La quiete prima della tempesta e l’aiuto della Bielorussia nel tagliare le forniture di armi a Kiev
Potrebbe essere la classica quiete prima della tempesta. Già da qualche settimana l’atmosfera sul fronte ucraino appare quasi normalizzata, ma a ben guardare i movimenti di truppe non si sono mai fermati. Anzi, pare si stiano intensificando in vista di un’offensiva. Dalla NATO le armi continuano ad affluire verso Kiev, ma i russi non stanno a guardare. Chi attaccherà? E quando? È la domanda che si chiedono tutti gli osservatori e gli stessi vertici politici e militari. Qualcuno ha provata a dare una risposta: il tempo dirà presto se è la risposta giusta.
L’opinione dei vertici ucraini
Abbiamo visto come Zelensky stia battendo ogni piazza possibile in Europa e in America per ottenere armamenti sempre più potenti: missili, carri armati, caccia da combattimento. Le sue richieste non vengono fatte con discrezione, ma con proclami rumorosi, col risultato di avvertire i suoi avversari interni ed esterni. Difficile che i russi si facciano trovare impreparati di fronte al salto di livello delle forze ucraine. Anzi, potrebbero non dare il tempo a Kiev di ottenere e poi schierare tutte le novità ottenute dagli amici occidentali. Le truppe russe sembrano manovrare in vista di un’offensiva su tre direttrici: la zona centrale del fronte, quella settentrionale che parte dalla Bielorussia e quella meridionale che punta su Mykolaiv (Nikoalev) e Odessa. Sono infatti le tre strade quasi obbligate dal contesto geografico e da quello operativo.
Quando potrebbe avvenire l’attacco? Prossimamente, così si dice, ma agendo in contemporanea su tutte e tre le linee e conservando l’effetto sorpresa sul nemico. Che un attacco di grandi dimensioni sia in preparazione, lo pensa il ministro della Difesa dell’Ucraina – peraltro in odore di dimissioni – Oleksii Reznikov. Qualche giorno fa si è recato a Parigi per un incontro con Macron, finalizzato ad assicurare l’acquisizione di radar per la difesa aerea e insistere sulla fornitura degli F-16. Reznikov ha spiegato alla stampa francese di aver bisogno di armi perché il tempo stringe. Poi ha rivelato che i russi potrebbero avere quasi mezzo milione di uomini sul campo e che la data dell’attacco sarà il 24 febbraio.
Mosca sceglierebbe infatti una data simbolica, l’anniversario dell’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale”. Per quanto riguarda le zone dell’offensiva, Reznikov dà per certa quella a sud sul Mar Nero e quella a est verso il Donbass, dove nelle ultime settimane si sono visti scontri feroci. Dello stesso parere Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale dell’Ucraina, secondo cui le truppe russe hanno ricevuto l’ordine di oltrepassare i confini delle regioni di Lugansk e Donetsk.
Chi attaccherà per primo? E con quanta intensità?
Una ragione evidente per la Russia di non attendere troppo è quella di non permettere che l’Ucraina si riempia di armamenti occidentali. Se è vero che l’afflusso di attrezzature e consiglieri dai Paesi NATO era iniziato già alcuni anni orsono, le tempistiche delle forniture e la potenza delle armi vanno via via aumentando. Nel giro di un anno si è passati dai lanciarazzi portatili ai carri armati pesanti, e oggi si parla già di caccia da combattimento. Il salto qualitativo è sotto gli occhi di tutti, anche se l’opinione pubblica di molti Paesi europei non gradisce affatto di dover pagare tutto all’Ucraina, dalle armi all’assistenza sociale.
Se i russi passassero oggi all’offensiva, certamente non vorrebbero “conquistare” l’intera Ucraina e men che meno invadere altri Paesi europei, come sbandierato dalla stampa mainstream euroatlantica. Molto probabilmente si fermerebbero ai limiti di quel territorio dell’Ucraina occidentale che aspira a farsi assorbire nella sfera dell’Unione Europea e che potrebbe fungere per il futuro da Stato-cuscinetto. Dal canto suo, la NATO e i Paesi dell’Occidente, fornendo un aiuto pressocché totale a Kiev sul piano economico e militare, stanno di fatto trasformando l’Ucraina a loro immagine e somiglianza. In questo modo, si potrebbe dire, legittimano la Russia a fare altrettanto rispetto a quelle regioni ucraine che sentono di appartenere al mondo russo.
Un’altra ragione per l’attacco russo è non permettere allo scontro di protrarsi troppo a lungo. Si discute molto su chi possa rimetterci di più da un conflitto prolungato, se i russi o l’Alleanza Atlantica. Quel che è certo è che gli europei non ne ricavano alcun vantaggio. In una relazione della Rand Corporation intitolata “Avoiding a Long War”, vengono soppesati i pro e i contro e il risultato sarebbe buono per Washington, ma solo finché il contraccolpo dell’inflazione non si faccia sentire oltreoceano. Ed è altrettanto certo che da una lunga guerra è l’Ucraina a perderci sotto ogni aspetto: demografico, economico, politico.
