Italia, riapertura della scuola a settembre. Pacifico (ANIEF): disponibili ma ci sono problemi nelle risorse e sulla stabilizzazione precari

Italia, riapertura della scuola a settembre. Pacifico (ANIEF): disponibili ma ci sono problemi nelle risorse e sulla stabilizzazione precari

6 Giugno 2020 0

Lo scorso giovedì è avvenuta una riunione di coordinamento, alla presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, per studiare insieme il piano proposto dal Comitato tecnico scientifico, volto all’organizzazione e alla gestione dell’avvio dell’anno scolastico 2020/2021. All’incontro, che si è svolto in videoconferenza, hanno partecipato le confederazioni, i sindacati scuola, i rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, il Ministro Lucia Azzolina, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, il Coordinatore del CTS, i Coordinatori dei Forum nazionali delle associazioni studentesche, dei genitori, degli istituti dipendenti dall’autorità ecclesiastica e della Federazione italiana per il superamento dell’handicap. Il Governo ha chiarito che l’obiettivo principale è quello di ritornare a scuola garantendo la massima sicurezza e offrendo la disponibilità di lavorare insieme per chiudere in tempi rapidi un protocollo nazionale sulla sicurezza degli edifici scolastici al momento della ripartenza, seguendo il percorso già intrapreso per gli esami di stato. Il documento licenziato dal CTS il 26 maggio scorso potrà quindi essere rivisto in base all’andamento epidemiologico dei prossimi mesi. E’ evidente che restano numerosi nodi da sciogliere visto che il DL Scuola continua a riscontrare pareri discordanti, anche all’interno della stessa maggioranza di Governo e vi sarebbero molti parlamentari anche giallorossi pronti a modificarlo nei prossimi mesi. Certamente le risorse messe a disposizione dal Governo risultano ad oggi insufficienti sia per l’adeguamento degli edifici scolastici, sia per assumere un numero adeguato di personale. Vi è poi la questione, non di poco conto, del concorso che il ministro Azzolina e anche il premier Conte insistono essere l’unico percorso per la stabilizzazione dei precari. Insomma tanta carne al fuoco che cerchiamo di approfondire con il il segretario nazionale del sindacato ANIEF Marcello Pacifico con il quale avevamo nelle scorse settimane già affrontato le criticità del DL Scuola approvato proprio oggi in Aula dopo una lunga maratona, non priva di polemiche, a Montecitorio.

Infografica – La biografia dell’intervistato Marcello Pacifico

– Può raccontarci com’è andato l’incontro con il premier Conte?

– Certamente. Anzitutto hanno preso la parola il ministro Azzolina e poi il ministro De Micheli, rispettivamente in relazione all’apertura delle scuole e al ripristino dei mezzi di trasporto, e anche per ciò che riguarda le spese degli edifici scolastici. Poi hanno parlato i rappresentanti delle regioni, come Bonaccini, e anche De Pascal per le province e Decaro per l’ANCI. Tutti si sono resi disponibili per far ripartire le scuole a settembre, ma a condizione che le indicazioni del comitato tecnico-scientifico in tema di distanziamento sociale siano coperte da risorse che permettano di realizzarlo. Sono proposte che anche noi, come sindacato, abbiamo ribadito.

Il Ministro ha esordito dicendo che sussistono sostanzialmente tre scenari. Il primo è ottimista: la curva si annulla e settembre inizia in maniera tranquilla, quindi senza bisogno di applicare le misure suddette. Il secondo scenario vede la ripartenza di una convivenza con un virus meno aggressivo ma comunque presente, e in questo caso si dovranno seguire tutte le misure del CTS. Il terzo scenario è quello di una nuova esplosione del contagio, e in questo caso secondo Anief occorrerà rimodulare le classi. Ci sono diverse teorie in merito. Il Ministro ha smentito l’idea di sdoppiare le classi, quindi di fare una turnazione degli alunni, ma sposarebbe invece la linea di ridurre le ore a 40 minuti per recuperare del tempo per gli insegnanti così che possano insegnare agli alunni in presenza. Per noi le classi devono rispettare i livelli di metratura, di distanziamento per metro quadro. Una classe di 35 mq non può avere più di 15 alunni. Il premier ha chiesto ai Comuni di aggiornare i dati a nostra disposizione; si era verificato di avere classi con più di 30 alunni, a volte casi estremi con 37 ragazzi, le cosiddette “classi pollaio”. All’epoca, la proposta del M5S prevedeva un finanziamento di 4 miliardi per ridurre le classi a 20 alunni. Nel nostro caso, oggi parliamo di classi da 15 e servirebbero 12-14 milardi. Questo indipendentemente dal Covid era stato visto come un criterio giusto per avere classi in sicurezza.

– Esiste un evidente problema di risorse.

