L’usura e la “Macrousura”
Il termine “macrousura” non esiste nel lessico italiano. Forse non si era mai pensato che la finanza, operando in un sistema sovranazionale al di fuori di ogni legittimazione democratica e giuridica, potesse infrangere l’ordine costituito come un vento dissolutore degli equilibri sociali ma questa è la realtà. Questo termine sta appunto, a significare l’uso della moneta e della finanza come strumento/arma di governo sovranazionale per la realizzazione di interessi di pochi a scapito di tutti gli altri.
La moneta usata come arma
L’uso della moneta senza un sistema di regole che ne limitino il potere di dominanza e l’attribuzione ad essa di essere una verità incontrovertibile, sostenuta dall’Accademia ma smentita nei fatti, consente di esercitare sui Paesi indebitati un’azione di sudditanza e di potere che coincide nella sostanza con il termine di usura. E’ proprio la spinta all’indebitamento che spinge i Paesi ed i politici a diventare cicale per mantenere il consenso ma consegnandosi ad una forza ed una verità che è tutto ma non scientifica.
Una realtà che come aveva mirabilmente detto F. von Hayek, è in grado di determinate il costo dell’indebitamento con una sofisticata strumentazione come lo ‘spread’, le società di ‘rating’ prive di fondamento scientifico per una metodologia attuata che tiene conto solo di una parziale realtà e peraltro quella minimale. Peraltro tutto retto da una modalità di campionamento delle variabili in gioco assolutamente inadeguata ma appunto, proprio per questo, facile da manipolare. E ovviamente con le banche d’affari che soffiano sul vento.
La capacità di manipolare gli Stati
Questo potere viene esercitato contro gli Stati e le comunità sociali per definire ed orientare le decisioni politiche più funzionali al macrosistema finanziario dominante. Così la qualifica di “macro”, attribuito a questa particolare forma di usura verso i sistemi sociali, può essere più chiaramente definito con il termine di “macrousura”.
L’usura, in quanto tale, nasce con la tendenza naturale dell’uomo a ricercare l’interesse personale al di là delle regole morali che tengono unite le società. Il fenomeno pertanto è antico e proprio dall’antichità è sempre stato oggetto di critica e di condanna.
Ma quali sono le condizioni perchè ci sia macrousura
La questione che si pone in termini di principio e poi di conseguenza in merito all’usura ed alla macrousura è la seguente :
- l’usura, come definita, rappresenta l’esercizio di un potere nei confronti di una o più persone le quali possono essersi messe nella situazione in cui l’usura possa essere esercitata. La debolezza di chi è esposto ad un potere esterno finisce per portare ad un punto di non ritorno ed alla fine. Il potere nei confronti di altri in difficoltà può essere tale da indurli, pur di ottenere una risposta al bisogno, a compiere azioni anche criminose che non farebbero se fossero state più prudenti e se il sistema sociale fosse tale da ridurre il rischio di una prigionia psicologica.
- Si condanna l’usura come principio ma si devono condannare coloro che commettono usura per interesse personale che va al di là di ogni limite morale. La condanna deve essere tale da prevenire i fatti che generano questo tipo di estorsione.
- Il concetto è assolutamente trasferibile alla “macrousura” che, essendo, contro intere comunità è oltremodo illecita e da condannare evitando che si creino le condizioni che questa attività possa essere realizzata ad evidenza questo dovrebbe essere il ruolo della politica se fosse in grado di esercitare il mandato che i cittadini le hanno conferito.
- Come nell’usura si condanna il principio ma, ovviamente, anche i “macrousurai” a cui deve essere impedito di avvalersi di situazioni che agevolano l’esercizio del potere della finanza. Nel momento in cui uno Stato finisce nella trappola dell’indebitamento il potere esterno, come con l’usuraio, finisce per regolarne i comportamenti e spingere una politica debole a fare norme che rafforzano la macrousura e si finisce in un gioco mortale.
