I vertici euroatlantici annunciano armi e aiuti a volontà per Kiev: come reagirà la Russia?

I vertici euroatlantici annunciano armi e aiuti a volontà per Kiev: come reagirà la Russia?

12 Febbraio 2023 0

Ancora aiuti all’Ucraina, ancora armi e sempre più potenti. E ancora più impegno nell’includere Kiev nell’Unione Europea, in prospettiva di un futuro ingresso nella NATO. Questa è la strada che i vertici euroatlantici stanno battendo senza alcuna considerazione per lo scetticismo o la contrarietà delle rispettive opinioni pubbliche. E soprattutto senza soppesare bene quale possa essere la reazione russa, che viene così fomentata senza ritegno. L’Occidente sostiene di elargire semplicemente “assistenza” all’Ucraina, ma tale aiuto oggi è formato da una grande varietà di armamenti pesanti. Mosca lo percepisce come un’effettiva minaccia. E se i russi decidesse di agire per risolvere alla radice il pericolo costituito dalle forniture di armamenti?

Il summit UE-Ucraina e gli “sforzi di integrazione”

Il 3 febbraio si è tenuto a Kiev un summit fra il governo ucraino e i vertici dell’Unione Europea, il primo dalla concessione all’Ucraina dello status di “Paese candidato”, data lo scorso giugno. Nella dichiarazione finale si legge che l’UE riconosce a Kiev i considerevoli sforzi compiuti negli ultimi mesi per conseguire gli obiettivi dettati per l’integrazione. Quali sforzi di integrazione? Forse si intende il silenziamento dei partiti di opposizione e della libertà confessionale? Oppure leggi che inaspriscono il trattamento delle minoranze nazionali? O la corruzione endemica resa persino peggiore dal fatto di disporre dei fondi miliardari che giungono da ovest? L’unico sforzo visibile è quello che stanno facendo i vertici europei per inglobare un Paese – o ciò che ne rimane – senza l’assenso dei cittadini dei Paesi già membri.

E tale sforzo purtroppo non si può scindere dalle conseguenze sul piano militare. Al summit vi erano la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Quest’ultimo ha affermato che la UE sarà vicino all’Ucraina e degli ucraini domani e per tutto il tempo necessario, e che sarà al loro fianco per ricostruire un’Ucraina moderna e prospera, fermamente ancorata al nostro comune percorso europeo. Fornire assistenza senza scadenza e ricostruire un’Ucraina prospera, ecco a cosa pensano i vertici di Bruxelles mentre i Paesi membri cercano di non sprofondare a livello economico.

Delle contraddizioni fra i principi fondamentali della UE e le parole dei suoi rappresentanti si sono accorti anche a Mosca, dove l’integrazione di Kiev viene intesa come “aspirazione egemonica” di Bruxelles. Infatti, agli aiuti UE per la ricostruzione si accompagnano le forniture militari, che rendono platealmente ipocrita l’aspirazione alla pace annunciata nel recente vertice. Con l’ammissione del mancato rispetto degli accordi di Minsk, poi, qualunque pretesa europea di ergersi a giudice degli eventi bellici in Ucraina manca totalmente di credibilità.

Soldi e armi per la vittoria

Al vertice di Kiev era presente anche Josep Borrell, Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Borrell ha enunciato il compito dell’Unione rispetto alla questione: fare tutto ciò che è in suo potere per supportare l’Ucraina. La finalità espressa è quella di rendere possibile la vittoria ucraina. A questo scopo, aggiunge, dalla UE e dai suoi Stati membri sono già stati concessi 12 miliardi di euro sotto forma di armamenti e munizioni, che si sommano agli aiuti umanitari per un totale vicino ai 50 miliardi di euro. E facciamo pure buon peso con le decine di miliardi di dollari già spesi dagli USA e in più col nuovo pacchetto da 2 miliardi annunciato da Washington la settimana scorsa.