Abbiamo anche suggerito al premier dove trovare quei 12-14 miliardi: nei 172 miliardi che dovrebbero arrivare all’Italia dal Recovery Fund (se venisse confermata questa cifra). Ma con una premessa: fare in modo che in Europa, e non solo in Italia, i denari destinati alla sicurezza nelle scuole siano annoverati tra le spese a fondo perduto che vengono date anche per gli ospedali, per i ventilatori, per le assunzioni del personale sanitario. E allora, se rimodulassimo le classi, aumentandone quindi il numero, dovremo anche recuperare gli edifici scolastici dismessi: si consideri che negli ultimi 15 anni sono stati chiusi 15mila plessi scolastici. Dunque si dovrebbe rimettere mano al provvedimento legislativo, fare un emendamento all’attuale legge che regola il ridimensionamento scolastico. Ripristinare 15mila plessi comporterà un maggior numero di personale che dovrà essere utilizzato per l’igienizzazione: un collaboratore scolastico, oggi, non può dedicare in media più di 30 minuti all’igienizzazione dei locali, invece, in base a quello che ci prescrive il comitato tecnico-scientifico, 30 minuti sono troppo pochi.

È evidente quindi un problema di organici insufficienti

Certamente. Sorge la necessità di migliaia di collaboratori scolastici in più, e se questo lo uniamo alle nuove classi da creare e alla ripresa degli edifici dismessi, è evidente che servirà anche per la sorveglianza del personale amministrativo in più, nonché ovviamente il personale docenti. Il comitato degli esperti ha individuato un fabbisogno del 15% in più di personale. Se si riferiscono al personale di ruolo, su un milione significa 150mila assunzioni in più rispetto a quelle programmate per la scuola; se si riferisce al personale precario, arriviamo a 180mila. Che è proprio quello che chiede Anief: 140mila docenti e 40mila ATA da assumere. E assumere da dove? Ad esempio dal precariato: siccome sono stati riviati i concorsi e nel frattempo il governo ha deciso si riaprire le graduatorie di istituto provinciali, per affidare le supplenze annuali al termine delle attività, le stesse graduatorie potrebbero essere utilizzate già entro agosto per applicare questo piano straordinario di assunzione. Inoltre si stanno aggiornando anche online le graduatorie ATA 24 mesi. Potremmo benissimo assumere questo personale, che in quanto precario allo Stato attualmente costa di più a motivo dei risarcimenti che chiede in tribunale. Il premier, da giurista qual è, non può ignorare che il percorso che porta a una stabilizzazione certa del personale precario ce lo chiede la Corte di giustizia europea: nell’ultima sentenza che riguarda un caso italiano (la causa Rossato dell’8 maggio 2019), i giudici di Lussemburgo ci ricordano che per il personale scolastico italiano serve una procedura la quale non deve essere “non prevedibile” e “non aleatoria”. L’attuale concorso straordinario, che è stato rinviato in autunno, non dà la certezza dell’assunzione ed esclude pure alcune intere categorie. È evidente che l’unica soluzione è quella che Anief continua a chiedere: assunzione dalle stesse graduazioni di istituto nelle more dell’espletamento dei concorsi.

– È la posizione che avevate anche prima. Qual è stata la reazione del premier?

– C’è stato un piccolo battibecco. Il premier ha ribadito di non essere contro i precari. Sulle risorse ha detto che si impegnerà in Europa affinché una parte del Recovery Fund possa essere destinata alla scuola, all’università e alla ricerca.

– Avete la sensazione che sull’aumento del numero di personale ci sia un’apertura del governo?

– Noi abbiamo presentato un emendamento al decreto rilancio. Vediamo se alla luce delle scelte politiche, ci sarà o meno un’apertura. Ovviamente, si dovrebbe tradurre in un passaggio legislativo emendativo al decreto rilancio.

– E il Ministro?

– Il Ministro ha detto che l’adozione di quanto richiesto dal CTS deriverà dal monitoraggio dell’andamento della curva. Ha ribadito che i soldi sono stati messi per l’edilizia e per la digitalizzazione, ma il suo primo interesse è quello della sicurezza, del fatto che bisogna coinvolgere gli spazi interni e anche esterni della scuola, cioè tornare ad utilizzare le palestre e i cortili.

– Sull’attività didattica cosa è stato detto?

– Sicuramente potenziare l’aspetto digitale è fondamentale. La didattica a distanza non potrà mai sostituire quella di presenza, ma occorre comunque lavorare molto su un piano di alfabetizzazione digitale del personale docente, così come sulla sicurezza (l’ora di aggiornamento sul Covid-19). Mezzi finanziari sono stati già assegnati alle scuole per potenziare la parte informatica.

Non condivido l’idea del premier che la didattica a distanza possa sostituire quella di presenza. Il primo ruolo che hanno gli insegnanti è quello di essere educatori, ed educare a distanza non è cosi semplice. 

– Pensate riusciranno ad attivare tutti gli appalti e ultimare i lavori per la messa in sicurezza delle scuole entro settembre?

– Non bisogna trasformare le scuole in un cantieri proprio ora che devono riaprire… Aprire un cantiere porta con sé altri problemi sulla sicurezza. Sia gli enti locali che devono rispettare alcuni vincoli burocratici, sia i dirigenti scolastici che non hanno il potere di spesa sugli interventi, spesso sono utilizzati come capro espiatorio in una situazione drammatica, nella quale tre scuole su quattro non sono in sicurezza. Spesso a pagarne le conseguenze è proprio il dirigente scolastico o magari il sindaco o il presidente di provincia. Bisogna riconsiderare bene le cose, in particolare ai sensi dell’articolo 51 del codice penale: quando su ordine di notività il dirigente apre una scuola, e in essa poi accade qualcosa, non può venire ridotto a capro espiatorio per colpe che non ha.

Marco Fontana
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