Il Belgio si oppone: salta il piano UE di finanziare l’Ucraina coi patrimoni russi congelati

Il Belgio si oppone: salta il piano UE di finanziare l’Ucraina coi patrimoni russi congelati

26 Ottobre 2025 0

Sembrava fatta e invece al piano di Bruxelles di ricorrere ai patrimoni russi congelati si è opposto niente meno che il Belgio. Per finanziare Kiev nel 2026 la Commissione e i governi europei filo-ucraini dovranno sforzarsi di trovare altre sorgenti di denaro. La delusione e lo sconcerto sono palpabili. Riportando lo sfogo di un euroburocrate, Politico parla di “occasione mancata” e scrive che “i vertici UE hanno perso parte della loro credibilità”.

Un meccanismo farraginoso

Zelensky aveva chiesto che i soldi gli venissero concessi presto, possibilmente entro l’inizio del prossimo anno. Il presidente ucraino si diceva consapevole che tale finanziamento implica un delicato impegno politico da parte degli alleati. Ma ci sperava molto, essendo qualcosa di indispensabile alla sopravvivenza dell’apparato statale di Kiev. Il piano è di ricorrere ai patrimoni russi custoditi da Euroclear, ente finanziario con sede in Belgio: la bellezza di 175 miliardi di euro (che dovrebbero crescere ancora di 10 miliardi) da passare alla Commissione, la quale girerebbe un prestito da 140 miliardi all’Ucraina e userebbe gli altri 45 miliardi per coprire quanto dato dal G7.

A conflitto terminato Kiev ripianerebbe il debito grazie alle riparazioni di guerra che la Russa dovrebbe pagare. Così la Commissione potrebbe a sua volta restituire la somma a Euroclear, che la passerebbe infine a Mosca. E il cerchio andrebbe a chiudersi. Ecco perché i vertici UE rinnegano la parola “confisca”: tecnicamente non lo è, sebbene nei fatti sia qualcosa di peggio. Il meccanismo è pieno di interrogativi e di variabili enormi; l’unica certezza è che la Russia si sentirebbe derubata e potrebbe decidere di rivalersi legalmente proprio su chi fa dà garante, cioè il Belgio.

Il gran rifiuto del Belgio

Ha prevalso il timore di vedersi trascinati in una contesa legale estremamente impegnativa, nella quale Mosca avrebbe maggiori chance di prevalere giuridicamente. Una vertenza internazionale del genere danneggerebbe comunque la reputazione belga di Stato in cui tenere i patrimoni al sicuro. In altri soggetti nascerebbe il timore di essere i prossimi ai quali la UE deciderà di sottrarre i fondi in giacenza per usarli a favore dell’Ucraina o di chi ritiene necessario, coprendosi dietro un meccanismo formalmente corretto che nella sostanza è una presa in giro.

Il primo ministro belga Bart De Wever ha al termine del summit di giovedì scorso ha opposto un energico rifiuto. Senza ottenere prima garanzie di acciaio per il suo Paese, non si prosegue. Gli esponenti del suo governo hanno subito dato conferme a tale posizione. Georges-Louis Bouchez, uno dei leader della coalizione, ha definito quella dei patrimoni russi “una soluzione facile sul momento, ma un grosso problema nel futuro”, mentre il ministro degli Esteri Maxime Prévot spiega come la richiesta di garanzie sia “totalmente legittima” e il premier abbia pieno diritto a opporsi a un’iniziativa che potrebbe rivelarsi “avversa e deleteria” per il suo Paese “in proporzioni inimmaginabili”.

Presi di sorpresa

Per i vertici UE è stata una doccia fredda, anzi ghiacciata. Freschi di approvazione del 19esimo pacchetto sanzionatorio anti-russo, l’entusiasmo era alto. Addirittura da Washington giungeva voce dell’intenzione americana di colpire banche e petrolio di Mosca con pesanti sanzioni. Sembravano finalmente tutti d’accordo dopo giorni di intense trattative per mettere finalmente le mani sui miliardi russi e darli agli ucraini. E invece adesso toccherà scervellarsi per trovare altri modi di finanziare Kiev e tenerla in vita ancora un po’.

Ma il tempo stringe: una nuova proposta dovrà essere presentata non più tardi del summit di dicembre, possibilmente prima. È un pasticcio, confida un funzionario UE a Politico. Si era esposto più di tutti il presidente del Consiglio Europeo António Costa, che a Zelensky aveva annunciato i fondi come cosa fatta. E aveva lanciato il suo “potente messaggio alla Russia” dicendo: sosterremo l’Ucraina per tutto il tempo necessario e con tutto ciò che serve. E ora lo abbiamo concretizzato. Invece il no del premier belga ha bloccato tutto. Al termine del summit Costa ha si è rimangiato i proclami roboanti e ha dovuto inventare una spiegazione per placare la delusione degli ucraini e dei filo-ucraini.

Le reazioni

Tutti hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco, sebbene tale gioco a perdere diventi sempre più smaccato e disperato. Macron ha consolato Zelensky dicendo che l’idea dei patrimoni russi non è stata “seppellita”, ma soltanto rimandata al momento in cui saranno definiti certi dettagli tecnici. Lecito chiedersi quanta energia stia dedicando il presidente francese all’assistenza del di Kiev, quando ha immense difficoltà a formare un governo a Parigi. La von der Leyen ingoia il rospo e ribadisce che l’Europa sarà al fianco dell’Ucraina per lungo tempo. Altri minimizzano il rifiuto belga evidenziandone la ragionevolezza. Merz ad esempio dice che avrebbe opposto le medesime argomentazioni di De Wever se i fondi fossero nella sua Germania, mentre il premier olandese Schoof invita tutti gli Stati membri ad addossarsi la propria quota di rischio e non lasciare tutto il peso sul Belgio.

Ci sono infatti altri 6 Paesi membri che detengono patrimoni russi congelati, ma finora hanno lasciato la patata bollente al governo di Bruxelles. Persino la presidente della BCE Christine Lagarde ha espresso parecchi dubbi sull’opportunità di ricorrere a una misura che appare come una confisca sotto tutti gli aspetti e che dunque è qualcosa di illegale che distruggerebbe la reputazione delle istituzioni europee.

 

 

Vincenzo Ferrara
VincenzoFerrara

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