- Come nell’usura è necessario smontare il meccanismo di porta alla formazione di un potere sovranazionale e non controllabile riportando la finanza al ruolo di gregario dell’economia reale. Roosevelt arrivò a chiudere le borse per piegare la speculazione fine a sé stessa, forse sarebbe necessario che la comunità internazionale affrontasse il problema prima che la “macrousura” possa diventare devastante.
Quando nasce l’usura?
Il concetto e la definizione dell’usura ha origini lontane nel tempo a partire dalla Grecia classica e dai primi grandi pensatori che fecero di quella storia le fondamenta della cultura occidentale. Quelle radici sarebbero state riprese nel Medioevo in particolare da Tommaso D’Aquino. I due periodi hanno una comune matrice socioculturale: entrambi vengono dopo momenti di degrado morale e possono essere indicati come fasi storiche di tipo ideazionale, secondo la classificazione di Sorokin, in cui sia la dimensione religiosa che quella materiale hanno il suumcuique.
Non a caso Tommaso D’Aquino prenderà a riferimento per il suo pensiero Aristotele come Sant’Agostino avrebbe preso quello di Platone. Questo rilievo è importante perché, come abbiamo visto, il contesto socioculturale in cui un pensiero prende vita e linfa determina i principi morali ed etici che guidano la società. Ed in entrambi i casi i due archetipi sociali sono improntati al bene comune, alla giustizia sociale che consente di combinare i desideri dei singoli in un bene superiore.
Si tratta del periodo dell’affermazione dell’uomo sociale ben lontano dal modello socioculturale che stiamo vivendo e proprio il diverso contesto valoriale può spiegare come la ricerca del fine personale esclusivo, da realizzarsi con beni materiali, sia connaturato a comportamenti aggressivi che con l’esercizio della finanza e della moneta pongono in essere strumenti di coercizione verso gli altri che finiscono per coincidere con un uso arbitrario e dominante della moneta e con l’affermazione di fenomeni di usura che va sopra i rapporti individuali come è stata sempre studiata ma viene esercitata sulle comunità sociali nel loro complesso.
Il legame tra Politica ed Etica
Infine sia Aristotele che Tommaso D’Aquino trattano il tema dell’economia , della moneta e dell’usura nell’ambito dei trattati su la “Politica” e l’”Etica” e non è casuale perché in entrambi periodi la dimensione morale ed il ruolo dell’uomo nella società erano un fine. La realizzazione di una società giusta era il fine della Politica che al fine di realizzare la felicità si doveva avvalere dell’economia intesa come strumento.
Per loro era molto chiara la gerarchia tra fini e mezzi: il fine era la felicità della società (Ethos) da realizzarsi tramite il perseguimento del bene comune a cui secondo giuste regole il bene e l’interesse individuale doveva adeguarsi ma non stare sopra al bene comune, la politica (polis-ethos), considerata come l’espressione degli uomini migliori, doveva rappresentare il tramite tra il fine da perseguire ed il mezzo da usare che era l’economia (oikia-nomos). La gerarchia era scolpita nello spirito di quei tempi ed ha rappresentato la via per uscire dalla deriva dei periodi precedenti in cui la “barbarie” era il modo di vita e l’ideale da perseguire. Vi era un ordine nelle cose in cui il senso che le accomunava era l’armonia.
La guerra
Per capire la critica che essi facevano all’usura è necessario capire quanto quella, ieri come oggi, rappresenti l’ostacolo alla realizzazione del bene comune perché mettendo l’interesse personale da perseguire come valore assoluto la “societas” si trasforma in “bellum omnium contra omnes”. Oggi i ruoli gerarchici sono stravolti perché l’economia è il fine, la politica deve perseguire gli interessi dell’economia e della finanza e l’etica è un corollario che esprime la tensione congruente con quel fine. In altri termini se il fine è l’accumulazione infinita un comportamento etico in questa gerarchia si identifica con la legge del più forte e l’usura, in questo caso la macrousura, diventa un’arma di potere e di dominio .
