Piccolo grande terremoto nel fronte mediatico filo-ucraino

Piccolo grande terremoto nel fronte mediatico filo-ucraino

20 Gennaio 2023 0

È accaduto qualcosa di strano nel mainstream italiano, finora compattissimo nella demonizzazione della Russia e nel sostegno incondizionato alla causa euroatlantica in Ucraina. Qualcosa di strano che è passato relativamente inosservato: un articolo su un giornale di punta del fronte filo-Kiev, La Repubblica, in cui si afferma sostanzialmente che la Russia non è poi così cattiva e che l’Occidente ha gravi colpe nello scatenamento del conflitto in Ucraina. Parole forti e soprattutto molto distanti dalla tradizionale linea editoriale del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. È stata veramente un’uscita fuori dal coro, un passo inspiegabile, almeno per il momento. Forse prossimamente capiremo se si è trattato di una clamorosa svista del caporedattore oppure di una precisa mossa di riposizionamento dell’editore.

Un editoriale ricco di contenuti

La Repubblica ha fatto esordire come nuovo editorialista l’americano Jeffrey Sachs, economista di fama mondiale che scrive già su giornali come Financial Times e Huffington Post. Il suo primo pezzo italiano è uscito lo scorso martedì 10 gennaio col titolo “Lula uscirà rafforzato. Ora la vera sfida è salvare l’Amazzonia”. Dunque l’argomento principale del pezzo è costituito dall’esito delle elezioni brasiliane, col ritorno al potere dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, giusto? Non proprio. Prestiamo attenzione al sottotitolo: Nel mondo multipolare in cui siamo entrati, il Brasile sarà centrale nella lotta per l’ambiente e nelle nuove tecnologie. Sachs asserisce subito che siamo entrati in un mondo multipolare, smentendo la narrazione della guida unica euroatlantica che viene proposta dal mainstream, di cui proprio La Repubblica è un giornale di peso.

L’articolo parla del Brasile, certo, anzi ne descrive in dettaglio la situazione, i problemi e il ruolo importante che potrebbe giocare nel prossimo futuro. E senza risparmiare termine di biasimo per il presidente uscente Jair Bolsonaro, non certo un fedele alleato dell’amministrazione Biden, bensì favorevole al progetto multipolare dei BRICS. Il Brasile riparte, con l’insediamento del presidente Lula da Silva. I suoi sostenitori in tutto il Paese sono espressione di una nuova speranza per il Brasile dopo quattro anni di governo disastroso sotto il suo predecessore di destra. Il Brasile dunque sarà un attore chiave a livello regionale e globale nei prossimi anni e da qui in avanti la sfida dell’Amazzonia sarà centrale. Poi però passa a un argomento debolmente legato al discorso sul Brasile.

Il mondo multiplurale

L’aggancio infatti è dato dal ruolo brasiliano in quel mondo multipolare che è divenuto realtà concreta: La gestione di un mondo multipolare è irta di difficoltà. Abbiamo urgente bisogno di intensificare il dialogo con gli altri Paesi e di andare oltre la propaganda semplicistica dei nostri governi. Sono parole di buon senso, che possono essere facilmente condivise. Possono accettarle persino coloro che sminuiscono la potenza dei BRICS e storcono il naso di fronte a chi afferma che il mondo multipolare esista davvero.

Ma Sachs non si ferma e ci va giù pesante: Qui in Occidente siamo bombardati quotidianamente da narrazioni ufficiali ridicole, per lo più provenienti da Washington: la Russia è il male puro, la Cina è la più grande minaccia per il mondo e solo la Nato può salvarci. Queste dabbenaggini, imbastite all’infinito dal Dipartimento di Stato americano, sono di grande ostacolo alla soluzione dei problemi globali. Ci intrappolano in mentalità sbagliate e persino in guerre che non avrebbero mai dovuto verificarsi e che devono essere fermate con i negoziati piuttosto che con l’escalation. Ohibò! Sachs accusa in maniera precisa il governo americano e indica nel dialogo e nei negoziati la via di uscita dal caos in cui siamo piombati.

E poi bastona la NATO: Le alleanze militari sono infatti un pericoloso anacronismo, non una vera fonte di sicurezza nazionale o regionale. E non si limita a esprimere in modo polemico il suddetto punto di vista, ma lo argomenta con i fatti storici: Dopo tutto, è stato il tentativo degli Usa di espandere la Nato alla Georgia e all’Ucraina a scatenare le guerre in Georgia (nel 2010) e in Ucraina (dal 2014 a oggi). Né il bombardamento di Belgrado da parte della Nato nel 1999, né i quindici anni di missione fallita in Afghanistan, né il bombardamento della Libia nel 2011 hanno centrato reali obiettivi.

