Falkland tra ombra argentina e guerra dei dazi

Falkland tra ombra argentina e guerra dei dazi

12 Aprile 2025 0

Torna alla ribalta il tema della sovranità sull’arcipelago delle Falkland, con nuove dichiarazioni di capi di Stato latinoamericani e la solita inquietudine di fondo degli isolani.

Il supporto latinoamericano all’Argentina

Due capi di Stato hanno recentemente espresso il proprio appoggio alla causa argentina. Le loro dichiarazioni pesano tanto più per il fatto di essere uscite a ridosso del 43esimo anniversario della guerra scatenata da Buenos Aires nel 1982 per il controllo delle Falkland e terminata dopo appena due mesi, con la vittoria del Regno Unito. Quattro decenni non sono bastati ad appianare la contesa e a pacificare gli animi. Tuttora, diversi Paesi sudamericani vedono la presenza britannica dell’Atlantico del Sud come un insopportabile residuo di colonialismo. Al nono summit della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC), svoltosi nei giorni scorsi, il presidente dell’Uruguay Yamandú Orsi ha inquadrato la disputa come una questione di diritto internazionale e di solidarietà regionale, descrivendola come una “esigenza storica” di tutta l’America Latina.

Parlando del “diritto dell’Argentina sulle Malvinas” (e usando per l’arcipelago il nome in lingua spagnola), ha affermato che ogni Paese deve poter vivere libero da minacce o aggressioni, nel rispetto della sua sovranità. Tale concetto, dice, si estende alla pretesa di Buenos Aires sulle isola che considera proprie. Dello stesso parere Xioamara Castro, presidente dell’Honduras, Paese sede del vertice CELAC: Riconosciamo la sovranità dell’Argentina sulle Malvine e l’anelito per la pace nella Striscia di Gaza. Stride però l’aver accomunato le due situazioni, in cui lei vede calpestati i diritti fondamentali di due popoli. Per il presidente argentino Javer Milei sarà stato certamente gradito l’appoggio honduregno, tuttavia anche imbarazzante il sentir parlare in questi termini di Gaza. Buenos Aires infatti è schierata senza tentennamenti dalla parte di Israele, che invece viene considerato da diversi Stati latinoamericani come potenza che opprime e uccide i palestinesi.

La posizione di Milei

La pretesa di Buenos Aires deriva anzitutto dalla geografia: le Falkland si trovano a 13mila chilometri dalle coste britanniche e ad appena 400 dalle quelle argentine. Sul piano giuridico, l’Argentina reclama di averle ereditate nel 1816 dalla corona spagnola al momento dell’acquisizione dell’indipendenza. Dal 1833 però sono sempre state governate dagli inglesi. Inoltre, la preferenza degli isolani è stata chiaramente determinata col referendum del 2013, in cui il 99,8% dei votanti ha deciso che le Falkland devono restare territorio d’oltremare del Regno Unito.

Milei, presidente dal 2023, è conosciuto per i suoi modi estremamente schietti, se non aggressivi o bizzarri. Sulla questione ha comunque mantenuto un approccio equilibrato. In patria insiste nel dire che un giorno le isole torneranno sotto la giurisdizione argentina e onora i caduti del 1982, ma all’estero esprime ammirazione per la vincitrice di quella guerra, la lady di ferro Margaret Thatcher. Una retorica accomodante, la sua, che non cerca lo scontro e chiede il dialogo con Londra, pur non rinunciando mai alla pretesa di fondo. Nel giorno della commemorazione ha infatti ricordato che la Costituzione argentina prevede esplicitamente la riunificazione dell’arcipelago. Ha anche precisato però che las Malvinas non sono una priorità del suo governo.

L’inquietudine degli isolani

Si è quindi visto come Milei alterni dichiarazioni morbide ad altre più sfrontate, come quella secondo cui gli abitanti delle Falkland preferirebbero diventare argentini. E questo nonostante il risultato schiacciante del referendum. Ma più che alle parole. gli isolani guardano ai fatti e vedono come Buenos Aires abbia formulato lo scorso anno un piano di rafforzamento militare. Si tratta dell’allargamento della flotta di navi da guerra anfibia, che permetterebbero lo sbarco sull’arcipelago, e dell’acquisto di caccia F-16 dalla Danimarca, per intaccare la superiorità aerea britannica sull’Atlantico del Sud. E proprio nel momento in cui Londra si trova nella necessità di scegliere dove tagliare per salvare il bilancio statale in difficoltà.

Per ora ha abbattuto la scure finanziaria sulla Sanità, ma non diminuire le spese militari può significare anche doverle dirottare su questo o su quel teatro. Adesso la preferenza strategica di Londra sembra andare decisamente all’Europa e al Medio Oriente. Sulle Falkland è stanziata dalla fine della guerra una guarnigione di 2mila uomini, oltre a una squadriglia di caccia presso la base di Mount Pleasant. Leona Vidal-Roberts, deputata dell’Assemblea legislativa dell’arcipelago, descrive l’Argentina come un’ombra, leggera ma perennemente incombente su di loro. Di fatto, spiega, la situazione non è cambiata veramente, perché la minaccia c’è sempre. Non diamo niente per scontato, afferma, ma si dice sicura che i governi che si succedono a Londra continueranno a proteggere le isole perché esse costituiscono un baluardo strategico, ad esempio per le operazioni intorno all’Antartico.

La minaccia dei dazi USA

In questo momento nelle Falkland un altro tema di scottante attualità sono i dazi imposti dagli USA: 41% sui prodotti importati dall’arcipelago, che nel 2023 ammontavano a un valore di 27,4 milioni di dollari. Il leader dei Liberal Democratici inglesi Ed Davey ha messo in luce i rischi che corrono i posti di lavoro degli isolani, soprattutto nell’industria ittica. Ha quindi chiesto al premier Keir Starmer di parlare direttamente di eventuali misure di supporto col governatore delle Falkland Alison Blake, invitandola per un vertice a Downing Street. L’idea è includere la questione nei negoziati sui dazi che Londra intratterrà con Washington. Secondo Davey, la guerra dei dazi potrebbe essere la più grossa minaccia che gli isolani si trovano ad affrontare dopo l’invasione argentina. Il governo del Regno Unito ha la responsabilità di farsi avanti e difendere i cittadini britannici ovunque, compresi quelli nelle Falkland.

 

Marco Fontana
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