Nella Grecia classica sia Platone ma soprattutto Aristotele si occuparono dell’uso della moneta e del suo valore d’uso e di quello di scambio. Mentre il primo è legato alla natura del bene in sé – l’uso a cui è naturalmente destinato il bene – il secondo accomuna tutti i beni che possono essere oggetto di scambio. In questo secondo caso lo scambio nell’evolversi delle società e delle loro relazioni commerciali passa dal baratto allo scambio monetario, qui torniamo alla prima parte del presente lavoro.
L’accumulo di moneta è innaturale
La moneta rileva Aristotele può essere strumento di formazione di scambio e determinare il valore dello scambio perché consente lo sviluppo delle società e la divisione del lavoro ma se usata al fine della sua accumulazione diventa innaturale perché lesiva del bene comune e del giusto scambio. In questo caso Aristotele riprende il termine di crematistica per definire una ricerca di accumulazione fine a sé stessa ma è nella natura dell’uomo prima pensare a sé stesso che agli altri e solo la sperimentazione dei vantaggi , non solo economici, derivanti dalla visione dei bisogni altrui come bisogni complessi del sistema di cui fa parte lo portano ad azioni solidali .
La moneta non crea moneta diceva Aristotele , in latino divenne “nummus nummum parere non potest” condannando il suo uso per una sua accumulazione infinita anche a scapito degli altri . Il termine usura lo fa derivare da “tocos” che significa “parto” ed in senso traslato deriva dalla forma verbale “ tocao “ che vuole dire essere in procinto di partorire dal verbo “ticto” equivalente a generare, quando si crea moneta avviene una generazione di qualcosa di simile a sé stessa ma la moneta in quanto tale non crea ricchezza che deriva invece dal lavoro e diremmo oggi dall’economia reale .
La nascita del prestito
La pratica di dare denaro a prestito diventa di grande importanza nell’evolversi degli scambi internazionali e dunque è con il medioevo che il ruolo della moneta assume una fondamentale importanza per l’apertura dei commerci e quindi della divisione del lavoro e delle attività produttive. In quel tempo il rifiorire di una maggiore spiritualità e l’avvio del francescanesimo contribuirono alla fioritura delle attività artigianali e mercantili. Le attività produttive diventarono più complesse e diversificate.
Il commercio e la produzione diventando diversificati e frammentati allungavano sia i tempi di produzione sia quelli della realizzazione della vendita dei prodotti finiti ; la stessa acquisizione di materie prime e manufatti avveniva tramite attività di trasporto tra territori lontani che richiedevano lunghi tempi di esecuzione. L’allontanamento delle fasi produttive fra di loro richiedeva sempre più elementi che facilitassero gli scambi e la moneta divenne fondamentale per concedere i prestiti necessari a ridurre gli squilibri tra i flussi finanziari in uscita e quelli in entrata; l’affermazione di istituti che favorissero l’intermediazione finanziaria fu un fattore di sviluppo fondamentale per preparare i tempi moderni e l’avvento nei secoli della rivoluzione industriale.
Come sempre la lettura della storia nel tempo consente di capire come i fatti e la storia stessa si vadano formando attraverso una fitta rete di relazioni tra cause ed effetti ed ogni fase storica è strettamente legata alla precedente che l’ha preparata ed a quella successiva che ne diventa la naturale conseguenza.
La spesa militare
L’esercizio del commercio e delle attività produttive consentivano crescite diverse tra differenti territori e le forme di governo politico del tempo finivano spesso per cercare l’affermazione degli uno verso gli altri e così anche l’approntamento degli eserciti per le guerre richiedeva un ingente investimento monetario che veniva coperto sia dai tributi che dai crediti concessi dai soggetti intermediari negli scambi. Fu proprio l’Italia a sviluppare più rapidamente gli intermediari finanziari che conferivano le risorse per un periodo di forte crescita in un contesto in cui la tensione verso la dimensione spirituale aveva una grande influenza sull’arte e sul bello.
