Le controindicazioni sull’invio degli F-16 all’Ucraina

Le controindicazioni sull’invio degli F-16 all’Ucraina

4 Dicembre 2023 0

Nei sogni dei vertici militari ucraini e negli editoriali del mainstream euroatlantico i missili, i tank e i caccia forniti dai Paesi NATO dovevano imprimere una svolta decisiva al conflitto con la Russia. E invece, niente di tutto ciò: dopo di mesi di gravi perdite umane e materiali la controffensiva è fallita, mentere le “armi miracolose” date da Washington e Bruxelles non hanno fatto miracoli.

A Kiev sperano ancora si realizzi la promessa degli F-16, ma vi sono certi aspetti negativi che potrebbero pesare più dei vantaggi dichiarati. Per il momento, il fatto di allestire tale fornitura ha avuto lo stesso effetto dell’invio dei carri armati: far oltrepassare alla NATO l’ennesima “linea rossa” nelle relazioni con Mosca, avvicinando ancora di più l’Europa alla catastrofe.

Meravigliosi gli F-16, ma per farci cosa?

La storia degli F-16 all’Ucraina era iniziata più di un anno fa, ma si trascina ancora oggi tra pacche sulle spalle a Zelensky e promesse tanto vaghe quanto di futura attuazione. Ci sono state tantissime analisi militar-giornalistiche, di quelle basate sul più classico degli wishful thinkingall’angloamericana, quando si evidenziano più gli elementi che si vorrebbe veder realizzati che non le caratteristiche reali. Gli analisti di questo genere sono spesso ex componenti delle Forze armate oppure sedicenti esperti di questo o quel think tank.

Il succo di tali discorsi è che i Paesi NATO devono assolutamente fornire a Kiev gli F-16 perché potrebbero essere davvero l’arma che cambierà finalmente le sorti del conflitto. Ma loro stessi sanno che non è così facile come sembra, quindi usano sempre il condizionale al fine di smorzare gli eccessivi entusiasmi. E allora se anche non fossero l’arma miracolosa che Zelensky desidera, gli F-16 possono fare una grossa differenza nei cieli dell’Ucraina nei combattimenti contro i caccia da combattimento russi. E qualora nei lettori sorga l’obiezione che per distruggere gli aerei e le basi i russi potrebbero limitarsi all’artiglieria invece che impiegare i MiG e i Sukhoi, gli analisti corrono a sottolineare che gli aerei russi sono ormai datati rispetto ai velivoli occidentali, (…) sono estremamente inferiori alle tecnologie avanzate occidentali.

Insomma, bisogna rassicurare l’opinione pubblica che i nostri aerei sono migliori, ma se anche non fosse così, quelli russi sono sicuramente inferiori. Tanto finché non li vedremo in azione, non sapremo quanto valgono davvero gli F-16 nel contesto specifico di questo conflitto. Dicono che daranno a Kiev il dominio dello spazio aereo: ma a quale prezzo? Intanto, questi aerei russi così vecchi e scarsi hanno imposto la superiorità dei cieli ucraini.

Andrà a finire come con i tank?

Il discorso ricorda molto da vicino la storia dei carri armati pesanti forniti da Germania e Regno Unito. Presentati pure loro come possibili game changer, i Leopard e i Challenger hanno fatto ben poco rispetto alle iniziali prospettive espresse dal Ministero della Difesa ucraino. Un anno fa dicevano che ne sarebbero serviti almeno 300 per sfondare le difese russe: visto che lo sfondamento non è avvenuto, evidentemente ne avranno concessi troppo pochi… Ma il problema è che quei pochi hanno hanno fatto proprio poco sul campo di battaglia. Anzi sono stati annientati dai russi.

