L’agonia del Libano arriva da lontano. La testimonianza scioccante di un ex Incursore Paracadutisti
Anche oggi strade e autostrade del Libano sono state bloccate in varie regioni da cittadini sempre più esasperati dal degenerare delle condizioni di vita in un Paese ormai al collasso strutturale anche dei servizi essenziali, dai medicinali alla luce elettrica, dalla benzina al cibo. La moneta locale continua a perdere valore rispetto al dollaro statunitense e all’euro con un evidente impoverimento di tutta la popolazione. Queste manifestazioni hanno costretto l’esercito libanese a dover intervenire in varie zone del Paese, da Beirut a Tripoli, dalla Bekaa a Sidone, per disperdere manifestanti che bloccavano strade con l’utilizzo di cassonetti dati alle fiamme e con copertoni di gomma incendiati. Spesso la frustrazione si sfoga tra gli stessi cittadini, addirittura come riportato dall’Ansa tra persone in fila per ore ai benzinai ed esasperati per la carenza di carburante.
La lira libanese ha oggi segnato un nuovo record negativo: un dollaro vale ora 15mila lira, quando meno di due anni fa ne valeva 1.500 lire. Gran parte delle merci essenziali sono importate ma le autorità, che hanno annunciato il default finanziario a marzo del 2020, faticano a trovare le risorse per pagare le importazioni e mantenere i sussidi alle merci e servizi come medicine, carburante, elettricita’, combustibili, farina.
Questa crisi e le guerriglie che si stanno vivendo sono la diretta conseguenza della mancata formazione di un nuovo Governo capace di dare una risposta al disagio economico e finanziario che ha portato al default il Paese. E pensare che la posizione geografica del Libano, confinante con Israele e Siria lo rende snodo essenziale e centrale del Medio Oriente. Eppure Dopo circa otto mesi dall’esplosione del porto di Beirut, avvenuta il 04 agosto del 2020 non si è mosso nulla aumentando la destabilizzazione interna. Non si ha traccia di quelle riforme urgenti e indispensabili che potrebbero garantire il ritorno alla normalità del Libano. A minare il processo di stabilizzazione principalmente i conflitti tra il Presidente della Repubblica, Michel Aoun e il primo ministro Saʿd Ḥarīrī che non riescono a trovare una sintesi capace di esprimere una lista di Ministri condivisa. Tutto resta fermo. Tanto che anche il Governo provvisorio rappresentato da Hassan Diad ha rimesso l’incarico esattamente il 10 agosto del 2020 .
Ho avuto il piacere di conoscere, durante i miei viaggi in Africa, il Dottor Doreid Mohammad, uno dei più prestigiosi volti degli esuli libanesi, membro dell’associazione Mediatori Mediterraneo che si pone come obiettivo un percorso di pace nel Mediterraneo, Presidente della Sezione Sardegna Unione Culturale Libanese ed inoltre Presidente dell’Unione Culturale Libanese nel mondo. Un uomo straordinario che continua a combattere per la libertà e i diritti dei libanesi. Un impegno che lo ha portato ad ottenere il riconoscimento dei titoli di studio degli studenti libanesi nelle Università Italiane e di tutto il mondo.Per due decenni, ha partecipato a Conferenze Internazionali, affrontando temi di pace e non violenza.
Mohammad mi ha raccontato con precisione e attenzione degli anni terribili della guerra in Libano, con molta attenzione e precisione, in modo particolare del massacro di Sabra e Shatila avvenuto tra il 16 e il 18 settembre del 1982 a Ovest di Beirut dove si registrarono circa 3500 morti. Mi ha parlato della tragica imboscata al Battaglione San Marco avvenuta il 23 ottobre del 1983: un duplice attentato alla Base delle Forze Multinazionali dove morirono 241 Marines degli Stati Uniti e 56 Francesi. E mi ha permesso di conoscere un ex Incursore Paracadutisti il Signor P.G., che preferisce mantenere l’anonimato, e che purtroppo quegli anni li ha vissuti rischiando la vita. Con molta fatica sono riuscita ad avere la sua testimonianza .
