Le Falkland guardano al futuro senza timore per l’Argentina e sentendosi britanniche: intervista esclusiva all’onorevole Leona Roberts

Le Falkland guardano al futuro senza timore per l’Argentina e sentendosi britanniche: intervista esclusiva all’onorevole Leona Roberts

8 Maggio 2025 0

A 43 anni dalla guerra fra Argentina e Regno Unito la questione delle isole Falkland è ancora di attualità. Buenos Aires non ha mai veramente rinunciato a una rivalsa e l’atteggiamento del suo presidente Javier Milei è ambivalente. In compenso, la posizione di Londra è chiara ed esplicita: con una guarnigione di 2mila uomini e una squadriglia di caccia – e col referendum del 2013 che ha sentenziato l’appartenenza britannica degli isolani – le Falkland restano insieme al Regno Unito. Sui rapporti con l’Argentina e sulla realtà della vita nell’arcipelago ci ha concesso un’intervista Leona Vidal-Roberts, deputata dell’Assemblea legislativa delle Falkland. Il governo della capitale Stanley si impegna a far crescere le sue isole puntando sulla formazione dei giovani e sull’industria ittica. E i dazi di Trump sono un colpo dal quale le Falkland si stanno già riprendendo.

– Al summit di aprile del CELAC (Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi), l’Argentina ha ricevuto da alcuni Paesi il sostegno alle sue pretese sulle Falkland. Dopo 43 anni dalla guerra, Buenos Aires rappresenta ancora una minaccia per voi?

– L’Argentina rimane effettivamente una minaccia per le Falkland, sebbene non necessariamente nel senso che aveva nel 1982. Comunque l’estensione della sua sovranità sulle nostre isole oggi è scritto nella sua stessa Costituzione. I governi argentini che si sono succeduti negli anni hanno cercato di danneggiare la nostra società, l’economia e i legami con gli altri Stati: lo hanno fatto ricorrendo a sanzioni illegali e addirittura minacciando le aziende che fanno affari in maniera regolare con il nostro arcipelago.

Anche se comparate all’Argentina le Falkland sono piccole, “gli adulti nella stanza” siamo proprio noi. Siamo stati sempre disposti a collaborare su progetti con una ricaduta ambientale o scientifica positiva sulla regione. Abbiamo dato supporto a progetti umanitari, come ad esempio l’identificazione dei soldati argentini seppelliti nelle isole. Tuttavia, spesso abbiamo constatato come tali passi vengano minati da atti meschini, aggressivi o irresponsabili da parte del governo di Buenos Aires.

Non ho paura dell’Argentina, che non è in cima ai nostri pensieri mentre continuiamo a governare il nostro piccolo prospero pacifico Paese. Tuttavia, la loro retorica prepotente e orrenda non genera certamente rispetto, né tanto meno fiducia o amicizia.

L’onorevole Leona Roberts

– In che modo vi supporta il Regno Unito? Oggi il bilancio britannico è sotto pressione e Londra potrebbe decidere di deviare le risorse militari verso l’Europa Orientale o il Medio Oriente. Cosa succederà? Vede delle differenze di approccio fra i governi Laburisti e quelli Conservatori?

– Le Falkland continuano a godere di un forte supporto bipartisan da parte del Regno Unito. Tutti i principali partiti hanno nitidamente espresso il loro impegno nell’appoggio all’autodeterminazione dei falklandesi. Siamo estremamente grati per questo e abbiamo ottime relazioni con tutti i parlamentari. Siamo stati felicissimi quando il Ministro delle Forze Armate Luke Pollard è venuto da noi in visita, proprio all’inizio del suo mandato, portandoci un messaggio di sostegno ininterrotto.

