La finanziaria: un sudoku giuridico-contabile

La finanziaria: un sudoku giuridico-contabile

2 Ottobre 2025 0

L’autunno è tempo di vendemmia nelle campagne, ma anche l’avvio della procedura di costruzione della manovra finanziaria per l’anno seguente. Oggi tale avvio è quanto mai precario a causa dell’incertezza del quadro globale e delle politiche dei dazi degli USA e delle sanzioni alla Russia. In sostanza tutto il quadro globale è in via di ridefinizione verso una forma di multilateralismo che supera la posizione di unica dominanza degli Stati Uniti e che rende altamente variabile la situazione commerciale, economica, finanziaria e politica a livello planetario.

La finanziaria

La finanziaria è anche uno scontro politico che dipende dalle richieste di fondi da parte della politica, la quale fa un uso della manovra funzionale a raccogliere consenso con la destinazione delle risorse a persone e istituzioni vicine ai partiti politici. Da qui comincia l’attacco alla diligenza della finanziaria, che rischia poi di appesantirla e di aggravare il già alto debito pubblico. Questo uso della spesa pubblica per ottenere consenso si riflette sull’alta incidenza della spesa corrente sul totale della spesa rispetto alla spesa in conto capitale e per investimenti. La prima di fatto è l’80% della spesa totale, mentre la seconda arriva al 20%.

La spesa corrente ha un’alta rigidità ed è difficile da contenere per il ruolo politico che riveste, ma di fatto diventa cruciale il suo contenimento. Non a caso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha chiaramente detto che non si può sforare il tetto del debito proprio adesso che la UE può dichiarare la fine dello stato di emergenze del Paese e in presenza della possibilità di ridurre il deficit sotto il 3%, obiettivo perseguito negli ultimi anni senza essere mai realizzato.

Prassi giuridica e tipo contrabilità

L’altro aspetto deleterio della spesa corrente è l’uso ormai invalso nella prassi di inviare come richieste di finanziamento centinaia di impegni di spesa per consentire il mantenimento del consenso. La prassi giuridica che regola la contabilità finanziaria è che ogni singolo impegno di spesa venga rilevato sempre allo stesso modo, indipendentemente dal valore contabile collegato. Quindi cui si moltiplicano le ore-uomo per la predisposizione dei singoli impegni e per il loro controllo e questo dilata i tempi e l’efficienza del controllo stesso, che sembra essere l’ultimo degli interessi della classe politica: prova ne sia che mentre per la predisposizione della finanziaria occorrono 4-5 mesi, per il controllo a posteriori delle somme erogate il tempo richiesto è mediamente di 4-5 giorni. Poi tutto passa in cavalleria e noi cittadini ci agitiamo per il debito pubblico crescente.

La finanziaria si chiama in questo modo per il tipo di contabilità pubblica che misura le variazioni di cassa per le entrate (accertamenti ed incassi) e le uscite (impegni e uscite di cassa) rigorosamente regolata da una sistema giuridico che diventa dominante. La contabilità finanziaria è completamente diversa dalla contabilità economica, la quale misura i risultati delle imprese in termini di costi e ricavi secondo il principio di competenza e non come quello di cassa che regola la contabilità finanziaria. I vincoli alla finanziaria derivano dal fatto che deve essere approvata dai due rami del Parlamento entro la fine dell’anno, altrimenti si avvia, fino all’approvazione, l’esercizio provvisorio che autorizza la spesa dell’anno precedente misurata in dodicesimi e il secondo vincolo è che deve realizzare il pareggio tra entrate ed uscite.

Un equilibrio difficile

Per trovare un equilibrio tra richieste della politica e scarsità delle risorse si è spesso ricorsi a una sovrastima delle entrate e a una sottostima delle uscite, di fatto eludendo il reale vincolo di pareggio. L’anno successivo le entrate previste non si realizzano così come le uscite non correttamente previste, dando luogo a un aumento del debit. Tale manovra fatta sistematicamente ci ha portato ad avere un debito che rischia di andare fuori controllo, specie se le spese per interessi aumentano. Lo scorso anno abbiamo avuto oltre 100 miliardi di euro di interessi a gravare sul debito. Negli anni ‘90, con un’inflazione elevata e con l’emissione di BOT al 20 %, le spese per interessi coprivano il 50% delle entrate. Così il debito è esploso.

Come possiamo vedere dai seguenti grafici, il PIL italiano si contrae mentre il debito pubblico tende a rallentare la corsa, mantenendosi però oltre i 3000 miliardi di euro. Il rischio che stiamo correndo è quello che il PIL cresca di meno della crescita del debito, mandando in difficoltà la tenuta dei conti pubblici:

D’altro canto, come possiamo vedere l’andamento storico del PIL sul debito e l’incidenza degli interessi sul debito mostrano un andamento crescente nel lungo tempo. Solo adesso riusciamo, dopo la pandemia, ad avere un avanzo primario positivo, mentre rimane alta la spesa per interessi sia per l’ammontare dello stock di debito sia per gli interessi sullo stesso, che oggi possono avere un ridimensionamento grazie anche a uno spread decrescente. Il debito sul PIL ha raggiunto durante la pandemia la stessa percentuale raggiunta nella Prima Guerra mondiale, che ha portato a quella crisi sociale dalla quale uscì il movimento fascista.

Il debito fuori controllo

La maggiore crescita del debito rispetto al PIL è stata negli anni ‘80 e ‘90, quando con la fine del gold exchange standard e la creazione della finanza infinita abbiamo avuto un’inflazione che ha passato il 20% e che generato lo zoccolo duro del debito che non si è più ripreso. Anche la debolezza della politica ha contribuito all’uso smodato della spesa corrente, funzionale a realizzare il consenso e la stabilità dei governi.

La posizione debitoria di molti Stati occidentali è dovuta a una crescente forza della finanza e a un suo uso che ha autorizzato una spinta verso il moral hazard. Le conseguenze le vediamo, accresciute dalla riduzione della manifattura rispetto ai servizi che oggi rappresentano a livello globale il 68% del PIL mondiale e una conseguente decrescita del PIL, specie per le economie occidentali, USA ed Europa, a favore delle economie degli altri paesi a noi contrapposti come Cina, India e Brasile e una parte di Paesi africani nei quali il PIL corre di più.

Aspettiamo i risultati con la speranza che l’assalto alla diligenza non impedisca al manovratore di rispettare i rigidi vincoli di spesa che l’Europa pretende da noi.

Fabrizio Pezzani
Fabrizio Pezzani

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