Le fiacche garanzie dei Volenterosi per l’Ucraina: manca un piano preciso e i cittadini europei sono contro
Le garanzie di sicurezza per l’Ucraina preannunciate dai Volenterosi si stanno rivelando sempre più fiacche. Dai soldati a sorvegliare la tregua sono passati agli addestratori nelle retrovie. E intanto giungono i rifiuti e i rimandi dei vari alleati. Ma ormai hanno promesso e devono inventarsi qualcosa. Ad oggi manca un piano preciso e i cittadini europei non gradiscono affatto le intenzioni mostrate dai governi dei Paesi NATO e UE.
Morire per Kiev? No, grazie
L’ex ambasciatore francese a Washington Gérard Araud lo dice chiaro e tondo, in linea con l’opinione di altri diplomatici ed esperti: gli europei non vogliono morire per l’Ucraina. Per il comune cittadino, spiega, Kiev è un posto lontano e i governi europei hanno già speso troppo. Attenzione, questa è la stessa cosa che pensavano gli elettori americani nel 2024 sui miliardi elargiti oltreoceano da Biden. E alla fine ha vinto Trump. Araud afferma che i popoli europei non desiderano essere personalmente e fisicamente coinvolti nel conflitto. Infatti, come riporta lo Wall Street Journal, il tentativo di alcuni Paesi UE di allestire un contingente da mandare sul campo viene visto con sospetto e scetticismo dai cittadini.
Un sondaggio della settimana scorsa effettuato da Forsa Institute mostra come il 52% dei tedeschi ritenga che l’Ucraina debba facilitare l’accordo di pace cedendo alla Russia i territori occupati. Altro che resistenza europea: che gli ucraini si sbrighino e la smettano con questa guerra! L’opinione è largamente presente fra i simpatizzanti di Alternative für Deutschland, il più importante partito di opposizione in Germania. Ma c’è anche in quasi la metà dei sostenitori dei partiti di governo, l’SPD e soprattutto la CDU del cancelliere Merz, indomito fautore dell’integrità territoriale ucraina.
Le illusioni dei vertici europei
È possibile che i vertici continentali si stiano illudendo sulle loro effettive capacità di intervenire da protagonisti per indirizzare la fine del conflitto. La loro visione è rappresentata dall’immagine della “pace attraverso la forza”. Il Foreign Policy si chiede se dopo tutto non sia altro che una semplice visione, priva di reale consistenza. Gli alleati stanno spendendo miliardi nella speranza di fare dell’Ucraina il “porcospino d’acciaio” sognato dalla von der Leyen. Ma è un progetto a lungo termine e il tempo già scarseggia. Trump sta accelerando le trattative e sta costringendo i leader europei a fare una scelta cruciale. Sono veramente disposti a mandare i loro uomini sul campo correndo il rischio di subire pesanti contraccolpi politici sul piano interno e gravi proteste di piazza?
L’ex ambasciatore USA presso l’OSCE Michael Carpenter è sarcastico nei confronti della “forza di rassicurazione” che i Volenterosi vorrebbero spedire in Ucraina. Secondo lui, i politici europei dovrebbero finirla con le riunioni-fiume in cui discutono e pianificano senza costrutto. Dovrebbero invece concentrarsi nel dare all’esercito ucraino più mezzi per vincere e nell’intensificare le sanzioni contro Mosca, appropriandosi pure dei patrimoni russi confiscati. Senza questo tipo di impegno, il tanto agognato contingente di garanzia “rimarrà poco più che una fantasia”.
Mancano le idee, manca la voglia
Carpenter parla bene, ma dovrebbe sapere che ai leader europei mancano voglia e idee per realizzare davvero quegli slogan filo-ucraini con cui martellano l’opinione pubblica. In passato sono stati già criticati per essersi impegnati solo a metà, evitando di fornire a Kiev armamenti potenti o di infliggere a Mosca sanzioni veramente efficaci. E proseguono su questa linea. Dopo 18 pacchetti sanzionatori che non hanno funzionato, Bruxelles è in procinto di lanciare il 19esimo. A Kiev si lamentano: è la solita minestra riscaldata che genera poco effetto.
Pure sul piano del rafforzamento militare ci sono poche novità. Si continua a parlare di produzione di armamenti favolosi che però costituiscono degli investimenti a lungo termine. Serviranno anni per implementare la deterrenza anti-russa che UE e NATO annunciano con orgoglio ai loro cittadini poco convinti. Resta in primo piano il contingente di garanzia formato da soldati europei, che verrà inviato non appena si raggiungerà il cessate-il-fuoco. Questa forza di garanzia, dicono, mostrerà a Putin la volontà e la potenza europea, scoraggiandolo da future aggressioni. Ma per il momento la tregua in Ucraina dipende anche e soprattutto dalle decisioni del Cremlino. Ecco allora domanda scomoda di Carpenter, il quale si chiede perché gli alleati stiano facendo così tanti sforzi politici e diplomatici per pianificare un dispiegamento di truppe che in ultima analisi è subordinato proprio alla strategia dell’avversario, la Russia.
Hanno prima i loro problemi da risolvere…
Visto che nella Coalizione dei Volenterosi sono pochissimi i Paesi veramente disposti a mandare già oggi i propri uomini, i due più volenterosi, Francia e Regno Unito, hanno abbassato il livello del contingente sia numericamente che qualitativamente. Da “forza di rassicurazione” si è passati al peacekeeping e adesso agli addestratori. Non più deterrenza contro Putin né sorveglianza della linea di tregua, ma istruttori che aiutino e incoraggino i soldati ucraini. E comunque, prima di mandare le truppe, i governi europei devono risolvere i problemi interni. A Londra le proteste contro la politica immigrazionista di Starmer non accennano a diminuire, anzi si stanno allargando a tutto il Paese. Parigi è alle prese con un bilancio gravemente in rosso e con una probabile caduta del governo a settembre. Le elezioni anticipate difficilmente produrranno una maggioranza stabile, così la colpa ricadrà interamente su Macron.
Varsavia ha raffreddato i rapporti con Kiev. Prima di mettere a rischio i propri uomini, vorrebbe sistemare alcune questioni storiche e territoriali aperte da molti decenni. Lo stesso Araud sottolinea come fra i due Paesi “non scorra buon sangue”. Di recente, il vicepremier Wladyslaw Kosiniak-Kamysz ha dichiarato che Kiev non potrà entrare nella UE finché non riconoscerà come genocidio le stragi compiute dagli ucraini in Volinia e in Galizia orientale nel 1943, quando l’Esercito insurrezionale (UPA) di Stepan Bandera – celebrato in Ucraina come eroe nazionale – uccise decine di migliaia di civili polacchi. A sua volta, il presidente della Polonia Karol Nawrocki ha chiesto di riesumare e analizzare i cadaveri delle vittime. E la scorsa settimana ha posto il veto sull’estensione dei sussidi finanziari e dei diritti di residenza ai rifugiati ucraini. La scadenza è fissata a settembre: se non sarà rinnovata, saranno guai per circa 1 milioni di ucraini presenti in Polonia.

Vive a Mosca dal 2006. Traduttore dal russo e dall’inglese, insegnante di lingua italiana.