In autunno, gli ucraini hanno perso almeno una dozzina di Leopard nel corso degli attacchi effettuati. Forse gli ucraini avrebbero dovuto osare di più, ma più attacchi avrebbero significato più carri distrutti o danneggiati dal fuoco russo. Il fatto è che i tank da battaglia costano molto e i jet costano ancora di più: dunque è comprensibile che i governi occidentali siano riluttanti a fornire subito una grande quantità di questi mezzi.

Oggi, i carri armati sono fermi, impantanati nel fango delle pianure ucraine, che presto si trasformerà in ghiaccio e che non sarà praticabile dai tank occidentali fino ad aprile o a maggio. In altre parole, gli armamenti tecnologicamente superiori a quelli russi (alcuni analisti suggerirebbero che siano intrinsecamente superiori proprio perché loro sono… russi, mentre i nostri sono di standard NATO) offriranno scarsissima utilità alle truppe ucraine almeno per i prossimi cinque mesi.

L’addestramento dei piloti

In questo momento, il principale punto debole nella fornitura dei caccia è costituito dai tempi lunghi per l’addestramento dei piloti. Una preparazione adeguata richiede molti mesi – meglio uno o due anni – ma il tempo è proprio ciò che manca agli ucraini. Difficilmente uno qualsiasi dei membri della NATO, anche il più ostile alla Russia, vorrebbe dare i suoi costosi e delicati caccia da combattimento in mano a piloti di un’altro Stato che non siano sufficientemente istruiti e capaci.

Sembra abbiano trovato un compromesso che si aggira sui sei mesi (cioè fino a primavera), sperando che per quel momento qualche velivolo sia stato veramente consegnato all’aviazione ucraina. La Danimarca li ha promessi per aprile 2024, mentre il Belgio per il 2025. Se l’anno scorso parlavano di “coalizione dei tank”, oggi parlano di “coalizione dei jet”.

Per la precisione, quella formatasi al summit NATO di Vilnius è la “coalizione dell’addestamento ai jet”, formata anche da Paesi che non possiedono aerei da dare a Kiev ma che vogliono mostrare a Bruxelles di avere tanta buona volontà. D’altra parte, queste lungaggini concedono persino un vantaggio politico ai vertici di Kiev. Zelensky infatti può giustificare i fallimenti argomentando con la scarsità degli armamenti necessari.

Prima preannuncia avanzamenti e riconquiste, poi spiega di non aver potuto ottenere nulla di tutto ciò incolpando ad esempio la mancanza del dominio dell’aria. E tale dominio lo possono garantire solo i jet della NATO, affermano gli ucraini, dunque se gli occidentali non si sbrigano a dare quanto promesso, le sconfitte sono da attribuire a loro, non certo a Kiev.

Le promesse della Grecia e la preparazione dei tecnici

Della coalizione di addestramento fanno parte la Danimarca, i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo, il Portogallo, la Polonia, la Svezia, il Regno Unito, la Norvegia, il Canada e gli USA. Si è aggiunta poi la Grecia, quando il premier Kyriakos Mitsotakis ha ricevuto Zelensky ad Atene. Il motivo per il quale determinati membri della NATO si siano attivati per dare aiuto con gli aerei è diverso caso per caso: qualcuno per avere consenso interno, altri per farsi belli a Bruxelles o per piacere al “grande fratello” americano. Per quanto riguarda Atene, l’assistenza militare data a Kiev non è mai stata approvata del tutto dai cittadini greci. Da tempo Mitsotakis si tiene in equilibrio fra dimostrazioni di fedeltà alla causa euroatlantica/ucraina e gli effettivi interessi del suo Paese.

Della coalizione fa parte anche la Romania, nella quale è stato recentemente aperto il primo centro di addestramento per i piloti ucraini: però inizialmente verranno formati i tecnici e gli istruttori NATO e in seguito i militari di Kiev. Infatti,l’impiego degli F-16 non necessita solamente di un pilota capace, ma soprattutto di tecnici che si occupino del velivolo prima e dopo le missioni! Protezione, manutenzione, migliorie: ci sono numerosi aspetti da considerare e non sono di facile attuazione. Saranno i tecnici ucraini a svolgerli? E allora andranno preparati, ma le tempistiche si allungheranno ancora, oltre all’elenco dei costi. Saranno i tecnici occidentali?

