L’Ungheria mantiene la sua posizione: niente bombe a grappolo né finanziamenti per l’Ucraina

L’Ungheria mantiene la sua posizione: niente bombe a grappolo né finanziamenti per l’Ucraina

22 Luglio 2023 0

Passato il vertice di Vilnius, caratterizzato da abbracci davanti ai fotografi e litigi dietro le quinte, si torna alle scelte concrete delle singole capitali. Così, se Washington ha subito deciso di richiamare altri 3mila riservisti da mandarci in Europa, Budapest resta fedele alla posizione che ha sempre avuto.

Il governo ungherese continua a chiedere la creazione di un tavolo delle trattative per porre al fine al conflitto in maniera negoziale. Dunque non darà alcun appoggio militare all’Ucraina e a maggior ragione non approva la fornitura di bombe a grappolo da parte degli USA.

Szijjarto contro l’invio di armi a Kiev

In un’intervista esclusiva concessa alla televisione cinese, il ministro degli Esteri e del Commercio Peter Szijjarto ha ribadito i principi che reggono la posizione ungherese. L’Ungheria è contraria all’ulteriore invio di armi all’esercito ucraino, poiché ciò non fa altro che prolungare lo spargimento di sangue e la distruzione delle relazioni umane e commerciali. Per questo motivo Bupadest biasima la scelta americana di dare a Kiev le bombe a grappolo, che secondo Szijjarto porteranno solamente nuove vittime e altre sofferenze.

Il ministro le definisce “estremamente pericolose” perché capaci di mettere a serio rischio la vita dei civili. Quindi sottolinea che l’Ungheria ha ratificato la Convenzione sulle bombe a grappolo (CCM), alla quale attualmente hanno pienamente aderito altri 110 Paesi del mondo, tra cui l’Italia e la maggior parte dei membri della NATO. Più in generale, Szijjarto dice che Bupadest non gradisce alcun tipo di fornitura militare a beneficio di Kiev. Poi evidenzia come il suo Paese sia forse l’unico in Europa a non concedere armi a Kiev e di sicuro non permette che sul suo territorio passino le armi destinate al fronte.

Il ministro ribadisce che nessun esito positivo può arrivare dal campo di battaglia: l’unica soluzione, invece, è quella diplomatica, possibilmente un negoziato diretto fra la Russia e gli Stati Uniti. Il medesimo concetto è stato ripetuto nella conferenza stampa congiunta dopo gli incontri bilaterali tenuti con il suo omologo yemenita Ahmad Awad bin Mubarak, in visita ufficiale nella capitale ungherese il 19 luglio. A proposito della questione delle bombe a grappolo americane, Szijjarto ha affermato che gli invii di armi allungano il conflitto e fomentano l’escalation. Esortiamo dunque tutti quanti a muoversi verso la pace invece che verso la minaccia di un’escalation della guerra. Sarebbe quindi cosa buona se i nostri alleati, invece che le bombe a grappolo o qualunque altra arma, portassero la pace ai loro vicini, al fine di salvare vite umane, ha dichiarato il ministro.

La magiarofobia della sinistra tedesca

Nella medesima conferenza stampa effettuata col ministro yemenita, Szijjarto ha anche criticato la magiarofobia mostrata dalla vicepresidente dell’Europarlamento Katarina Barley. La politica tedesca ha infatti dichiarato che la BMW dovrebbe spostare i suoi investimenti dall’Ungheria alla Romania. Tali parole si inseriscono in un quadro più generale di disincentivi o addirittura di ricatti subiti dalle aziende tedesche che investono a Budapest.

Tuttavia, spiega Szijjarto, questa politica anti-ungherese si sta rivelando un fallimento per le forze politiche di sinistra che l’hanno lanciata. Il ministro ha pure ribadito che l’Ungheria non approverà alcun finanziamento al riarmo ucraino proveniente dallo Strumento Europeo per la Pace (EFP). Questo fondo fuori bilancio, sebbene si definisca “per la Pace”, ha come scopo quello di agevolare economicamente la fornitura di armi. Sulla correttezza del suo funzionamento sono sorti dei dubbi anche in Francia, dove un think tank di accademici ha illustrato i trucchi e i difetti del suo meccanismo.

 Grazie a questo sistema, Paesi come la Polonia riescono ad esempio a rifarsi il “parco macchine” dei carri armati sfruttando i soldi dei principali Paesi contributori, che sono l’Italia, la Francia e la Germania. Budapest non intende favorire l’EFP almeno finché una delle sue maggiori banche, la OTP, non sarà tolta dalla lista nera degli “sponsor della guerra” in cui le autorità ucraine l’hanno inserita.

Budapest contro i finanziamenti europei all’Ucraina

Anche al vertice dei ministri degli Esteri della UE, svoltosi la settimana scorsa, l’Ungheria ha rispettato la sua posizione. Budapest non approverà alcun finanziamento del riarmo ucraino né sotto l’egida dell’EFP né con il nuovo piano da 20 miliardi di euro. O quanto meno potrà ripensarci soltanto dopo che l’Ucraina avrà tolto la banca OTP dalla lista nera.

Bruxelles intanto pensa alla maniera di concedere a Kiev altri miliardi. La proposta emersa al vertice parla di 5 miliardi di euro all’anno per il prossimo quadriennio. La loro destinazione è di aiutare la copertura dei costi che gli Stati membri affronteranno per acquistare e per donare armamenti per Kiev e per addestrare le truppe ucraine. Il totale risulta così in un progetto da 20 miliardi.

Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, spiega che tale cifra è stata scelta perché viene dalla valutazione dei bisogni e dei costi del nostro impegno a lungo termine di sicurezza verso l’Ucraina. Fino a questo momento, l’Unione Europa ha allocato circa 4 miliardi per le Forze armate ucraine. L’intenzione degli euroburocrati è però di stabilire una grossa somma in modo da non doversi mettere a trattare ogni volta su tranche più piccole con qualche Paese membro che non accetta determinate condizioni.

Ad agosto è previsto un piano dettagliato, che fa parte di trattative più ampie che riguardano il budget totale dell’Unione Europea. In esse è compresa anche la proposta di Bruxelles di concedere all’Ucraina 50 miliardi di euro di aiuti economici nei prossimi quattro anni. Oggi, passato il gran gala di Vilnius, caratterizzato da abbracci davanti ai fotografi e litigi dietro le quinte, si torna alle scelte concrete delle singole capitali. Così, se Washington ha subito deciso di richiamare altri 3mila riservisti da mandarci in Europa, ma Budapest resta fedele alla posizione che ha sempre avuto.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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