Noi siamo un Territorio d’oltremare dotato di autogoverno e siamo finanziariamente indipendenti. Il governo di Sua Maestà detiene la responsabilità soltanto per la difesa e gli affari esteri. Su quest’ultima materia, comunque, noi lavoriamo a stretto contatto con l’Ufficio degli esteri, del Commonwealth e dello sviluppo (FCDO) e conduciamo una nostra diplomazia internazionale e pubblica. Sul piano della difesa riconosciamo che il panorama politico mondiale sta cambiando e che la pressione sul relativo bilancio potrebbe crescere. Abbiamo però ricevuto rassicurazioni concordanti che la sicurezza delle Falkland resta una priorità e che la presenza militare che funge da deterrente sarà mantenuta.

Il Ministro delle Forze Armate britanniche Luke Pollard

– Milei elogia la Thatcher, ma non rinuncia alla pretesa sulle Falkland. Dice di essere aperto al dialogo, ma poi vuole rafforzare Marina e Aviazione. Sta solo mostrando un po’ i muscoli oppure fa sul serio? Fra le sue posizioni, per Lei qual è quella vera: quella aggressiva o quella diplomatica?

– Le sue affermazioni sulla volontà di aprire un dialogo sono prive di senso, dal momento che il governo di Buenos Aires non riconosce gli isolani delle Falkland. Dice di essere aperto al “dialogo”, ma solo col governo di Londra, mentre noi ne siamo esplicitamente esclusi. La posizione britannica non ammette un dialogo sulla sovranità che non sia anche desiderio dei falklandesi. Il principio è questo: “Nulla che riguardi voi sia senza di voi”. E noi siamo totalmente allineati a tale concetto. L’Argentina ha una posizione altamente colonialista nei confronti delle Falkland e cerca di sottrarci le nostre case nonostante la volontà chiara e ripetutamente espressa della nostra gente. E ciò è inaccettabile.

Qui nelle Falkland siamo assolutamente abituati alla natura mutevole della politica argentina. Sappiamo che a un governo con un approccio più morbido spesso ne segue uno con un atteggiamento estremamente aggressivo verso di noi. Perciò persino quando siamo in grado di fare dei progressi – ad esempio sulla scienza della pesca o sullo scambio dei dati, di cui beneficia l’intera regione – abbiamo la consapevolezza che il prossimo governo di Buenos Aires potrebbe unilateralmente demolire l’ottimo lavoro svolto… È accaduto molte volte, è un ciclo che ormai quasi ci aspettiamo.

Ciò che resta sempre uguale negli argentini sono le rivendicazioni sulla nostra terra e il rifiuto di riconoscere il fondamentale diritto umano all’autodeterminazione e al proprio futuro. La loro ostilità e il loro tentativi di bullizzarci e sottometterci non fanno che confermare la sfiducia che abbiamo.

Qual è oggi l’umore dei falklandesi? Vi sentite sicuri grazie alla presenza dei soldati britannici? La vostra identità britannica è forte? Nel referendum del 2013 tale identità è emersa in modo praticamente assoluto. Che cosa vi lega di più alla Gran Bretagna sul piano culturale e sociale?

– Ci sentiamo ben protetti dalla guarnigione britannica, la cui presenza costituisce un deterrente non aggressivo e motivato esclusivamente dalla perenne ostilità argentina. Consideriamo i militari e le compagnie civili che li accompagnano come una parte della nostra comunità. La loro presenza è molto apprezzata.

La nostra identità britannica è solida. Nonostante la nostra comunità sia piuttosto diversificata, con più di 70 nazionalità rappresentate, siamo britannici nell’essenza. Io sono una falklandese di sesta generazione da parte di madre (ci sono state 9 generazioni di Biggs qui nell’arcipelago), mentre mio padre era cileno. Personalmente mi vedo anzitutto come falklandese, ma sono al tempo stesso britannica e ho un retaggio cileno: è una combinazione integralmente compatibile e della quale vado fiera.

Esiste una specifica identità isolana: abbiamo le nostre tradizioni e le nostre particolarità, che si sono sviluppate nel corso degli ultimi due secoli e che comprendono ingredienti di altre parti del mondo. Il nostro essere britannici comunque è una componente chiave. Quindi non sorprende che il referendum del 2013 abbia restituito un verdetto eloquente: gli isolani vogliono conservare i rapporti con il Regno Unito. Siamo orgogliosamente membri della famiglia britannica. E questo non cambierà.