Chi è Jeffrey Sachs

La penna a cui ha deciso di affidare i suoi editoriali il quotidiano del gruppo GEDI (di proprietà Agnelli-Elkann) non è un giovane inesperto, ma un pensatore e saggista di rilievo internazionale e di fama riconosciuta. Jeffrey Sachs è un economista americano di scuola Harvard, dove ha conseguito i suoi titoli a fine anni ’70 e in cui tuttora insegna. Dal 2002 al 2016 è stato direttore dell’Earth Institute, l’istituto di ricerca presso la Columbia University che si occupa dei problemi del pianeta, della sovrappopolazione e dello sviluppo sostenibile. Il Time lo ha inserito nell’elenco delle “100 personalità più influenti del mondo” per ben due volte, nel 2004 e nel 2005.

Papa Francesco lo ha nominato nel 2021 membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. L’articolo su Repubblica è destinato a fare scalpore in Italia prima di essere ripreso all’estero, ma Sachs si è già trovato in tornado mediatici scatenati dalle sue dichiarazioni contrarie alla narrazione ufficiale. Ad esempio, la scorsa estate ha suggerito che il COVID-19 arriva “molto probabilmente” da una ricerca di laboratorio sostenuta dagli USA.

In quella occasione ha creato un piccolo scandalo che ha messo in imbarazzo l’Alto rappresentante dell’Unione europea Josep Borrel. Come detto, infatti, le parole di Sachs sono sempre “pesanti” perché può vantare un curriculum di livello altissimo e in quel momento deteneva la posizione di consigliere di politica estera proprio per Borrel. Quest’ultimo ha dovuto specificare che Sachs non è un funzionario europeo in senso stretto, ma solo un consigliere che non riceve uno stipendio e che quindi non parla a voce della UE.

A Bloomberg Tv ha detto che la distruzione del gasdotto Nord Stream è stata un’azione degli Stati Uniti, forse degli Stati Uniti e della Polonia, mentre dall’inizio della cosiddetta “operazione speciale” in Ucraina è stato intervistato varie volte dalla televisione russa. Tutti questi interventi gli hanno guadagnato il titolo di “cheerleader di Putin” affibbiato dallo Wall Street Journal non soltanto a lui, ma anche ad altri elementi dell’establishment americano che hanno osato esprimersi in modo non conforme alla narrativa ufficiale.

Le reazioni sdegnate dei turboatlantisti

Sono arrivati in fretta i commenti velenosi di alcuni giornalisti. Michele Arnese di Start Magazine twitta così: L’economista Jeffrey Sachs, nuovo editorialista di Repubblica, ha più volte negato il genocidio degli uiguri nello Xinjiang, pensa che il Covid-19 sia creato in un laboratorio americano in Cina e presta in Russia il suo volto ai propagandisti del Cremlino“. Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, lancia “l’allarme russo” e in modo ironico sospetta che dietro alla firma di Sachs si celi in realtà “un pericoloso putiniano” infiltratosi nella redazione di Repubblica con l’aiuto dei “soliti hacker moscoviti”.

Si tratta quindi di  “un autobombardamento in piena regola, che non può restare impunito” e invoca le indagini del Copasir e degli altri enti preposti. Oltre ai vari giornalisti come Riotta o Iacoboni, in modo che si possano aggiornare le liste di proscrizione uscite nel 2022. Su Domani, Youssef Hassan Holgado rammenta le critiche ricevute nel recente passato dal professore della Columbia benché sul piano economico Sachs sia riconosciuto un luminare a livello internazionale. Holgado riporta gli attacchi portati dal Wall Street Journal e biasima il suo intervento alla tivù russa, che avrebbe contribuito a legittimare la visione del Cremlino.

E ricorda le polemiche su quanto detto da Sachs sul Covid e sul rispetto delle minoranze in Cina. Vedremo quali altri strascichi avrà l’editoriale dell’economista americano, ma è innegabile che qualcosa di strano è accaduto nel mainstream italiano, finora compattissimo nella demonizzazione della Russia e nel sostegno incondizionato alla causa euroatlantica in Ucraina.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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