Kiev schiacciata dagli interessi contrastanti dell’Occidente
Anzitutto, a Kiev sanno di dipendere dagli armamenti occidentali, ma temono costantemente di vederne interrotto il flusso. E la popolarità del presidente Zelensky può consumarsi in ogni momento o addirittura provocare un effetto boomerang. Ormai si sprecano i meme sul suo presenzialismo, segno che l’opinione pubblica europea si è semplicemente stufata di lui. E i recenti scandali di corruzione mostrano grosse crepe nel fronte governativo ucraino. Dunque, Kiev potrebbe prendere l’iniziativa nelle prossime settimane. Sta già mobilitando quanti più uomini possibile sia in patria che fra coloro che sono scappati in Europa.
Ma i “curatori” euroatlantici quale tipo di impulso darebbero all’offensiva ucraina? Certo, a Washington desiderano la sconfitta di Mosca, ma non una disfatta. Un crollo infatti metterebbe a rischio gli stessi interessi occidentali nella Federazione Russa, anzi provocherebbe seri pericoli alla stabilità mondiale. Gli USA nutrono la medesima ambizione per tutti i Paesi in cui hanno cercato di esportare la democrazia: non distruggerli o conquistarli militarmente, ma averli a disposizione interi per sfruttarli facendoli governare da un regime amico e partner d’affari. Così, per porre le basi del tanto agognato regime change a Mosca, la NATO sta dosando gli aiuti militari all’Ucraina per provare a massimizzare i danni alla Russia senza darle il colpo di grazia.
Il taglio alle forniture occidentali e l’aiuto di Minsk
Un passo logico che Mosca potrebbe intraprendere è quello di colpire le vie di rifornimento occidentale all’Ucraina. La Russia risolverebbe il problema alla radice colpendo i pericolosi carichi di armi nel momento in cui oltrepassano la frontiera ucraina. E ancora meglio, come ipotizza pure il generale Bertolini, distruggere le vie ucraine di comunicazione che permettono l’afflusso degli armamenti NATO. A questo scopo l’aiuto bielorusso sarebbe estremamente opportuno. Ma Minsk è pronta a impegnarsi? Kiev è preoccupata dal possibile ruolo sul campo della Bielorussia. Quest’ultima ha dichiarato di essere in condizioni di gestire in piena autonomia il sistema missilistico Iskander fornitole da Mosca. Per manovrare al meglio questo tipo di missile balistico a corto raggio (fino a 500 chilometri di gettata) i bielorussi hanno effettuato prove e addestramenti sia in Russia che sul proprio territorio.
Le recenti esercitazioni svolte congiuntamente hanno suggerito agli osservatori occidentali che il Cremlino sta preparando un’offensiva sull’Ucraina nord-occidentale, sfruttando proprio il lungo confine con la Bielorussia e affidandosi ai militari bielorussi. Minsk smentisce per il momento tale ipotesi. Il motivo è apparentemente semplice e lo rivela il presidente Alexandr Lukashenko: la Russia non ha bisogno di alcun aiuto in questo momento. Ma aggiunge: comunque, se i nostri fratelli russi avessero bisogno, siamo sempre pronti a offrire assistenza. Non ha specificato, però, quale genere di aiuto la Bielorussia è pronta a prestare. Lukashenko ha parlato di questo tema durante la sua recente visita ad Harare, capitale dello Zimbabwe, dove ha incontrato il presidente Emmerson Mnangagwa (che aveva a sua volta visitato Minsk nel 2019). L’obiettivo del viaggio era di cementare i legami economici e politici fra i rispettivi Paesi, in particolare in ambito agricolo e minerario.
Secondo gli analisti, il contributo che potrebbe dare la Bielorussia sarebbe limitato ai vantaggi della sua posizione geografica. Il suo esercito, infatti, non ha né i numeri né l’esperienza per spostare gli equilibri sul campo. Tuttavia, il fatto di incastrarsi proprio fra Ucraina e Polonia e di avere un lungo confine anche con Lituania e Lettonia, la rende la postazione ideale per consentire ai russi di tagliare i corridoi di rifornimento a Kiev. Questo vale soprattutto per il lato polacco. E in questo momento in cui partono le prime consegne di tank, la mossa potrebbe rivelarsi importantissima per i russi per eliminare in partenza la questione. Con un attacco dalla Bielorussia, inoltre, la Russia chiuderebbe le forze ucraine anche da nord, visto che a est e a sud Kiev è già sotto pressione.
L’accerchiamento su tre lati
Un accerchiamento su tre lati potrebbe rivelarsi decisivo per togliere agli ucrainei qualunque possibilità di reagire. A gennaio l’esercito bielorusso ha svolto esercitazioni congiunte con i colleghi russi, quindi gli ucraini cercano sempre di mantenere le loro forze schierate lungo la frontiera con la Bielorussia, proprio nel timore che un’offensiva si sviluppi da lì. Qualche settimana fa, il Ministro della Difesa del Regno Unito ha affermato che tale opzione è “improbabile”, perché i soldati russi nella zona e i loro armamenti sono troppo pochi per costituire una forza d’attacco adeguata. Ma la situazione potrebbe evolversi in fretta, perciò gli ucraini non smettono di monitorare le attività nemiche lungo la frontiera settentrionale. Oggi potrebbe essere la classica quiete prima della tempesta, perché anche se da qualche settimana l’atmosfera appare quasi normalizzata, a ben guardare i movimenti di truppe non si sono mai fermati.
52 anni, padre di tre figli. E’ massimo esperto di Medio Oriente e studi geopolitici.