Intelligenza Artificiale, occupazione e sostenibilità i due nodi drammatici non ancora risolti

Intelligenza Artificiale, occupazione e sostenibilità i due nodi drammatici non ancora risolti

18 Maggio 2025 0

Parlando al G7 dello scorso anno, Papa Francesco affermò che l’intelligenza artificiale è anzitutto uno strumento. Come tale, si evince che i benefici o i danni che porterà dipenderanno esclusivamente dall’uso che noi ne faremo. È stato così sin dalla notte dei tempi per ogni utensile costruito dall’essere umano.

Strumenti e civiltà

È impossibile separare la storia della civiltà umana dalla storia degli tali strumenti che essa impiega. Parlare di tecnologia equivale a parlare di ciò che significa essere degli umani. Equivale altresì a parlare di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità, cioè vuol dire parlare di etica. Papa Francesco ci ha ricordato che il nostro uso degli utensili non è sempre ed univocamente rivolto al bene. Sebbene l’essere umano senta dentro di sé la vocazione all’oltre e alla conoscenza – vissuta come strumento di bene al servizio dei fratelli, delle sorelle e della casa comune – non sempre fa un buon uso della tecnologia che ha costruito. Anzi, proprio grazie alla sua radicale libertà, l’umanità ha spesso pervertito i fini del suo essere trasformandosi in nemica di sé stessa e del pianeta. La stessa sorte tocca quindi anche agli strumenti tecnologici.

Non per fede, ma consapevolmente

Nella trattazione che di Papa Francesco si dice anche: Quando i nostri antenati affilarono delle pietre di selce per costruire dei coltelli, li usarono sia per tagliare il pellame per i vestiti sia per uccidersi gli uni gli altri. Lo stesso si potrebbe dire di altre tecnologie molto più avanzate, quali l’energia prodotta dalla fusione degli atomi come avviene sul Sole, che potrebbe essere utilizzata certamente per produrre energia pulita e rinnovabile ma anche per ridurre il nostro pianeta in un cumulo di cenere. Queste parole dovrebbero farci riflettere seriamente sull’utilizzo che stiamo facendo dell’intelligenza artificiale e sul limite massimo che vogliamo farle raggiungere. L’IA rappresenta infatti l’ultima tappa di un lungo processo di tecnicizzazione della società e porta con sé tanti benefici e altrettante sfide. Certamente non dobbiamo procedere “per fede” verso l’ennesima rivoluzione industriale: dobbiamo invece dedicarci al compito di governarla.

La politica prenda il controllo

La rivoluzione di Internet fu guidata fortemente almeno per un certo periodo dalla politica. L’Intelligenza Artificiale invece è una partita giocata quasi esclusivamente da soggetti privati, i quali per sete di guadagno possono spingersi oltre i limiti etici e valoriali. Il loro orizzonte temporale è di breve durata, dunque puntano a massimizzare il profitto e ad avere tutto il prima possibile. È questa la differenza con la buona politica, che guarda ai risultati di medio e lungo termine perché ragiona sul mondo che lascerà alle future generazioni, non su quanti dividendi staccare agli azionisti. Un esempio è costituito dalla vicenda manageriale di Sam Altman, l’Oppenheimer dell’IA, che da sostenitore delle fonti libere e gratuite si è convertito al turbocapitalismo e agli investimenti miliardari. I partiti hanno quindi il dovere di riappropriarsi dello sviluppo dell’IA. Probabilmente dovranno investirvi molte più risorse di quelle enormi che oggi sono destinate al riarmo europeo.

Le domande chiave

Prima di tutto bisogna chiedersi: al netto delle grandi potenzialità che offre l’IA, qual è il limite prima del quale fermarsi, qual è il confine che sentiamo di non dover oltrepassare? Siamo convinti che l’IA – pur costruita da mente umana e che quindi ne riproduce al massimo grado i meccanismi – non sia una proiezione nella quale rispecchiarsi per capire meglio noi stessi perché non può generare quell’intelligenza affettiva e quella dimensione psicologica che distingue noi umani? L’Intelligenza Artificiale pone in serio pericolo l’intelligenza stessa, quella naturale dell’uomo, e la sua centralità nel mondo. Dunque è importante convincersi che trovare risposte a queste domande è fondamentale per arginare e gestire l’impatto dell’IA sulla famiglia, sulla sanità, sull’informazione, sulla scuola e sul comparto militare-industriale.

