tempo, ma resta sì notevole dal punto di vista politico. È un tira e molla: un giorno prende una posizione, il giorno dopo ne tiene un’altra. Su questo Macron è stato chiaro: la posizione francese è un po’ diversa rispetto a quella iniziale di Joe Biden, che comunque nell’ultimo incontro ha chiesto il dialogo. In questo momento, è chiaro, il vero nemico di Biden potrebbe paradossalmente essere Volodymyr Zelensky.

Ora la Francia dice che la creazione di un tribunale speciale ad hoc contro la leadership è più che un dovere, come ci ricorda la Commissione Europea. Quindi è una posizione fortemente europeista, condivisa dall’Olanda. Vedremo anche come si orienterà l’Italia con il nuovo governo Meloni, posto che con Mario Draghi la posizione nostra era molto netta, essendo l’ex governatore della Banca centrale molto più gestibile dall’establishment USA. Giudicare la “cupola” russa sarebbe veramente una svolta, un cambio o un accelerazione del futuro processo di pace? A mio parere no. Non dimentichiamoci che il consenso di Putin in Russia è, sulla carta, ancora all’80%. Il tribunale speciale potrebbe esaurire la sua presa sul popolo russo, ma la vedo dura.

– Il tribunale dovrebbe partire dopo la fine delle ostilità, non prima. Giusto?
– Il processo reale avverebbe solo a guerra finita. Credo che la giustizia debba essere fatta, ma la creazione di un tribunale non può fare paura a Putin più di quanto non lo facciano le sanzioni economiche o la minaccia di un attacco militare.

– Vediamo sin dall’inizio del conflitto al fenomeno della corsa al riarmo, specie da parte dell’Europa e degli Stati Uniti. Vi sono carenze nei magazzini e il complesso militare-industriale deve provvedere a fabbricare nuove arme e munizioni, magari tecnologicamente più avanzate, con cui rimpiazzare quelle inviate a Kiev. Stoltenberg ha appena dichiarato che la Svezia deve aumentare al 2% l’apporto del suo PIL agli armamenti della NATO. Questo corsa al riarmo fa bene a livello internazionale, può aiutare a portare pace nel mondo?

– La risposta più scontata ce l’ha data prima di noi colui che si è schierato il meno possibile e che più di tutti ha ribadito come la corsa al riarmo non possa portare, storicamente, mai la pace: il Santo Padre, le cui parole sono sempre state coerenti e costanti in questa direzione. Dunque no, il riarmo non può agevolare il processo di pace, ma abbiamo visto come durante la Guerra Fredda l’aumento dell’eccesso di armi generò una sorta di armistizio.

Non è comunque noto quanto possa durare questa tregua di fatto, visto che anche dopo la Prima guerra mondiale le nuove armi e la paura di un nuovo conflitto mantennero la pace solo per due decenni, ma poi, la storia ci insegna, che si scatenò una guerra ancora peggiore. La paura del riarmo non è verso il fronte occidentale, di cui conosciamo meglio limiti e potenziale. Le potenzialità dell’esercito americano, comunque, sono per adesso inarrivabili dal punto di vista numerico e tecnologico. Spaventa l’unione con la causa russa di un Paese fondamentalmente pacifista come la Cina e di altri un po’ meno pacifist come Iran e Pakistan, la cui industria bellica non ha però molto da offrire oltre al nucleare (comunque esiguo). Bisognerà vedere se e come Pechino aiuterà Mosca, se con tecnologia o con mezzi pesanti.

A mio parere, Xi Jinping sa che sarebbe un errore strategico e dunque non farà nulla. Inoltre, non sappiamo quale siano le vere capacità dell’esercito russo, al quale ha tenuto testa un esercito relativamente piccolo come quello ucraino, sebbene aiutato dalle armi occidentali e dai foreign fighters. Quanto è forte davvero la Russia? Quanto può permettersi di riarmarsi in totale autonomia? Il riarmo occidentale è sicuramente un deterrente. Attenzione: Xi Jinping aveva avvertito in tempi non sospetti di non mettere il serpente davanti alla tigre. Dunque se vogliamo la pace dobbiamo ancora puntare sulla diplomazia, non sulla produzione di nuove armi.

– Non assistiamo però a un riarmo effettuato in maniera ordinata. Macron ha parlato di esercito europeo, poi Draghi sostiene questa idea e anche la Germania, ma oggi sembra i governi si stiano riarmando ognuno per conto suo senza tenere conto delle esigenze della NATO. Ciò non potrebbe creare scenari confusi che finiscano per provocare incidenti? Si veda il caso dei missili caduti in Polonia…

– Il riarmo comporta maggiori rischi. Quello principale è proprio quello di incidenti sul campo di battaglia. Il mio timore va per esempio alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Anche il caso polacco è significativo: alcuni analisti mi hanno detto che potrebbe non essere stato un incidente, ma uno sbaglio voluto. Il riarmo di certi Paesi NATO, i baltici ad esempio, è notevole in termini numerici. E bisogna valutare quanto questo processo avvenga in modo ordinato e non sparpagliato, posto che manca una forte organizzazione interna delle forze dell’Alleanza Atlantica.

Il limite linguistico, ad esempio, è già di per sé un ostacolo strategico e organizzativo: nella NATO si parlano tanti idiomi diversi ed è difficile gestire sul campo di battaglia questa diversità. La NATO resta comunque una potenza forte in termini qualitativi e numerici, ma attenzione, in guerra più che i numeri conta l’organizzazione e la strategia, e la Russia sta procedendo secondo la sua di strategia ben oliata da ormai quasi un anno, e così sta facendo l’Ucraina.

Marco Fontana
marco.fontana

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