Paradossi europei: per non comprare il gas russo marciscono le infrastrutture, si spegne l’economia e ci rimettono i consumatori

Paradossi europei: per non comprare il gas russo marciscono le infrastrutture, si spegne l’economia e ci rimettono i consumatori

6 Giugno 2024 0

Rinunciare al gas russo e comprare quello di “altri fornitori” (cioè essenzialmente gli Stati Uniti) non è così facile come ci dice la Commissione Europea. Anzitutto è molto più caro, e di questo i cittadini se ne sono già amaramente accorti. In secondo luogo, nel breve periodo non è fattibile sul piano pratico. Cosa ne facciamo della rete di gasdotti già esistente? Verrà distrutta come nel caso del Nord Stream 2 oppure qualcuno vorrà giustamente usarla nel momento in cui ve ne sarà bisogno. E se l’economia europea riprende a crescere, allora sicuramente ci sarà occorrerà energia per sostenerla. È questo il tema analizzato da Ralph Schoellhammer, assistente di economia e scienze politiche presso la Webster University di Vienna, che collabora con diverse testate fra cui Wall Street Journal, Newsweek, Der Standard, Wiener Zeitung e Unherd.

In arrivo un’altra crisi energetica?

L’Europa ha veramente superato la crisi del gas naturale ed è riuscita davvero a ottenere l’indipendenza energetica dalla Russia? Il Financial Times ha detto che il mercato europeo del gas si è dimostrato “molto più resiliente” alle sfide che lo hanno colpito dallo scoppio delle ostilità in Ucraina nel 2022. Ma a uno sguardo approfondito risulta chiaro che oggi siamo solamente nella calma prima della prossima tempesta. Bisogna dire anzitutto che lo sfruttamento dei combustibili fossili segue il ciclo del business: in periodo di espansione economica l’utilizzo aumenta perché le fabbriche producono di più e dunque gliene serve di più, così anche i camion che trasportano le merci e gli uffici che le vendono. Tutte queste attività richiedono energia, perciò il consumo dei combustibili cresce di conseguenza. L’esatto opposto avviene durante un periodo di recessione. Il calo della produzione provoca quasi immediatamente la diminuzione del fabbisogno di combustibili fossili.

Fonti fossili e fonti rinnovabili

Questa è anche una delle principali differenze fra fonti di energia fossili e rinnovabili: l’eolico e il solare, ad esempio, operano indipendentemente dal ciclo del business. Se il vento soffia e il sole splende, allora producono elettricità, senza guardare quale sia l’effettiva richiesta. Occorre tenerlo a mente quando leggiamo i titoli dei media sull’aumento delle quote di rinnovabili nel portfolio energetico europeo. È qualcosa che ha più a che fare con le condizioni dell’economia che non con la riduzione permanente del fabbisogno di gas o con l’indipendenza dai fornitori russi. Per esempio in Germania la produzione delle industrie con uso intensivo di energia è diminuita di quasi il 20% rispetto alla media del 2021.

Quando l’economia si riprenderà…

Non appena le economie degli Stati europei ricominceranno a crescere, il consumo di energia tornerà a salire in proporzione. E allora si porrà la domanda: da dove prenderemo l’energia? I Paesi che si attendono una situazione economia migliore si stanno già muovendo. Gli USA, per esempio, stanno prolungando l’attività degli impianti a carbone e pensano di riaccendere le centrali nucleari fuori servizio, mentre India e Cina continuano a sviluppare tutte le fonti possibili. Attualmente, il piano europeo per cambiare la direzione al proprio destino economico deve essere conciliato col piano di abbandono di tutta la rete di gasdotti che connette l’Europa al suo ex fornitore principale, la Russia. Ma come se non bastassero già oggi i prezzi elevatissimi dell’energia, la completa sostituzione delle forniture russe darà luogo a nuovi costi in tutta una serie di ambiti che andranno a pesare ulteriormente sulle aziende e sui cittadini.

Abbandonare le infrastrutture costa

Paesi come Ungheria e Austria dipendono ancora fortemente dal gas russo; creare nuove infrastrutture per il gas naturale liquefatto di origine che arriva dagli USA o dal Qatar non è così semplice come molti credono. Come riporta il Financial Times, lasciare la rete di gasdotti già esistente comporterà un grosso prezzo da pagare: I cosiddetti operatori di trasmissione energetica (TSO) in Repubblica Ceca, in Austria e in Slovacchia prevedono di aumentare le loro tariffe per il trasporto del gas attraverso i loro sistemi in modo da coprire le perdite derivanti dal mancato passaggio del gas russo. Tali costi aggiuntivi renderanno ancora più caro portare il gas a sud e ad ovest dall’Europa Centrale. Un osservatore cinico direbbe che, mentre la Russia non ha sanzionato l’Europa, gli europei hanno sanzionato sé stessi creando una situazione insostenibile in cui la de-industralizzazione è stata la chiave per avere prezzi dell’energia più bassi.

Paradossi e pragmatismo

Ma ciò significa solo perdere peso morendo di fame! Può funzionare per un po’, ma alla fine si rivela qualcosa di letale. Inoltre, si nota sempre di più come l’opinione pubblica europea non voglia accettare queste condizioni. Da Orbán in Ungheria a Fico in Slovacchia, vi è un numero crescente di politici che si oppongono apertamente all’indipendenza energetica dalla Russia. Posizioni simili vengono prese anche dai principali partiti di opposizione, come AfD in Germania e FPÖ in Austria. Con tali orientamenti politici – e ammesso che i gasdotti non vengano deliberatamente distrutti come accaduto col Nord Stream 2 – è prematuro parlare della fine del rapporto di cooperazione energetica fra Europa e Russia. Potrebbe trattarsi solo di una “pausa”, ma nel momento in cui il fabbisogno di energia salirà di nuovo, sarà dura resistere alla tentazione di ricorrere ai gasdotti già esistenti.

Redazione Strumenti Politici
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