Pietas o statistica

Chiediamoci anche: l’Intelligenza artificiale è incapace di sviluppare una sua etica ispirata alla conoscenza del bene? Pensiamo alle applicazioni sanitarie e ricordiamo la vicenda di Indi Gregory, una neonata affetta da una patologia genetica incurabile. La sua morte è avvenuta per spegnimento dei supporti vitali ed è stata deciso dallo Stato. In questo caso la statistica ha vinto sulla biologia e sulla speranza. La piccola doveva morire perché i numeri dicevano che del suo male si deve morire. Non c’è stato alcuno spazio per la pietas. Ha trionfato invece l’eugenetica, un concetto che ci riporta immediatamente al nazismo. E allora come polis e come classe politica vogliamo costruire un mondo del genere? Non sarebbe più corretto porre dei limiti alle applicazioni dell’IA alla sanità?

L’impatto dell’IA su informazione e ambiente

E in ambito universitario e giornalistico, quali paletti vogliamo fissare affinché sia governato dall’uomo e non dalle macchine? Attenzione, non è una decisione che prenderemo in un lontano futuro, ma oggi. Infatti in Giappone alcune emittenti stanno già realizzando interi notiziari realizzati tramite l’IA, mentre nel nostro continente la multinazionale europea Axel Springer SE licenzia i giornalisti e li sostituisce con sistemi di IA. E nella scuola è già operativo l’assistente virtuale didattico Khanmigo.

L’Intelligenza Artificiale comporta pure costi ambientali significativi. Consuma tanta energia soprattutto durante l’addestramento e l’utilizzo dei modelli. Secondo uno studio del MIT, se non viene regolato o ottimizzato, il settore IA potrebbe raddoppiare il suo impatto ambientale nei prossimi 5 anni. E sempre nel prossimo quinquennio il Fondo Monetario Internazionale stima che l’adozione dell’IA potrebbe comportare un aumento cumulativo delle emissioni globali di gas serra dell’1,2%, equivalente a circa 1,7 gigatonnellate di CO₂. Giusto per intenderci: è un volume che corrisponde alle emissioni annuali di tutte le automobili che circolano negli Stati Uniti e in Europa. Per compensare queste emissioni servirebbe piantare 77 miliardi di alberi, una superficie pari a tre volte l’Italia.

IA e conseguenze sulla società

L’impatto della IA sulla società potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Secondo Goldman Sachs potremmo perdere 300 milioni di posti di lavoro nel mondo entro il 2035, soprattutto nei settori amministrativo, legale, finanziario e bancario. Certo, saranno creati nuovi posti di lavoro, ma molti di meno e molto più lentamente di quelli che saranno eliminati. Vi saranno periodi drammatici di disoccupazione diffusa e costi enormi per la riqualificazione professionale. Se anche soltanto il 10% di quei 300 milioni non riuscisse a rientrare abbastanza velocemente nel mercato del lavoro, si trasformerebbe in 30 milioni di nuovi poveri. In Italia la Confcooperative parla di 6 milioni di lavoro persi nel prossimo decennio. In cinque anni il costo per le casse erariali sarebbe di 14 miliardi, con un potenziale aumento a 17 se la disoccupazione superasse il periodo NASPI. E poi i costi indiretti: calo dei consumi, mancati contributi previdenziali, contraccolpo sulla sanità, disagio sociale.

Nuovi lavori e calo del PIL

I nuovi lavori sposteranno l’occupazione in settori relazionali, tecnologici, educativi e ambientali. Sarebbe una vera e propria rivoluzione nelle politiche attive per il lavoro: verranno richieste competenze più aggiornate e non necessariamente accademiche. Secondo il Rapporto Censis 2024, l’adozione di IA senza riqualificazione potrà ridurre fino al 15% i salari dei lavoratori poco specializzati. E se non si agisce con formazione mirata, il divario salariale potrebbe ampliarsi tra laureati e diplomati, tra uomini e donne, tra Nord e Sud. I costi di formazione e di supporto salirebbero complessivamente a 9 miliardi di euro, oltre al fatto che molti degli esodati non potrebbero maturare il diritto alla pensione contributiva, con un ulteriore costo per lo Stato di 5,7 miliardi. E ciò che farebbe più male al sistema-Paese sarebbe la conseguente riduzione del PIL. Altri miliardi in fumo e altri milioni di cittadini senza lavoro, senza speranza, senza futuro.

Ma allora il gioco dell’IA vale la candela? Non è forse meglio porre dei freni al suo sviluppo e pianificare una rimodulazione dell’agenda del governo italiano e dei vertici europei in funzione di questi stravolgimenti epocali? La politica dovrebbe iniziare a occuparsi dell’impatto economico, sociale ed etico dell’Intelligenza Artificiale, non soltanto di privacy e di copyright.

Marco Fontana
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