Come sempre l’instabilità dell’animo umano travolge la propensione verso il bene comune quando lentamente si afferma la cultura dell’interesse personale da perseguire anche infrangendo le regole morali ed il senso di giustizia che aveva a lungo ispirato i pensatori del periodo medievale ; anche l’esercizio non regolato del credito finiva per lasciare spazio ad un suo usa talora giugulatorio, per l’appunto l’usura.
La finanza come ordine supremo
L’avere innalzato la finanza ad ordine supremo ha consentito , anche grazie alla legittimazione data dall’Accademia di Stoccolma , che si potesse formare un ordine superiore ai singoli stati non democraticamente eletto né giustificato in grado di esercitare un’egemonia sovranazionale sulle singole società con l’esercizio spregiudicato della moneta e della finanza come abbiamo visto nelle precedenti pagine. Nel precedente lavoro scrivevamo :
Il dissesto a cui siamo di fronte è stato causato da uomini, non da eventi naturali e imprevedibili; uomini che, spesso, si sono laureati nelle università migliori. Ma quali valori morali ed etici si insegnano in queste università di (ex) eccellenza? Possiamo provare a domandarci che responsabilità hanno «i maestri» di quelli che ci hanno messo in questa drammatica situazione? Purtroppo, è questo il vero dramma, li troveremo sempre lì a pontificare un nuovo corso della storia che si stanno preparando a cavalcare magari andando a vendere il nuovo prodotto «Corporate Social Responsabiliy» per fare un nuovo «best seller» che durerà l’ éspace d’un matin come sempre, ma senza fare cultura vera.Hanno fatto scivolare rapidamente via le loro responsabilità morali e sociali come la pioggia sui vetri; così termini come responsabilità, onore, vergogna, morale, etica, solidarietà che una volta scuotevano nel profondo la coscienza delle persone oggi sono diventati solo sordi suoni di una campana stonata.
E’ tutta un’altra storia. Ritornare all’uomo ed all’economia reale. L’armonia e l’ordine delle cose di un tempo sono diventate oggi, nei tempi post-moderni qualcosa di profondamente asimmetrico che ci sta portando ancora una volta davanti al caos. Questo non è avvenuto per caso ma seguendo un percorso di legittimazione di un modello socioculturale i cui fini non sono certamente il bene comune.
È Dottore commercialista, revisore contabile e Professore ordinario di Economia Aziendale, Università Bocconi. Docente senior dell’Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Ha insegnato presso l’Università di Parma e Trento. È stato visiting professor alla Harvard Business School e alla Harvard School of Public Health.
Ha rivestito il ruolo di membro della Commissione sul riordino dei sistemi di controllo presso il Dipartimento della Funzione Pubblica; componente dell’Accademia Italiana di Economia Aziendale e della Società Italiana di Storia della Ragioneria; membro del Comitato scientifico nazionale di Legautonomie; membro del Comitato scientifico dell’European Centre for Public Affairs, Bruxelles; membro del Consiglio Generale della Fondazione Cari-Parma e membro del Comitato editoriale delle riviste Azienda Pubblica ed “Economia & Management”.
Membro del Comitato Scientifico Editoriale della Rivista “Azienda Pubblica”, Maggioli Ed., Rimini , della Rivista “Economia & Management” RCS Ed. Milano, “Quaderni di ricerca sull’Artigianato”, Mestre , della rivista “Finanza” , Roma, Membro del comitato scientifico della rivista “I controlli nelle società” dell’Ordine dei Dottori commercialisti di Milano.
E’ stato membro della Commissione sui principi contabili delle amministrazioni pubbliche presso il Ministero dell’Interno