Nell’Italia dei ‘bambini untori’ e delle ‘scuole focolaio’, una voce fuori dal coro. Daniele Novara: “Facile per un sistema politico-amministrativo in difficoltà rivalersi sui più piccoli”
Continua martellante sui maggiori quotidiani italiani l’attacco alla scuola, come principale focolaio per le attuali infezioni da Covid. L’Istituto Superiore di Sanità snocciola anche oggi numeri da bollettini da guerra. “Nell’ultima settimana, i casi di Covid-19 segnalati negli studenti, sono passati dal 24% della settimana precedente al 30%. Nell’ultima settimana il 18% dei casi in età scolare è stato diagnosticato nei bambini sotto i 5 anni, il 44% nella fascia d’età 5-11 anni, il 38% nella fascia 12-19 anni”. Del tutto sottovalutato che tali numeri derivano verosimilmente per la maggiore attività di screening effettuata all’interno delle strutture scolastiche o per la coda degli assembramenti dovuti alle recenti settimane di vacanze natalizie. E se il Governo nazionale ha per una volta tenuto duro per tenere le scuole aperte, ma con regole kafkiane e senza prevedere adeguati strumenti per sostenere le famiglie in caso di quarantena e quindi dad, i Governatori delle Regioni si sono distinti per applicare norme ancora più restrittive di quelle volute dal ministro dell’Istruzione Bianchi e dal presidente Draghi. Una schizofrenia che non ammette voci critiche, le quali purtroppo vengono silenziate dal mainstream, e pensare che sarebbe invece necessario approfondire le conseguenze delle settimane di Dad e isolamento che stanno subendo gli alunni italiani, i quali fra qualche anno saranno chiamati ad essere la classe dirigente del nostro Paese. Si pensi che il report RAISING CANADA 2020, ne citiamo uno per non dilungarci eccessivamente, realizzato dal dipartimento di sanità pubblica dell’università di Calgary e dall’istituto di ricerca dell’ospedale pediatrico di Alberta, che raccoglie e sistematizza i risultati di varie survey canadesi degli ultimi due anni: il 57% dei giovani di età compresa tra 15 e 17 anni ha valutato la propria salute mentale come “leggermente peggiore” o “molto peggiore” rispetto al periodo precedente il distanziamento sociale, mentre i giovani tra 17-24 anni valutano la loro salute mentale come “eccellente” o “molto buona” nella misura del 20% in meno rispetto al 2018; il 70% dei ragazzi di 10-17 anni riferiscono di sentirsi “soprattutto e intensamente” annoiati e soli. Ma di questi report ce ne sono a decine a livello internazionale, e tutti certificano i danni psicologici e sociologici conseguenti da chiusura delle scuole e post quarantena, eppure non fanno notizia. Proprio per questo abbiamo chiesto al professor Daniele Novara, noto pedagogista e saggista, la sua opinione in merito.
– Nel suo libro ‘I Bambini sono sempre gli ultimi’ raccontava di come in Italia ad inizio pandemia se la prendevano con i bambini “untori”… Ha avuto anche Lei la sensazione che da almeno un paio di mesi a questa parte, sui media – e non solo – si sia tornati a etichettare i bambini come soggetti pericolosi per la società?
– In un momento come questo, in cui il sistema politico-amministrativo è in evidente difficoltà a prendere delle decisioni giuste (lo si è constatato perché col massimo delle restrizioni abbiamo avuto un livello elevatissimo di mortalità) per la politica è stato estremamente facile, quasi banale, rivalersi sui più piccoli. Il governatore della Campania e poi quello della Puglia avevano chiesto di non riaprire le scuole dopo le vacanze di Natale in considerazione del rischio di scatenare nuovi focolai: ma questa non è amministrazione, questa è un intervento antropologico! Certo, tuteliamo i pranzi di Natale e le cene di Capodanno con assembramenti prolungati e senza alcun controllo… E invece ora dopo due settimane di riapertura delle scuole il contagio si è stabilizzato. Non serve mica avere un master in epidemiologia per capire quello che è successo. Ma la politica italiana fa solo demogagia e tutela gli interessi elettorali invece che gli interessi dei soggetti che non votano, cioè i bambini. Le scelte fatte dagli amministratori non hanno tenuto in nessun conto il piano pandemico già esistente. Uno dei capisaldi di questo piano era proprio il considerare tutte le situazioni, mettere sul piatto della bilancia tutti gli interessi, non era certo quello di attuare lockdown e coprifuochi con le tempistiche decise dai nostri politici, i quali hanno elaborato la giusta miscela di restrizioni per far schizzare in alto il numero dei contagi, togliendo il massimo di libertà, di istruzione e di attività economica alle persone. Lo dico da due anni: tenete aperte le scuole! Le scuole sono infatti i luoghi più sicuri per i ragazzi, per gli insegnanti, per i genitori… Le scuole sono presidi di salute, è qualcosa di dimostrato scientificamente dalle grandi ricerce internazionali. Più le scuole restano aperte, meno il virus circola. Sostengo non solo che esista un pregiudizio anti-infantile, ma anche che i giovani sono stati espulsi dall’immaginario collettivo insieme ai loro genitori, anzi al sistema educativo in generale. Su Repubblica la primavera scorsa Concita De Gregorio scriveva: se in televisione si parla di bambini o di scuola, l’audience crolla. Lo so bene, perché io porto avanti delle idee propositive sui bambini e sulla scuola e sono stato censurato da programmi televisivi di varia natura, anche da quelli che dicono di combatterla, la censura. Nell’immaginario collettivo vengono fatti prevalere i virologi, i quali vedono una parte molto limitata del concetto di salute. Oggi ci sono troppi bambini che non potendo frequentare con regolarità già a partire dalla scuola materna subiscono un danno gravissimo alla loro crescita. Senza le scuole materne non abbiamo più le basi per la nostra società di domani. C’è molta preoccupazione per il fatto che molti dei figli degli immigrati non le stanno frequentando, con la conseguenza di compromettere il processo di integrazione. Al di là della pandemia, bisogna dire che le scuole dell’infanzia non sono né gratuite né obbligatorie, quindi ci sono ostacoli fin da subito per gli stranieri venuti in Italia. Tornando alla gestione della pandemia, ribadisco che i bambini devono poter uscire e che tenerli in casa è un grosso equivoco che compromette la loro crescita.
