L’equilibrista Meloni si distanzia da Kiev e si avvicina a Washington: il filo sottile su cui cammina il governo italiano
Il ritorno di Trump alla Casa Bianca sta terremotando tutto l’Occidente, compreso il governo italiano. Si moltiplicano così i grattacapi per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che oggi si trova a dover mediare su due fronti. Quello dell’Europa, in cui convivono diverse sensibilità rispetto alla questione ucraina, e quello all’interno della sua stessa coalizione, nella quale sempre più spesso si fronteggiano i leader di Forza Italia e della Lega. Antonio Tajani ha i piedi ben piantati in Europa, mentre Matteo Salvini tenta di portare il Paese allo scontro coi partner europei, Francia e Germania in primis.
L’analisi dei media americani
Se ne sono accorti anche oltreoceano: la testata americana Politico ha infatti dedicato un ampio editoriale sulla particolare situazione dell’Italia, in cui evidenza la mutevole retorica di Meloni nelle ultime settimane. Parla dunque del ricollocamento delle dichiarazioni della premier, che sta effettuando un progressivo smarcamento dalla fiducia cieca sulla vittoria finale dell’Ucraina. Prima la evocava spesso, ora invece cerca di smentirla, tenendo una posizione tiepida sul riarmo europeo, ma ammiccando sempre verso alla von der Leyen e ai sostenitori italiani di quest’ultima, come Carlo Calenda.
Meloni si trova insomma a dover svolgere l’ingrato compito dell’equilibrista su una fune sempre più sottile, che rischia di spezzarsi. Bisogna allora ricordare come il capo del governo sia stata l’unica leader europea invitata all’Inauguration Day della presidenza Trump. Una scelta che l’aveva insignita del ruolo di “ponte e garante tra Washington e Bruxelles”. Quel rapporto privilegiato aveva portato alla liberazione della giornalista Cecilia Sala e aveva fortemente puntellato la popolarità della Meloni in Italia e la sua credibilità in ambito internazionale. Tuttavia, col passare dei mesi questa amicizia con l’amministrazione Trump sta diventando un fardello piuttosto pesante.
Equilibrio euroatlantico
Bruxelles sta cercare di ostacolare in ogni modo il processo di pace in Ucraina avviato proprio da Washington. Tale atteggiamento tradisce decenni di euroatlantismo e rischia di rallentare il raggiungimento di un risultato che Trump si era imposto di raggiungere in tempi brevi. Su questo punto, la premier italiana gioca alla politica dei due forni: loda ad ogni occasione gli sforzi di pace americani e si oppone all’invio diretto di truppe europee a sostegno di Kiev, ma si tiene agganciata al treno europeo votando per il piano ReArm proposto dalla presidente dell’Eurocommissione.
Di fatto, con questa posizione riesce a tenersi in carreggiata anche rispetto alle deviazioni dal tracciato fatte da Salvini, che a più riprese ha detto no sia al programma di riarmo sia alla guida franco-tedesca del futuro esercito comune. È una posizione che cozza con quella di Forza Italia. Tajani infatti vede nella creazione di una forza militare comune dell’Europa un punto di arrivo inderogabile, un traguardo atteso da trent’anni e che non deve essere messo in discussione.
In queste ultime ore si è aggiunta pure la questione dei dazi aperta da Trump. Questa partita è molto più scivolosa della precedente, perché si sa perfettamente che le elezioni si vincono e si perdono sulla politica interno più che su quella estera. Secondo i primi calcoli di Teha Group, si parla di costi per 104,4 miliardi di euro per tutta l’Europa. Vi sono Paesi più esposti di altri: per la Germania si parla di 35 miliardi, per l’Italia di 14. Per rendere l’idea delle dimensioni, si tratta in pratica di una mini-finanziaria! per dare la dimensione del peso che si troverà a sostenere. Questa guerra commerciale rischia di presentare il conto alla Meloni, perché è qui che si saggerà quanto è forte il legame che la unisce a Trump.
Il leader della Lega invoca lo stop al patto di stabilità europeo e chiede di trattare direttamente con Washington. Tajani invece spinge per un accordo complessivo europeo, perché secondo la sua visione l’Italia è più forte in una dimensione europea che non nell’isolazionismo in cui la spingerebbe Salvini. La premier ha già dovuto prendere le distanze dal presidente americano, affermando esplicitamente di “non condividere la scelta degli Stati Uniti”. Tuttavia si tiene aperta una porta e potrebbe volare negli USA, forse già 16 aprile, per parlare con Trump.
Distanziarsi da un’Europa troppo aggressiva
Resta il fatto che la compagine di governo appare molto volubile e stretta in una presa mortale- Si trova tra l’incudine e il martello, fra seguire l’Europa e o preferire gli USA. Certamente, come afferma Politico, non c’è alcuna voglia né della Meloni né di Forza Italia o della Lega di finire preda di un’Europa anti-Trump legata mani e piedi ai capricci di Parigi e Berlino. E senza nemmeno citare una Londra che si riscopre sempre di più continentale, vedendo l’opportunità di mettersi in testa al corteo militare che sembra poter nascere. Il rinnamoramento britannico è sicuramente un sentimento artificiale, di pura convenienza, dato che non si prevede alcuna inversione al processo della Brexit.
Sullo scacchiere geopolitico italiano, europeo e americano i pezzi si stanno muovendo velocemente: in questo momento tutti gli scenari sono aperti. Intanto, dai sondaggi appare evidente come sulla questione del riarmo e dell’Ucraina l’Italia non sia in linea coi governi europei più agguerriti. Dunque si farà di tutto per non portare il Belpaese sulle posizioni belliciste verso la Russia, quelle che caratterizzano Macron e Starmer, tanto per intenderci. Anche perché un atteggiamento come il loro verrebbe vissuto come un attacco ai buoni rapporti con l’amministrazione Trump, che la Meloni non desidera guastare.

Libero pensatore. Ha seguito percorsi di studio umanistici per poi dedicarsi all’approfondimento della politica italiana sia dal punto di vista sia antropologico sia di costume. Ha operato come spin doctor