Mi spiega il signor P.G. che in quegli anni erano in Libano in missione di pace, il loro compito era contenere le rappresaglie fra le varie fazioni Politiche. Tra le varie fazioni interne erano continui i conflitti a fuoco con l’obiettivo di creare disordini per destabilizzare il Governo. Per comprendere il clima che si respirava in quel periodo a tutti coloro che appartenevano all’esercito Regolare Libanese, per farsi riconoscere, era imposto di avere i capelli tagliati corti e ben curati, la barba era proibita, era permesso solo portare i baffi ma sempre curato. Si trattava di un modo per distinguerli dalle altre fazioni che risultavano composte da persone trasandate. P.G. racconta come in queste fazioni potevano esserci infiltrati Israeliani o Siriani agitatori che cambiavano il loro aspetto per creare nuovi conflitti.
L’ex incursore mi racconta con una calma quasi surreale di un attentato che c’è stato nella Base di Rubino, dove lui e altri prestavano servizio. “Era l’anno 1983, verso la tarda mattinata stavamo facendo i vari controlli , quando abbiamo sentito un unico boato fortissimo seguito da scariche di mitragliatrici che ci arrivavano addosso da tutte le parti. A seguire sono state solo urla con gente che correva in tutte le direzioni, uno tsunami di terrore misto a incredulità. In pochi minuti il PAO Vigilanza Interna ha messo in sicurezza il campo, blindandolo con carri armati. Alcuni militari, i più giovani sono stati portati all’interno del rifugio, uno scantinato che avrebbe dovuto essere usato in caso di bombardamenti. La cosa che mi sconvolse è che ci avevano bombardato con missili rudimentali Katiuscia. In seguito ci è stato detto che probabilmente erano stati scaricati per errore“.
Dietro quell’immagine di uomo forte, capace di raccontare quell’attentato quasi con distacco, di percepisce l’immagine di un uomo che ha avuto tanta paura e grazie alla confidenza che si è venuta a creare mentre raccoglievo la sua testimonianza, mi spiega che per anni non riusciva a dormire senza essere assalito dagli incubi, per ciò che aveva visto. Durante la sua permanenza però “al fronte” ma non c’era il tempo di piangersi addosso, “c’era solo l’adrenalina che pulsava nelle vene al massimo. Non era consentito abbassare mai la guardia perchè rischiavi la vita. Solo quando torni nella tua città, dove non c’è la guerra, lì sì che paghi caro tutto ciò che hai vissuto. Quando l’adrenalina ti abbandona, ti rimane nelle orecchie il boato delle bombe, i rumori dei carri armati e soprattutto il totale silenzio che spesso faceva ancora più paura. Negli occhi ti restano gli sguardi disperati delle donne, dei bambini, degli uomini che in tutti i modi cercavano di proteggere i propri cari. Sei assalito dalle ombre dei cadaveri ammassati, immagini che solo la mente di pochi è in grado con il tempo di chiudere in un cassettino della memoria“.
Lo ringrazio, e mi scuso con lui per aver forzato questi ricordi dolorosi. La testimonianza del Dottor Doreid Mohammad e dell’ex incursore P.G. sono molto importanti perché nessuno mai deve dimenticare le stragi che ci sono state in Libano, eccidi che potrebbero ripetersi se la crisi politica, economica e sociale attuale non riuscirà a trovare una soluzione. E tutto potrebbe partire dal rispetto della Costituzione Libanese che a fine dell’incontro mi ha proprio voluto regalare il dottor Mohammad. Alcuni articoli di essa sono un richiamo fortissimo a quello che può essere questo Paese dilaniato dalle divisioni. “Il Libano è una Patria Libera e Sovrana“, “Il Libano è una identità e una appartenenza Araba – è una Repubblica Parlamentare e Democratica basata sul rispetto della libertà e Giustizia Sociale“, “La terra del Libano è una terra per tutti i libanesi“. “Non esiste nessuna autorità che contraddica la carta della coesistenza tra i popoli“.
Nata l’11 novembre del 1959, opera come Tecnico Sociale ed è impegnata professionalmente da circa 34 anni proprio nell’ambito del sociale. Da dieci anni visita il Kenya per amore e passione di quella terra.