– Le scuole italiane hanno fatto lezione in DAD molto spesso, quest’anno…
– Fin dall’inizio dell’anno scolastico, con i colleghi – tra cui l’epidemiologa Sara Gandini – abbiamo implorato i politici di non fare quello che poi hanno fatto, cioè propinare una vuota retorica contro la DAD per poi allestire il sistema dello screening che di fatto la consente. Si mandano i bambini in DAD e si chiudono le scuole, facendo però finta di tenerle aperte. Con lo screening a tappeto, infatti, si trova sempre qualcuno positivo che però non ha alcuna malattia, alcuna incidenza patogena. È un metodo sbagliato, che nessun Paese europeo ha adottato. In Europa si distingue fra virus e contagio, in Italia no. Dovremmo forse fare lo screening su 60 milioni di italiani, inclusi i vaccinati che rimangono soggetti potenzialmente contagiosi? Ecco, nel mondo forse solo Pechino segue questo sistema. Vogliamo veramente diventare come la Cina?
– Lei che lavora sul campo potrebbe dirci quando vedremo veramente questi problemi in tutta la loro gravità? Quando daranno i loro frutti avvelenati i semi che le amministrazioni stanno piantando oggi? (per esempio stabilendo la regola che se c’è un positivo in classe, si chiude tutto, costringendo di fatto intere scuole al lockdown).
– I danni si possono riscontrare già oggi. Quelli principali sono provocati dall’isolamento: i bambini passano pochissimo tempo coi coetanei, ci sono bambini che non festeggiano più il compleanno insieme agli amichetti da tre anni… le loro competenze sociali ne sono uscite annichilite, anzi molti non le hanno proprio sviluppate. Quando saranno adolescenti e poi adulti saranno particolarmente permalosi, suscettibili, con reazioni aggressive, insomma potranno facilmente mettersi nei guai e inguaiare gli altri. Senza vita in società, i bambini e i giovani non possono imparare ad auto-regolarsi, a negoziare. Se invece stanno in casa da soli o con la mamma che è sempre a disposizione, il loro senso di onnipotenza crescerà in modo abnorme senza i naturali controbilanciamenti forniti dalle interazioni sociali vere, quelle “in presenza”. I pediatri dispongono già di un dato allarmante: l’aumento degli atti di aggressività verso i genitori. Ci sono bambini di 8-9 anni che tirano oggetti ai genitori o li insultano con un repertorio di epiteti che fa rabbrividire. Anche con gli adolescenti i danni sono sotto gli occhi di tutti; sono in aumento i “NEET” (i ragazzi che non studiano e non lavorano) ma non ci sono ricerche specifiche in proposito, perché nessuno le finanzia. Qualche sociologo dovrebbe finalmente mettersi a contarli, ma sono ricerche “tabù”. Viene invece portata avanti la retorica della vaccinazione a tutti i costi per bambini e ragazzi. Pur senza negare l’utilità della vaccinazione in sé, bisogna però dire che si tratta di qualcosa di discutibile, è una decisione politica e non un obbligo imprescindibile come sostenuto da qualche virologo. Dovremmo ristabilire le priorità, e la priorità numero 1 è permettere ai bambini e ai giovani di vivere una vita sana fuori di casa. Il COVID-19 li colpisce in minima parte, mentre è pericoloso per i soggetti fragili e per gli anziani. Ecco, che si faccia allora la quarta dose agli ultraottantenni, non ai bambini. Ormai è stata instillata nell’immaginario collettivo l’idea che i bambini costituiscano un problema, un pericolo di contagio: ma non lo sono!
– E perché i mass media tendono ad assecondare questa visione? Questo tipo di comunicazione viene indotta da logiche commerciali oppure dal sistema?
– Talvolta scrivo articoli per grandi testate; dallo scorso settembre, però, nessun giornale mi permette più di intervenire. La motivazione che adducono è contenuta nella frase Abbiamo una linea da seguire. La spiegazione è tutta qui. Una volta “la linea” era quella che seguivano i giornali di partito. Oggi manca totalmente il dibattito, non viene consentito il confronto. Ragionare sul problema da vari punti di vista aiuterebbe tutti. Del vaccino per i bambini si dovrebbe discutere apertamente, ci sono molte voci che esprimono dubbi ma a cui non viene dato alcun risalto dai mass media: pensiamo al direttore dell’ospedale pediatrico di Milano, il Vittore Buzzi. I grandi giornali però devono seguire una certa linea…
Nato a Torino il 9 ottobre 1977. Giornalista dal 1998. E’ direttore responsabile della rivista online di geopolitica Strumentipolitici.it. Lavora presso il Consiglio regionale del Piemonte. Ha iniziato la sua attività professionale come collaboratore presso il settimanale locale il Canavese. E’ stato direttore responsabile della rivista “Casa e Dintorni”, responsabile degli Uffici Stampa della Federazione Medici Pediatri del Piemonte, dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte. Ha lavorato come corrispondente e opinionista per La Voce della Russia, Sputnik Italia e Inforos.