E allora vi saranno componenti delle Forze armate dei membri NATO che si trasformano in obiettivi legittimi per l’artiglieria russa, ed è una prospettiva molto peggiore della prima.

Da quali basi decolleranno gli F-16?

Altro elemento messo in disparte nelle dichiarazioni dei vertici ucraini è quello delle basi da cui decollerano i jet. Questi velivoli devono avere a disposizione aerodromi adeguati da cui partire per le missioni e nei quali atterrare. Una pista sporca o malridotta è pericolosa per un F-16 quasi quanto un jet avversario. Di piste del genere ve ne sono molte oggi in Ucraina. E ve ne saranno ancora di più quando decideranno che gli F-16 non dovranno volare.

Dunque, sarebbe il caso di farli partire dalle basi dei Paesi NATO adiacenti? Si parla qui di Polonia e Romania, posto che Ungheria e Slovacchia hanno già rifiutato ulteriore assistenza militare a Kiev. I governi di Varsavia e di Bucarest sarebbero veramente disposti a far diventare i propri aerodromi degli obiettivi militari per l’artigleria russa? Così la questione si complica parecchio… Soprattutto diventa una questione di politica interna per questi Paesi, di consenso popolare a scelte così impegnative.

Dal canto loro, i vertici euroatlantici hanno insistito molto per specificare che la fornitura degli F-16 e l’addestramento dei piloti non rendono la NATO e gli alleati della NATO una controparte nel conflitto. Lo aveva ribadito a maggio il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg per provare a sgombrare il campo da pericolosi equivoci.

Ma anche Biden aveva sentito il bisogno di precisare esplicitamente che gli aerei non violeranno lo spazio aereo russo.

Le perplessità e gli umori negativi dei Paesi NATO verso la fornitura dei caccia

Così, più si avvicina il momento fatidico, più si mettono le mani avanti. Il generale polacco Tomasz Drewniak, ex alto funzonario dell’aviazione militare di Varsavia, in una lunga intervista ha confermato i problemi evidenziati dal comandante ucraino Zaluzhny sul fallimento della controffensiva e sull’impossibilità di fare qualsiasi miglioramento. In particolare ha evidenziato che Kiev ha delle ambizioni eccessive, anzi ha stabilito degli obiettivi letteralmente impossibili da ottenere.

Dunque le armi occidentali non possono essere di grande aiuto. Gli aerei certamente serviranno, ma solo in un’ottica di lungo periodo. E nessuno sa come staranno le cose fra uno, due o tre anni. Poi serviranno almeno 150 o 200 velivoli, i quali verranno dati un po’ alla volta, ma finché saranno qualche decina non avranno efficacia. E senza dirlo troppo ad alta voce, nel blocco euroatlantico ammettono poi l’efficacia della difesa aerea dei russi e delle capacità di attacco dei loro missili, oltre a riconoscere dei punti di forza persino alla tanto vituperata aviazione russa.

In tali condizioni i Paesi NATO non hanno voglia di buttare nella mischia i loro aerei. Nei sogni dei vertici militari ucraini e negli editoriali del mainstream euroatlantico i missili, i tank e i caccia forniti dai Paesi NATO dovevano imprimere una svolta decisiva al conflitto con la Russia. E invece, niente di tutto ciò: dopo di mesi di gravi perdite umane e materiali la controffensiva è fallita, mentere le “armi miracolose” date da Washington e Bruxelles non hanno fatto miracoli. A Kiev sperano ancora si realizzi la promessa degli F-16, ma vi sono certi aspetti negativi che potrebbero pesare più dei vantaggi dichiarati.

Martin King
Martin King

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