L’Azerbaigian termina l’operazione nel Karabakh, fondamentale l’aiuto dei peacekeeper russi
L’operazione “anti-terroristica” lanciata dall’Azerbaigian è già praticamente conclusa, perché Baku ritiene di aver raggiunto gli obiettivi. L’opera di peacekeeping e di assistenza umanitaria delle forze di pace russe ha agevolato il cessate-il-fuoco e l’evacuazione dei civili.
Cessate il fuoco, ha vinto l’Azerbaigian
Secondo quanto comunicato dal Ministro della Difesa azero, alle ore 13 di mercoledì le forze nazionali hanno terminato l’operazione “antiterroristica” localizzata nel territorio del Karabakh. L’azione di forza era stata intrapresa appena il giorno prima, ma il tempo è stato sufficiente a convincere l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh ad abbandonare ogni resistenza.
Come dichiarato dal presidente azero Ilham Aliyev, una delle condizione per cessare il fuoco era proprio quella che i combattenti armeni dell’Artsakh posassero le armi. Così è stato, e l’Azerbaigian ha affermato di aver ottenuto una vittoria totale. Non vedendo alcun aiuto militare dall’esterno, i vertici locali del Karabakh hanno compreso che non c’era nulla da fare, se non cercare almeno di salvare la popolazione. Proprio il trattamento dei civili è stato il tema che ha alienato a Baku le simpatie di una parte della comunità internazionale, che ha invece concesso supporto (almeno morale) agli armeni.
La popolazione civile era infatti in un condizione di crisi umanitaria già da molto tempo a causa del blocco del corridoio di Lachin ad opera degli azeri. La Comunità degli Azeri in Occidentale si è lamentata con Washington perché gli USA, invece di esaltare l’integrità territoriale e sovrana di uno Stato, in questo caso l’Azerbaigian, contraddicono la loro classica posizione a proposito della lotta al terrorismo. La Comunità dunque chiede al governo americano di appoggiare il ritorno degli azeri espulsi dalle terre occupate dagli armeni.
Verso l’accordo
Gli armeni sembrano aver accettato la condizione principale posta dagli azeri, quella che le loro forze regolari e le formazioni autonome consegnino le armi e abbandonino le postazioni di combattimento. Dopo di che, le forze regolari di Erevan dovranno lasciare il territorio del Karabakh e quelle irregolari dovranno sciogliersi. A monitorare il rispetto dei suddetti punti ci sono anche le forze di peacekeeping di Mosca.
Il passo successivo sarà la reintregrazione dell’Artsakh nella giurisdizione azera, seconto i dettami della costituzione e delle norme vigenti in Azerbaigian. Il governo di Baku, per voce del consigliere presidenziale alla politica estera Hikmet Hajiyev, ha detto di essere disposto a firmare un accordo di pace con Erevan entro la fine di quest’anno. In questa maniera i vertici politici armeni farebbero il passo più significativo: ufficialmente, con la loro firma, riconoscerebbero l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, inclusa la Regione Economica del Karabakh. Inoltre si impegnerebbero a non “interferire più negli affari interni di Baku”, ha aggiunto Hajiyev, che ha lodato il contributo russo alla normalizzazione delle relazioni reciproche con fra Baku e Erevan. Ha anche detto di apprezzare il contributo dato dall’Unione Europea al processo negoziale.
Il portavoce della Commissione Peter Stano ha espresso al governo di Erevan la speranza che il cessate-il-fuoco venga pienamente rispettato e ha dichiarato che il caso è seguito “con molta attenzione” dalla UE. Ha aggiunto che i Paesi membri decideranno i prossimi passi da fare man mano che la situazione si sviluppa.
L’aiuto russo agli armeni
Come dichiarato dal stesso governo azero, la decisione di interrompere l’operazione “anti-terrorismo” e di trovare un accordo è stata presa tenendo conto dell’appello fatto dai rappresentanti della popolazione del Karabakh giunto per tramite dei peacekeeper russi. Questi ultimi stanno coordinando gli sforzi per finire di evacuare i civili dalla regione, finora più di 2mila, fra cui molti bambini, a cui danno cibo e data assistenza medica. O almeno si occupano di coloro che desiderano andarsene, nel timore di una pulizia etnica o di altre misure repressive da parte di Baku, e che sono la stragrande maggioranza.
Il viceministro degli Esteri armeno Paruyr Hovhannissyan ha sottolineato il ruolo cruciale del dialogo fra Baku e la comunità armena del Karabakh. Riferendosi a quest’ultima ha detto che in un mondo ideale potrebbe vivere sotto la giurisdizione dell’Azerbaigian, sebbene l’esperienza storica mostri quanto sia difficile. Sembra però che il governo di Erevan voglia addossare su Mosca non soltanto la responsabilità di salvare i civili del Karabakh dagli scontri armati, ma anche quella di ospitarli come profughi e occuparsi di loro.
Lo stesso premier Nikol Pashinyan ha spiegato che adesso tocca ai russi prendersi cura dei civili del Karabakh, perché la proposta del cessate il fuoco è giunta ai vertici dell’Artsakh proprio dalla forza di pace russa. Dice il primo ministro: è logico supporre che se i peacekeeper hanno fatto una tale proposta, ciò significa che hanno accettato totalmente e senza riserve il pieno obbligo di garantire la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh, per esempio preservando il loro diritto a vivere nelle loro case, sulla propria terra, con dignità e in sicurezza.
Il destino degli armeni del Karabakh
Che succederà ora a Stepanaker, la capitale dell’ormai ex Repubblica di Artsakh? Per il Ministero degli Esteri di Erevan, gli armeni del Karabakh sono aperti al dialogo e le trattative in atto con gli azeri avranno carattere definitivo. Molti aspetti della questione sono ancora incerti, ma non sembrano pendere a favore degli armeni del luogo. Baku ritiene di avere già fatto loro ottime proposte nel corso degli ultimi trent’anni, per esempio offrendo loro un livello molto alto di autonomia all’interno dello Stato azero.
Ma gli armeni del Karabakh hanno sempre rifiutato con ostinazione. Oggi resta loro forse solamente un’opzione, quella di essere una delle 14 “regioni economiche” della Repubblica dell’Azerbaigian, con tutto ciò che potrebbe comportare di positivo e di negativo. Intanto, l’operazione “anti-terroristica” lanciata dall’Azerbaigian è già praticamente conclusa, perché Baku ritiene di aver raggiunto gli obiettivi. L’opera di peacekeeping e di assistenza umanitaria delle forze di pace russe ha agevolato il cessate-il-fuoco e l’evacuazione dei civili.
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