Così, appare ormai lecito confondere i piani e non vedere alcuna differenza fra quanto deciso a Bruxelles in veste di Unione economica e politica e quanto deciso sempre a Bruxelles, ma come alleanza militare (e con l’imprescindibile impulso della Casa Bianca). Queste circostanze, compresa la generosa entità della “assistenza”, non sfuggono alla lettura dei vertici russi. La suddetta assistenza è ancora subordinata, in qualche modo, alla condizione posta agli ucraini di non colpire il territorio russo.

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che su questo punto – finalizzato a evitare l’escalation – vi è consenso. Ma conferendo armi sempre più sofisticate e a lunga gittata si erodono le basi stesse di tale condizione, o in altre parole si aumenta per Kiev il desiderio di aggirare questa regola una volta o l’altra. Lo stesso Zelensky si è impegnato con Scholz a non attaccare il territorio russo, ma se adesso si inizia a dargli tank e jet, fino a quando si tratterrà dal tentare un colpo in profondità?

Come hanno reagito i russi, anzi come potrebbero reagire?

Il summit UE-Kiev è stato l’opposto di una promozione della pace e della conciliazione. I russi non sembrano particolarmente toccati dai bellicosi proclami europei inneggianti a una pace piena di armi. Invece sembrano più concentrati sui piani strategici e su quanto si può effettivamente fare sul campo di battaglia. A questo proposito dicono apertamente che gli Stati Uniti – facendo leva sulla NATO – si stanno avvicinando a una soglia molto pericolosa. Pochi giorni fa il ministro della Difesa della Federazione Russa Sergey Shoigu ha spiegato che l’Alleanza Atlantica sta cercando di prolungare il conflitto quanto più possibile e per farlo sta pompando l’Ucraina di armamenti pesanti, spingendo di fatto Kiev ad attaccare i territori sotto il controllo russo. Conclude Shoigu: Questi passi stanno trascinando i Paesi NATO nel conflitto e potrebbero portare a un livello imprevedibile di escalation.

L’avvertimento del Ministro della Difesa non è nuovo: già da qualche tempo i russi evidenziano il ruolo attivo e diretto che il blocco euroatlantico sta avendo nel conflitto. Se inizialmente si poteva archiviare tale allarme come infondato, perché in fondo Washington e Bruxelles si limitavano a sostenere Kiev con soldi, addestramento e intelligence, ora si può dire che stiano di fatto combattendo contro la Russia usando le mani degli ucraini per premere i grilletti dei fucili. E tali fucili hanno ormai la forma di missili a lungo raggio, carri armati pesanti e caccia da combattimento. In questo modo, secondo Mosca, le armi fornite dalla NATO si trasformano in obiettivi legittimi che le Forze armate russe possono colpire e distruggere.

Risolvere il problema già al confine

Ma se i russi decidessero di risolvere alla radice il pericolo delle forniture di armamenti? Ciò significherebbe risolverlo ai confini. I russi sanno bene quali sono le vie di approvvigionamento militare. Sanno su quale ferrovia giungono in Ucraina i sistemi missilistici americani HIMARS e quelli norvegesi NASAMS e sanno che su quei binari presto potrebbero arrivare carri tedeschi Leopard e quelli americani Abrams. Fra le opzioni in mano ai russi vi è colpire le stazioni ferroviarie che si trovano sui confini dell’Ucraina, con la Polonia in primo luogo e poi con la Slovacchia, la Romania e infine l’Ungheria. In questi punti, infatti, avvengono le operazioni di carico e di preparazione dei vagoni per il trasporto sul suolo ucraino delle attrezzatture belliche della NATO.