Bandiera delle isole Falkland

– Quali sono i punti di forza della società e dell’economia falklandese? E i punti in cui dovete sforzarvi o in cui necessitate dell’aiuto di Londra?

– La nostra società si compone di una comunità molto piccola, meno di 3500 persone. Perciò siamo molto compatti, amichevoli e gran lavoratori. Da noi non esiste disoccupazione, il tenore di vita è buono, vi sono ottimi programmi social, l’istruzione e la sanità sono gratuite. E a proposito di istruzione, il governo di Stanley concede borse ai nostri studenti per recarsi all’estero e perfezionare gli studi superiori. Tale finanziamento non implica l’obbligo di ritornare sull’arcipelago, ma bisogna dire che fortunatamente la stragrande maggioranza dei giovani tornano poi a casa dopo il loro ciclo di studi. Vede, c’è un profondo legame con le nostre isole, che sono un posto speciale.

L’economia è forte. Essa cambiò drasticamente alla metà degli anni ‘80, quando la nostra industria ittica venne formalmente stabilita. Prima di allora avevamo poche entrate autonome ed eravamo in certa misura dipendenti da Londra. Ma oggi non è più così. Gli introiti della pesca costituiscono la gran parte delle entrate statali, perciò tale industria è fondamentale. La gestione sostenibile delle nostre risorse naturale rappresenta un principio basilare. Anche l’agricoltura, che una volta era la fonte primaria delle isole, rimane importante. Non solo come fattore economico, ma anche come elemento di valore del nostro patrimonio nazionale e della nostra identità. Noi intanto cerchiamo di diversificare l’economia, sebbene sia complicato a causa della nostra posizione distante e pure delle interferenze argentine. I vari governi di Buenos Aires infatti hanno provato a minacciare e a sanzionare le aziende intenzionate a fare business con le Falkland. È qualcosa di sconcertante.

In questo momento stiamo affrontando le sfide con un programma generale molto ampio e ambizioso. Esso include diversi progetti essenziali, come ad esempio un nuovo porto e una nuova centrale elettrica. La nostra forza lavoro è limitata e ci troviamo nella parte finale di una lunga catena di rifornimento: così, con gli aumenti globali dei prezzi dei materiali e della logistica, può essere difficile per un governo piccolo riuscire a portare tutto ciò che serve. Comunque siamo orgogliosi della nostra autosufficienza e del non dipendere dagli aiuti di Londra.

Posizione dell’arcipelago delle Falkland rispetto all’Argentina

Il leader dei Liberal Democratici inglesi Ed Davey ha definito i nuovi dazi statunitensi sulle Falkland come “la più grossa minaccia dopo l’invasione argentina” e ha esortato il premier Keir Starmer a includere le isole nelle trattative con Trump. Qual è la Sua opinione sulla vicenda?

– I pesanti dazi imposti inizialmente sulle Falkland ci hanno lasciati sorpresi. La nostra piccola comunità effettua importazioni minime dagli USA e non potrebbe mai controbilanciare con il pesce che esportiamo verso di essi. Bisogna peraltro notare come la nostra industria ittica non sia in diretta competizione col settore del pesce statunitense. Dunque è stata una bella notizia quella che i dazi sono stati ritoccati almeno nel breve periodo al 10%. Ma è pur sempre un’imposta notevole.

Il nostro comparto ittico e quello agricolo stanno ancora sentendo l’impatto negativo della Brexit. Dunque qualsiasi altra tariffa diventa un duro colpo per la l’economia delle Falkland. Il nostro governo comunque sta lavorando a stretto contatto con quello britannico sulla questione dei dazi USA. Stiamo continuando a fare pressione anche per quanto riguarda gli scambi commerciali con l’Unione Europea.

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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