Distruggere questi punti significa privare in partenza l’Ucraina della possibilità di usare quegli armamenti. I russi non oserebbero bombardare basi o stazioni poste sul territorio dei quei Paesi che sono membri della NATO. Scatenare un’escalation in questa maniera è l’opposto di quanto stanno cercando di fare i russi. Distruggere le vie di rifornimento che partono dalla frontiera ucraina è più che sufficiente per tagliare le gambe all’esercito di Kiev. Ripristinare quelle strade ferrate richiederebbe molti mesi, un tempo enorme se misurato secondo i criteri del campo di battaglia. Già lo scorso anno i russi hanno dimostrato di essere in grado di colpire con precisione località ucraine molto a ovest rispetto al Donbass. Dunque possono farlo anche oggi, eliminando la minaccia degli armamenti NATO ancora all’inizio del loro percorso interno all’Ucraina.

Intanto in Bielorussia…

Anche il ruolo della Bielorussia nel prossimo sviluppo degli eventi viene analizzato e pronosticato dagli analisti politici e militari del mondo. Nell’adiacente Polonia gli USA fanno giungere rinforzi ed effettuano regolarmente voli di esercitazione con diversi tipi di velivoli, che passano lungo la frontiera con l’enclave di Kaliningrad e lungo quella con la Bielorussia. E poi ci sono le postazioni missilistiche americane e lo stesso esercito polacco, che può contare su più di centomila uomini e i riservisti. Pure sul lato lituano Minsk sente la pressione della NATO e la Lituania è fra i Paesi più ostili a Putin e Lukashenko. È lecito immaginare uno scenario in cui da Polonia e Lituania arrivi sulla Bielorussia se non un attacco vero e proprio, un qualche genere di provocazione con la finalità di attrarre l’attenzione delle forze bielorusse sulla difesa del proprio territorio, deviandola dal contributo alle forze russe alleate.

Scettisimo e sottovalutazione occidentale

La possibile reazione dei russi al salto qualitativo e quantitativo degli armamenti NATO per l’Ucraina viene sistematicamente ignorata o sminuita da alcuni occidentali. L’opinione pubblica europea viene contemporaneamente spaventata sventolando il fantasma di un attacco della Russia e tranquillizzata dalle dichiarazioni sull’inconsistenza del suo esercito.

Il giochino schizofrenico va avanti da tempo e non sembra volersi fermare. L’ennesima affermazione di wishful thinking proviene dal Ministro della Difesa del Regno Unito, secondo cui i comandi russi a causa della pressione politica e professionale che subiscono, pretendono dai loro soldati inesperti e insufficienti di conquistare obbiettivi irrealistici. Resta improbabile che la Russia possa accumulare le forze necessarie per influenzare sostanzialmente l’esito della guerra nelle prossime settimane. L’osservatore militare Michael Kofman, responsabile degli studi sulla Russia presso il CAN, organizzazione di ricerca di Arlington in Virginia, dice non poter stimare con certezza quanto possa essere grande l’eventuale controffensiva russa. L’esperto dice: ho il sospetto che si riveli scarsa, focalizzata principalmente sul Donbass.

Sì, ma come altri esperti militari suggeriscono, se ai russi riesce lo sfondamento delle linee difensive ucraine nel settore centro-orientale, poi troveranno spazi aperti.  Secondo il comandante delle Forze armate lituane Valdemaras Rupšys, i russi hanno fretta di scatenare l’offensiva prima che le nuove forniture NATO, carri armati in particolare, arrivino al fronte. Ed ecco quindi confermata una ragione per cui tali forniture andrebbero fermate sul nascere, proprio sulle frontiere occidentali dell’Ucraina. E intanto ancora soldi all’Ucraina, ancora armi e sempre più potenti, e ancora più impegno nell’includere Kiev nell’Unione Europea, in prospettiva di un futuro ingresso nella NATO. Questa è la strada che i vertici euroatlantici stanno battendo senza alcuna considerazione per l’opinione scettica o apertamente negativa delle rispettive opinioni pubbliche. E soprattutto senza soppesare bene quale possa essere la reazione russa che stanno fomentando senza ritegno.

Martin King
Martin King

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